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Alcaraz come Calimero: torna a splendere all’improvviso. E sfida il Re (alle 21 contro Nole)

Il recupero di Carlos dopo l’appannamento post-New York è una bella notizia per il tennis, una minaccia per i prossimi avversari del Super8 al Pala Alpitour

di | 18 novembre 2023

Un recupero in allungo di diritto di Carlos Alcaraz (foto Sposito/FITP)

Un recupero in allungo di diritto di Carlos Alcaraz (foto Sposito/FITP)

Novak Djokovic doveva esserci per forza, nelle semifinali, da abbonato e pluri-vincitore al Masters - pardòn, ATP Finals -, e c’é, anche se ripreso per i capelli dopo i guasti del ritiro di Tsitsipas. Daniil Medvedev, da ex campione del Super8 e specialista dei campo veloci, non poteva mancare. Jannik Sinner si è ampiamente meritato i primi 4 in virtù di una fantastica stagione e del perentorio sprint dell’ultimo mese e mezzo, con le vittorie a gogo contro i top ten con le quali ha colmato il gap che accusava ancora a dicembre. Invece, Carlos Alcaraz, anche se è il numero 2 del mondo e ha vinto il secondo Slam, dopo gli US Open 2022, fermandosi in semifinale negli altri due Majors che ha giocato, conquistando altri 5 titoli sul circuito, e la qualificazione a Torino se l’era guadagnata con largo anticipo, dal trionfo di Wimbledon, non aveva più brillato. Anzi, s’era fermato per la fascite plantare ed altri guai, in confusione tecno-tattica e motivazionale, pieno di dubbi. E quando si è presentato al via della passerella di fine stagione coi primi 8 del mondo aveva il serbatoio della fiducia a zero.

GRAZIE, TORO SCATENATO
A peggiorare le cose ci si è messo il ko d’acchito all’Alpitour contro Zverev, che pure aveva battuto due volte quest’anno. Arrabbiato con se stesso per il netto calo di tenuta dopo il primo tie-break e costretto a giocare “su una superficie velocissima, la più veloce e unica del Tour”, riusciva a malapena ad apprezzare il bello della vita: le coccole degli organizzatori, gli scherzi coi colleghi e l’accoglienza in campo, fra luci psichedeliche e il bambinetto cha prende mano ai protagonisti e li accompagna in panchina, trasmettendogli la felicità sua e di tutta una città.

“E’ incredibile, onestamente il migliore che abbia mai fatto, è stata l’esperienza più incredibile in questo mio primo Masters anche se ho perso. Peccato, avrei voluto arrivarci in condizioni migliori e con sensazioni diverse”.

Dopo la botta contro il tedesco mezzo russo (i genitori), Carlos deve però ringraziare il più anti bellico di tutti gli atleti russi, Andrey Rublev, che, dopo una stagione a controllarsi facendo uno sforzo sovrumano, è imploso, e ha dato in escandescenze, regalando il primo set e l’inizio del secondo. Così lo spagnolo dalle troppe opzioni, vincendo addirittura in due set, s‘è rinfrancato ed ha preso anche incredibilmente coraggio all’improvviso. 

Carlos Alcaraz esulta (foto Sposito/FITP)

PSICOLOGIA
“Ne ho parlato a lungo con Carlos (coach Ferrero) che mi ha stimolato a dare tutto quanto ho ancora in corpo perché queste sono le ultime partite della stagione, contro i più forti, che possono lasciarmi buone sensazione per cominciare bene l’anno che viene”, ha raccontato. Così, invece di controllarsi, di pensare troppo, di architettare e fare strategie, ha lasciato andare il famoso braccio delle mille soluzioni: “Ho deciso di mettere in mostra il mio gioco, senza pensare a vincere o perdere, e far vedere quel che valgo. Dovevo riacquistare la fiducia dopo un periodo non brillante e ci sono riuscito battendo un giocatore davvero forte come Andrey. Sono felice di aver verificato che il mio gioco è ancora lì e di essermi dato ancora una chance nel torneo. Il segreto è stato di essere un po’ più aggressivo di lui, non è facile, ma ci sono riuscito”.

