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A tu per tu con il coach 43enne di Sonego, che da aprile lavora con il giocatore piemontese, oggi n.53 Atp: “Sonny mi ha chiesto espressamente di esplorare cose nuove. E quello di Santopadre sarà un contributo importante”
09 dicembre 2024
Lo abbiamo raggiunto all’aeroporto di Torino, dove il team di Lorenzo Sonego è in partenza per Maiorca, destinazione Rafa Nadal Academy: Fabio Colangelo, coach 43enne che da aprile segue il piemontese dopo un periodo particolarmente travagliato della sua carriera, è l'uomo chiamato ad aggiungere ulteriori successi alla carriera di 'Sonny'. Quattro titoli Challenger in doppio, già direttore tecnico del Circolo della Stampa Sporting, il coach milanese ci ha raccontato delle novità alla vigilia di una stagione fondamentale per il 29enne azzurro.
Come mai avete scelto la Spagna?
“Tutti i giocatori hanno necessità di fare una parte della preparazione invernale all’aperto. Ovviamente non si possono preparare i tornei dell'Australia su campi indoor e con una temperatura di 2 gradi. Siamo stati contattati da loro e visto che ci saranno tanti giocatori presenti, ci è sembrata una buona scelta”.
Cosa prevede il programma?
“Resteremo in Spagna 10 giorni, poi torneremo una settimana a Torino per Natale e già il 26 dicembre partiremo, insieme anche al preparatore Davide Cassinello, per Hong Kong, dove Lorenzo giocherà l’Atp 250. Poi in Nuova Zelanda, ad Auckland, e infine a Melbourne”.
Sappiamo quanto è preziosa per voi coach la pausa della off-season perché potete lavorare senza l’assillo del torneo.
“Avere a disposizione queste quattro settimane - perché noi abbiamo cominciato a lavorare a fine novembre - è fondamentale. Quando abbiamo cominciato a lavorare insieme ad aprile, ‘Sonny’ mi ha chiesto espressamente di esplorare cose nuove. Avendo avuto sempre la stessa guida per tutta la sua vita da giocatore, voleva cambiare direzione, ma per introdurre queste novità c’era bisogno di tempo. Un tempo che durante l’anno, visto il calendario fitto di tornei, non è mai abbastanza. Poter lavorare con continuità senza l’assillo della partita è un’altra cosa”.
Su cosa state concentrando questo lavoro?
“Una maggiore predisposizione verso la rete. Lorenzo deve essere più aggressivo. Per il fisico che ha, per come gioca i colpi di inizio gioco, vista anche la sua mano e la sua rapidità, è fondamentale che lui riesca a sviluppare in chiave offensiva il suo tennis. Questo è il tema principale sul quale stiamo lavorando e la cosa è condivisa anche dall’opinione di Umberto Rianna - che è già stato con noi un paio di giorni a Torino - e Vincenzo Santopadre, con il quale da qualche settimana è cominciata una collaborazione”.
Quindi un lavoro principalmente tattico, visto anche che tecnicamente lavorare su un professionista di 29 anni, che è stato n.21 al mondo, è forse meno rilevante?
“Certo, capire come e quando farlo è fondamentale ed è chiaro che poi l’aspetto tecnico deve aiutare a farlo nel modo più efficace. Non sono mai favorevole, avendolo anche provato sulla mia pelle, a cambiamenti tecnici esagerati su atleti già formati. Lorenzo poi è un professionista evoluto che ha già raggiunto risultati importanti. Non ci si deve inventare nulla”.
Per quanto riguarda i punti deboli?
“Non è un segreto che quando gli avversari vogliono pressarlo vanno verso il rovescio, quindi stiamo lavorando anche su questo fondamentale per dargli più sicurezza, anche qui facendo delle cose nuove e un po’ diverse rispetto al passato”.
La novità è che dal 2025 l'ex coach di Matteo Berrettini si aggiunge alla vostra squadra. Con quali finalità è stata fatta questa scelta e quanto starà con voi il coach romano?
“La premessa è che Lorenzo ha sempre avuto grande stima di Vincenzo. Già l’anno scorso, quando Santopadre si era lasciato con Berrettini, aveva questa idea di lavorare con lui. Idea che, per vari motivi, non è andata a buon fine. Possibilità che invece si è concretizzata quest’anno e con termini molto chiari. Vincenzo rimane il coach di Luca Van Assche a tempo pieno, con però una disponibilità, quando avremo bisogno, di poterci ritagliare dei momenti per andare a Roma per una collaborazione. Non ci saranno settimane durante i tornei, nemmeno nei momenti condivisi, ma sicuramente ci sentiremo spesso al telefono per una consulenza. E mi piace anche sottolineare la disponibilità del francese nell’accettare questa situazione visto che, di fatto, Lorenzo è un suo rivale. E nelle poche trasferte in cui non riuscirò ad affiancare Lorenzo, con lui ci sarà Davide Galoppini”.
Il rapporto con Lorenzo quando e come è cominciato?
“Non avevo il minimo sentore che gli balenasse nella testa l’idea di cambiare guida. Si era tenuto tutto per sé. Qundo me lo ha comunicato, ho dato immediatamente le dimissioni dal ruolo che ricoprivo come direttore tecnico dello Stampa Sporting di Torino. Ovviamente, essendo Sonego una grande risorsa per il circolo, hanno capito le mie ragioni e sono stati felici di questa sua scelta”.
C’è stato un po’ di imbarazzo nel prendere il posto di Gipo Arbino, coach che lavorava con Sonego da quando aveva 11 anni?
