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Così particolare, così pericoloso: Mannarino, campione in erba a 35 anni…

Il mancino francese si esalta sull’erba: dopo il titolo a Rosmalen e la finale pre-Wimbledon persa a Maiorca, è arrivato sotto il traguardo anche a Newport

di | 23 luglio 2023

Adrian Mannarino colpisce di rovescio (foto ATP Newport website)

Campione in erba, a 35 anni. Le due definizioni non sono in contraddizione, sono la realtà, e comunque sono in tema col personaggio di difficile definizione come Adrian Mannarino, il talento mancino di Francia, oggi 38 del mondo, al massimo 22 nel 2019, ma famoso come mina vagante del circuito ATP. Che, proprio sul verde, sta cogliendo alcune significative affermazioni come la finale di Newport che bissa quella pre-Wimbledon di Maiorca.

AD HOC
Il francese, che gioca tutto curvo e sembra anche meno alto del suo 1.80, ha baricentro basso e movimenti di braccia brevi, caratteristiche ideali per l’erba dove devi continuamente aggiustare in corsa i colpi per adattarti ai rimbalzi irregolari, bassi, ribelli e velocissimi. Così, quest’anno, dopo essere stato costretto a qualche puntata in serie B, sul circuito Challenger, con  pessime prestazioni sulla terra rossa, appena ha messo piede sull’erba, a Den Bosch, ha fatto lo sgambetto a Medvedev e poi ha perso al terzo set nei quarti con lo specialista Thompson, ugualmente al Quenn’s, ha eliminato Fritz e poi s’è arreso di misura a de Minaur nei quarti e, Maiorca - nel torneo a casa di Rafa -, ha ceduto netto ad Eubanks, futura rivelazione di Wimbledon, ma solo in finale. Quindi, dopo il secondo turno ai Championships (sconfitto da Medvedev), una volta a Newport, ha superato Thompson e, nel derby dei battitori di Francia, il più giovane Humbert, per poi sfidare baby-Alex Michelsen in in confronto generazionale pieno di pepe, cioé di esperienza. 

Un recupero di rovescio di Adrian Mannarino (foto Getty Images)

FATTO PERSONALE
Gli avversari non adorano Mannarino, in primis per il suo stile di gioco non ortodosso, coriaceo, imprevedibile, da incontrista capace di addormemtare lo scambio e poi di trovare angoli insoliti ed insidiosi e di contrattaccare all’improvviso con micidiali cambi di ritmo. Il francese ha una forte personalità e quindi una notoria tenacia difensiva negli scambi da fondo ma soprattutto possiede la capacità di recuperare situazioni compromesse al limite del definitivo, pur senza possedere colpi particolarmente definitivi. A fronte di un’attitudine non simpaticissima (eufemismo).

Paga molto a livello fisico, infatti negli Slam non ha grandi risultati, a parte qualche ottavo di finale a Melbourne e Wimbledon, con un eclatante 0-19 nella tabella dei testa a testa coi top 10. Contro alcuni avversari però si esalta, per esempio, con Jordan Thompson, col quale a Newport ha fatto anche coppia in doppio ma ha intrapreso una feroce ed equilibratissima battaglia in singolare, guadagnandosi la semifinale numero 22 della carriera. Con l’australiano - irriconoscibile dopo essersi tagliato i suoi baffoni - , Mannarino ha vinto 5 volte su 7, ma soprattutto si è aggiudicato uno dei due titoli della carriera, a Rosmalen 2019. L’altro è stato l’anno scorso sul cemento di Winston Salem.

GIALLO US OPEN
Mannarino è rimasto famoso anche per uno dei tanti episodi misteriosi in epoca Covid. Nell’immediata vigilia del match contro Sasha Zverev, agli Us Open 2020, rimase confinato in hotel perché secondo le autorità locali sarebbe stato in contatto con il connazionale Paire, che era stato diagnosticato positivo, e quindi a sua volta non avrebbe potuto lasciare la sua stanza.

Finché dopo una lunga e laboriosa trattativa fra gli organizzatori del torneo e i responsabili sanitari, mentre tutti si interrogavano del perché del rinvio, quando Zverev era presente in tribuna, sia pur con la mascherina di protezione, si arrivò al nulla osta per il match che cominciò solo alle 23. Che Adrian perse.

Adrian Mannarino (foto Getty Images)


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