SCATTO
Il tennis è particolare, la vittoria è una medicina miracolosa, i giocatori sono personaggi unici. Dopo il primo ko, Carlos aveva le orecchie basse ed aveva parlato di stanchezza soprattutto mentale, dopo Rublev era già un altro: “Nella mia testa è cambiato tutto, cercherà di dare il massimo e di battere Medvedev. Altro che vacanze, questo è il momento di pensare a qualificarmi alle semifinali. Con un bell’allenamento e una buona preparazione ho avuto le mie difficoltà, ma ho fatto i miei aggiustamenti per un campo così veloce”. Addio pensieri negativi: “Il tour asiatico non è andato bene, peccato finire l’anno così, ma sto cercando di non pensarci. Non voglio avere in testa le ultime sconfitte, penso positivo”. Così trova motivo di sorridere anche per il tour americano: “E’ stato molto buono anche se non ho vinto tornei, ho fatto quarti e a Cincinnati nella finale con Novak ho fatto un buon lavoro. E poi ci sono state anche le semifinali in un altro Slam, agli US Open. Molti pensano che sia così, ma io non devo necessariamente vincere tutti i tornei”.

Carlos Alcaraz (foto Sposito FITP)

CARICA
Era lo spirito giusto per affrontare Medvedev col quale aveva perso nelle semifinali degli US Open. E batterlo, prendendo lo slancio dall’1-2 15-40 per esaltarsi con la palla corta e a rete, in quelle discese - forse troppo insistite: controindicazioni della gioventù - che a New York gli erano costate il match mentre a Torino gli danno il primo, fondamentale, set. Perché poi Daniil ha messo un po’ i remi in barca. E, dopo un sanguinoso doppio fallo ha ceduto il match e anche il primato nel girone. Fors’anche per evitare un nuovo scontro con Djokovic. Che invece Carlos affronta ben volentieri. A parte il crollo da troppa tensione al Roland Garros, ci ha sempre fatto match pari, ed è 2-2 nei testa a testa.

Eppoi non ha nulla da perdere: il suo torneo, arrivando in semifinale su una superficie così veloce, peraltro alla prima partecipazione al Super8,  l’ha già vinto. “Vincere le Finals, Certo che mi piacerebbe, prima devo dare il massimo in semifinale per battere il tennista che ha vinto di più al mondo, Il campione che merita di chiudere l’anno per l’ottava volta al numero 1, che stimo tantissimo e d cui imparo sempre. Rispetto alla semifinale di Parigi sono più forte mentalmente. Gestisco meglio la pressione. E, per affrontarlo, devi essere solido su ogni punto. Per me è un test nel test poterlo affrontare per misurarmi, per esprimermi ad un livello superiore. Anche se lui ha una enorme esperienza anche al Masters”. 

EUREKA
Novak il cannibale punta al settimo sigillo, anche quello, record alle ATP Finals, e sicuramente punta a mettere quest’altro sigillo per deludere un po’ i lenocini che l’inseguono affamati di successi e di gloria, anche per poter marciare più carico e sicuro verso le Finals di Davis della prossima settimana a Malaga. Per il tennis va benone così: ha recuperato Alcaraz dalle mille possibilità che qualche volta s’intestardisce e vuole vincere solo in un modo, ma che può segnare il tennis insieme a Sinner, Rune, Shelton, Fils e chissà, magari, qualche altro italiano. Alcaraz che vestito di giallo canarino, prima difeso e poi all’improvviso quasi spavaldo con quel dritto e quelle smorzate che spesso non trovano risposte, sembra il pulcino dei Carosello che furono: “Tu non sei nero, Calimero, sei solo sporco”. E tolta quel po’ di fuliggine della pressione e della delusione di New York è tornato a splendere.


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