“No, anche perché è stata una volontà precisa di Lorenzo, che aveva comunque già deciso di cambiare guida”.
Che bilancio avete fatto con Lorenzo del 2024?
“Per lui è stata una stagione complicatissima. Non era iniziata bene e a fine marzo ha preso questa decisione molto difficile. E il trauma di aver interrotto un rapporto di lunga data lo ha certamente un po’ condizionato. Pian piano ha visto sfuggirgli di mano un obiettivo importante come l’Olimpiade, con anche la prospettiva interessante di giocare il doppio con Sinner. Quindi la prima metà della stagione è stata molto negativa. Dall’erba in poi è andata decisamente meglio”.
A fine agosto Sonego ha conquistato il 250 di Winston-Salem, suo quarto titolo Atp in singolare, diventando il secondo tennista italiano dopo Jannik Sinner ad aver vinto almeno un torneo su 4 diverse superfici. Ed è stato anche il suo primo successo da coach. Che emozione ha provato?
“Bellissima, anche perché in quel torneo ho visto Sonny mettere in atto in maniera efficace alcune cose che avevamo provato in allenamento. Ha giocato una settimana molto buona, ma la mia gioia più grande è stata vedere la sua espressione quando ha vinto: lo sguardo di una persona sollevata. Invece mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa in più nella trasferta cinese”.
Se le chiedessi la qualità migliore di Sonego?
“Intanto la solarità: è sempre propositivo, sorridente, allegro. È un lato fantastico del suo carattere. In campo, è un giocatore molto curioso e che ha la grande qualità di fare con facilità le cose che gli vengono chieste. E non è una cosa così scontata tra giocatori così evoluti”.
Essere amico e coach è un limite o la cosa aggiunge valore al rapporto?
“Dipende dall’intelligenza delle persone coinvolte. Già quando allenavo Brizzi e Crugnola ho avuto la fortuna di trovare persone che sapevano scindere i due aspetti del ruolo. Con Lorenzo ho un rapporto stupendo e anche lui è molto bravo a scindere il momento in cui si ride e si scherza dalla serietà necessaria quando si lavora”.
E la qualità più importante che deve avere un coach?
“Saper ascoltare”.
Lei è arrivato nel 2008 al n.154 del ranking Atp di doppio. Qualche rimpianto per aver smesso troppo presto?
“Con il senno di poi posso dire che avrei dovuto dedicarmi solo al doppio per qualche anno, visto che ho lasciato che avevo appena 28 anni. Ma per il resto sono sereno. Ho sempre e solo dato priorità al singolare e questa scelta non ha pagato”.
Se oggi è un coach Atp lo deve a Leonardo Caperchi, corretto?
“Sì. Era il 2006 ed ero in piena attività come giocatore. Ho condiviso con lui una trasferta sudamericana durata due mesi, e vedendolo lavorare con Fabio Fognini e Gianluca Naso ho capito che mi sarebbe piaciuto moltissimo allenare. Anche lui ha notato questa mia propensione e qualche tempo dopo mi ha chiesto di seguire Naso”.
La svolta per diventare coach quando è arrivata?
“Quando ho smesso ho fatto il maestro al Quanta Club di Milano per un anno, ed è stata un’esperienza molto formativa. Poi, dopo l’esperienza con Brizzi e Crugnola, nel 2021 ho seguito Federico Gaio. Ultimamente, oltre all’impegno con lo Sporting Club di Torino, facevo molte telecronache. Poi, già dal torneo di Stoccolma nel 2023, ho cominciato a seguire in qualche trasferta Sonego”.
Lorenzo Sonego in azione (foto Getty Images)
Adesso che ha dovuto un po’ mettere da parte il microfono, le dispiace?
“È un lavoro bellissimo e mi aiuta molto anche quando vado in campo perché, per raccontare bene un match a chi sta a casa, servono una preparazione e un’attenzione che chiaramente quando guardi una partita dal divano non si hanno. Compatibilmente con gli impegni di Lorenzo, quando potrò mi si sentirà ancora in televisione”.
Ci sono coach che hanno inciso sulla sua formazione e ce n’è uno a cui si ispira?
“Da ogni allenatore che ho avuto, ho cercato di imparare qualcosa. Ho notato sia i pregi che i difetti così da non ripeterli in futuro. Difficile avere dei modelli perché ogni giocatore è diverso. Il coach di tennis non è come l’allenatore di calcio che ha un suo modulo preferito e poi cerca gli atleti che più si adattano. Per esempio, una sera ero a cena con Vagnozzi e gli facevo notare la straordinarietà del suo lavoro con Cecchinato e anche quello con Travaglia. E lui giustamente mi ha detto: ‘Sono giocatori diversi, con obiettivi diversi’. La verità è che Simone è stato un fenomeno a tirar fuori il meglio da ognuno di loro. In questo senso mi piacerebbe seguire le sue orme e riuscire a tirar fuori il massimo dai giocatori che allenerò”.
Tornando a Sonego, quali obiettivi vi siete dati per il 2025?
“Non c’è un numero. Nel momento in cui Lorenzo riuscirà a fare meglio e con continuità le cose che stiamo provando, siamo convinti che la classifica andrà di conseguenza e sia destinata a migliorare. Ha vinto un titolo Atp su ogni superficie, ha battuto il n.1 del mondo (allora era Novak Djokovic, ndr), ha vinto la Coppa Davis e giocato una semifinale a Roma. Quello che gli manca è fare un bel risultato in un torneo del Grande Slam”.