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Draper, l’ultimo mancino: l'erede di chi ha qualcosa in più…

Il successo di Stoccarda lancia il giovane talento inglese dopo tanti infortuni e tanti dubbi. Nel solco di una tradizione che si perpetua fin da Rod Laver

di | 17 giugno 2024

Jack Draper esulta

Jack Draper esulta

Come Rafa, anche Jack Draper, l’ottavo nuovo re stagionale dell’ATP Tour, è mancino solo nel tennis. Ma possiede il fascino dei non destri di questo sport affascinante che aggiungono quel pizzico di varietà e di fantasia, diversità nella diversità, in una disciplina già diversa che sfugge a regole precise. E si esalta negli sgambetti del caso, nei dispetti del destino, come nel famoso “Match-point” di Woody Allen, con la palla decisiva che ballonzola sul net o accarezza un millimetro di riga. 

IMPREVISTI
Come Rafa, anche il neo numero 1 del tennis brit, può diventare ingiocabile, perché imprevedibile, architetto di forme e di diagonali inesplorate, genio di soluzioni impreviste. Così, al servizio a volte potente e a volte carico d’effetti, aggiunge tocchi a metà campo con un timing tutto suo e volée definitive, scardinando nella finale di Stoccarda la cassaforte del gioco solido ma regolare di Matteo Berrettini.

Così, cancella un’adolescenza all’inseguimento dei centimetri d’altezza che latitavano e poi polemiche a gogo. Per la pubblicità di mamma Nicky, tennista come tutti in famiglia, che giurava: “Ha preso la racchetta in mano già ad ad un anno e mostrava una incredibile coordinazione occhio-mano”. Per i presunti favoritismi (wild card) che gli garantiva papà, boss della Federtennis brit. Per le promesse non mantenute a Wimbledon dei grandi dopo la finale degli juniores 2018, battendo Musetti nei quarti. 

Quindi per i tanti infortuni (anca, schiena, spalla, polso, addominali, caviglia), conditi da stop, dubbi - suoi e dell’ambiente - e ripartenze. Pause di riflessione nelle quali Jack ha inserito l’hobby della passerella, da modello, col vantaggio dell’esplosione precoce e quindi del tempo che giocava a suo favore.

Così da rilanciarlo adesso, a 22 anni, da numero 31 del mondo, dal gioco anomalo, a cominciare dal rovescio - a due mani, rafforzato da quella dominante, la destra - più solido del dritto

Jack Draper in azione

EREDITA’ MURRAY
Non è facile uscire dall’ombra di sir Andy Murray. Superando a Stoccarda il tabù-successi ATP Tour, Draper è diventato il primo brit 21 anni dopo il mitico erede di Fred Perry ad aggiudicarsi un torneo sull’erba. E’ anche il primo che parla diretto ai media di casa: “C’è una bella differenza fra l’idea che ti fai da junior del mondo professionistico e quello che poi ti trovi a vivere”. Di certo non è tutto oro quello che luccica: le mille comodità e le tribune piene di spettatori sono la vetrina dei tornei più grandi, ma ci sono anche le partite senza pubblico, su campi spelacchiati, con trasferte inenarrabili e desideri inappagabili.

E ci sono le difficoltà, come i 12 ritiri a match in corso, dal 2018 all’anno scorso, con due voci contrapposte dentro che ti dicono: “Non mi ritiro anche se devo battere da sotto”. E al contrario: “Attento, che poi ti rompi di brutto e ti devi fermare per chissà quanto”. Con quel problema cronico all’anca che gli ha fatto anche pensare di abbandonare lo sport e buttarsi sui libri, ma poi l’ha tenuto legato alla racchetta per quella passione intima, smoderata, struggente, spesso inspiegabile, che o hai o non hai per il tennis, e che ti rende schiavo e succube o magari campione.  

Jack Draper al servizio (foto Boss Open web site)

LAMPI MANCINI
Ci auguriamo tutti che il sacrificio di Berrettini sulla soglia del terzo urrà a Stoccarda lanci un nuovo protagonista nell’Olimpo del tennis. Un nuovo mancino, dopo i tanti campioni, unici ed irripetibili, che hanno illuminato la scena. A cominciare da Rod Laver, l’unico che abbia chiuso due volte in Grande Slam, "Rocket" che bruciava gli spazi e trasformava qualsiasi situazione anche delicata in un buon attacco. Per continuare con John McEnroe, "SuperMac", per molti il numero 1 per sempre, l’idolo massimo di un tennis offensivo, creativo, elettrizzante. Vogliamo parlare di Jimmy Connors? "Jimbo" che si buttava a rete come un pirata, con quel dritto che sembrava debolissimo ma debolissimo non era? E il poeta Guillermo Vilas non era anche lui unico e ingovernabile con quel dritto a uncino che catapultava palle avvelenate di là del net? Quanto ci affascinava quel fenomeno di Henry Leconte, capace di farsi subissare di fischi da tutta Parigi per l’orribile finale del Roland Garros 1988 come anche di  rialzarsi dal letto d’ospedale per vincere una Davis? E il piccoletto terribile Marcelo Rios: come avrebbe potuto opporsi al tennis di potenza che stava montando senza quel suo tocco mancino ed alternativo?

Oggi vale anche per l’imprevedibile Mannarino, per l’elegante Humbert, per il delizioso Shapovalov, per "Bum Bum" Shelton, per Monteiro che ha sorpreso Roma, per il nostro Zeppieri che a tratti fa sognare, e quindi per questo Draper. Che sarà pure destro nella vita, ma quando gioca a tennis fa sognare, da mancino. Delle donne, della inarrivabile Martina Navratilova e della sfortuna Monica Seles è anche inutile parlare: hanno dato lustro all’intero sport. Come Petra Kvitova che, proprio perché mancina, ha firmato il bis a Wimbledon: “Non tutti amano giocare contro di noi perché è necessario un ragionamento extra, anch’io faccio fatica: di solito cerchi il rovescio della tua avversaria, invece il colpo va a finire sul dritto”. E lì cominciano i guai.


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