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Il tennis torna in Russia, ma è solo un'esibizione (con polemiche)

C'è un'eccezione al digiuno di tennis in Russia: da tre stagioni a questa parte va in scena tra fine novembre e inizio dicembre un'esibizione di tre giorni in stile Laver Cup, sul campo in sintetico allestito presso la stessa Ksk Arena che ospitava in precedenza l'Atp e il Wta di San Pietroburgo (foto dal sito del torneo: formulatx.com)

03 dicembre 2024

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C'è un solo momento, nel corso dell'anno, in cui il tennis internazionale torna a far tappa in Russia. Il più grande Paese del mondo è stato escluso a tempo indeterminato dalle competizioni ufficiali, il che significa da ogni tipo di torneo, dal più piccolo al più grande. Con le tappe Atp e Wta di Mosca e San Pietroburgo che sono ormai un ricordo lontano, considerato che le ultime edizioni risalgono al 2021, prima dell'inizio di quella guerra in Ucraina che ancora continua a mietere vittime. C'è tuttavia un'eccezione, a questo digiuno, che da tre stagioni a questa parte va in scena tra fine novembre e inizio dicembre: si tratta di un'esibizione di tre giorni in stile Laver Cup, sul campo in sintetico allestito presso la stessa Ksk Arena che ospitava in precedenza l'Atp e il Wta di San Pietroburgo, a due passi dallo stadio di calcio della città.

Si potrebbe pensare a un torneo totalmente russo, o almeno con giocatori provenienti al massimo dalle ex repubbliche sovietiche ancora collegate in qualche modo a Mosca. Invece il 'North Palmyra Trophy' (nome e contorno al limite del kitsch) ha attratto anche nomi di un certo peso provenienti da altri Paesi. Cosa che, ovviamente, ha alimentato diverse polemiche trasversali in merito all'opportunità di competere in un territorio bannato dal circuito. Parliamo, per esempio, dello spagnolo Roberto Bautista Agut, protagonista 'fantasma' dell'ultima Davis a beneficio dell'ultima apparizione di Rafa Nadal.

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O ancora dell'australiano Thanasi Kokkinakis, del serbo Dusan Lajovic, dell'altro iberico Pedro Martinez (parte della squadra di A1 di Santa Margherita Ligure, appena sconfitta nella semifinale del massimo campionato) e della bulgara Tomova. O, per finire, di quel giocoliere fenomenale che risponde al nome di Mansour Bahrami, franco-iraniano con il tennis nel sangue. Oltre a loro, come di consueto, una bella manciata di russi (o russofoni) di alto livello, di oggi e di ieri: Karen Khachanov, Alexander Bublik, Diana Shnaider, Yulia Putintseva, Anastasia Potapova, Nikolay Davydenko, Anastasia Myskina, Elena Vesnina. Con Mikhail Youzhny – amatissimo in patria – a fare da capitano-osservatore.

C'è stato intrattenimento (per un pubblico da grandi occasioni, l'arena era sold out), soprattutto nell'esibizione di apertura con Bahrami, Davydenko, Vesnina e Myskina, ma c'è stata pure una certa competizione, con due squadre miste a contendersi il trofeo. È andata che hanno vinto i 'Lions' (con Potapova, Khachanov, Tomova, Lajovic e Bautista Agut) sugli 'Sphinxes' (Bublik, Putintseva, Shnaider, Kokkinakis e Martinez) per 116 a 111, risultato maturato dalla somma di undici incontri, otto di singolare e tre di doppio. Una conferma per il team che già si era imposto lo scorso anno. Un evento di cui resterà poco, ma che ha proposto qualche sfida di buon livello: su tutte, Bautista Agut contro Bublik (11-10 per l'iberico), Khachanov contro Kokkinakis (12-9 per il russo) e il doppio con gli stessi protagonisti (12-9 per l'australiano e il kazako).

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Complessivamente, niente di indimenticabile. Se non la conferma che questo tipo di esibizioni, in periodi dell'anno meno intensi, continuano ad attirare interesse. Forse più nei giocatori che nel pubblico, ma questo è un altro discorso. Bisognerebbe invece capire quanto incidano, eventi del genere, nel formare il calendario di atleti già abbastanza spremuti da una stagione ormai sempre più compressa.

È vero che nessuno di coloro che sono andati a San Pietroburgo è tra i primi dieci al mondo e nessuno – fatta eccezione per Kokkinakis – aveva dovuto affrontare gli impegni delle Finals di Davis e di Torino. Ma la domanda rimane: c'è il rischio, in un futuro nemmeno così lontano, che esibizioni molto ben pagate (dietro a quella russa c'era il colosso energetico Gazprom) vadano a creare qualche problema ulteriore nella programmazione dei circuiti maggiori?

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