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Federico Arnaboldi, un avvenire da costruire: "Obiettivo top 100"

Il canturino, allenato dal cugino Andrea, ha vissuto nel 2024 la stagione della svolta, arrivando a un passo dalle qualificazioni negli Slam. "Ma gli ultimi mesi - dice - non sono andati come volevo. Adesso è tempo di spingere, per arrivare ai miei obiettivi"

03 novembre 2024

Federico Arnaboldi in azione (foto Modena Challenger)

Federico Arnaboldi in azione (foto Modena Challenger)

Classe 2000, da ragazzino Federico Arnaboldi è salito agli onori della cronaca quando ha vinto il celebre torneo internazionale under 16 dell'Avvenire, sui campi dove era allora tesserato, il Tennis Club Ambrosiano di Milano. Un passo importante in un torneo che, nella storia, ha lanciato campioni del calibro di Ivan Lendl e Martina Hingis. Oggi, Federico è chiamato a fare l’ultimo passo, quello probabilmente più complicato, per guadagnarsi quel posto che pare alla sua portata, tra i migliori cento del circuito Atp.

Federico, quello che sta per concludersi è stato un anno importante per lei.

“Vero, però gli ultimi mesi non sono stati positivi come l’estate, periodo in cui ho fatto un balzo in avanti notevole. Sto facendo fatica soprattutto dal punto di vista mentale perché, dopo i buoni risultati, probabilmente mi sono un po’ accontentato ed ora sto pagando le conseguenze di questo atteggiamento sbagliato. Gli ultimi tornei non sono andati bene e quindi mi sono preso un paio di settimane di pausa per allenarmi e ricaricare un po’ le batterie, per ripartire più forte di prima”.

A luglio ha vinto il Challenger 100 di Verona interrompendo un digiuno che durava dal 2022, quando vinse un M25 a Padova. È stato il torneo che ha cambiato le sue prospettive?

“Un successo che è arrivato del tutto inaspettato perché, ad inizio anno, non avrei mai pensato di poter vincere un Challenger. Ma, da maggio in poi, sentivo che il mio livello stava salendo. Riuscivo sempre a qualificarmi nei tabelloni principali. Un paio di settimane prima mi ero spinto fino alla finale del Modena Challenger 75. A Verona è stata un’emozione splendida, anche perché partire dalle qualificazioni e alzare il trofeo non è cosa da tutti i giorni. Mi sono accorto che in campo stavo proprio bene con me stesso, una cosa che negli ultimi anni non era mai successa”.

L'esultanza di Federico Arnaboldi (foto Verona Challenger)

L'esultanza di Federico Arnaboldi (foto Verona Challenger)

Ad inizio anno era n.594, oggi è 241 del ranking Atp con una crescita costante. Cosa è cambiato per fare un salto così significativo?

“Più cose. La prima è il rapporto che ho con il mio coach, che è mio cugino Andrea. Lui ha smesso di giocare lo scorso anno e io ho sempre sognato di averlo in panchina. Ho voluto ad ogni costo realizzare questo progetto di collaborazione e questo ha influito tanto, perché lui è tra le persone che mi conoscono meglio al mondo. Il lavoro che facciamo non è solo in campo ma passiamo molto tempo insieme anche fuori, parliamo di tutto, e questo mi aiuta molto”.

Gli altri fattori di questa crescita?

“Ci ho messo tanto del mio, dando una sterzata decisa verso il professionismo. Mi sono detto: ‘Hai 24 anni: o dentro o fuori!’, l’ultima stagione non era andata per niente bene e da 600 del mondo dovevo decidere cosa fare della mia vita di atleta. Non potevo continuare ad andare avanti in quel modo. Quindi nuovo coach e nuovo mental coach, con l’ingresso nel team di Roberto Cadonati”.

Ma ad inizio 2024 subito un lungo stop. Cosa è successo?

“Ancora dolori addominali che mi tormentavano dagli anni passati”.

Federico Arnaboldi in azione (foto Peluso)

Federico Arnaboldi in azione (foto Peluso)

Suo cugino Andrea, prima di ritirarsi a fine 2023, ha pensato bene di batterla a Rovereto. Così non avrà più chance di rivincita.

“Esatto, in quell’occasione ha vinto lui. Ma ancora oggi, in allenamento, è convinto di potermi battere. E forse ci riuscirebbe, visto che il nostro è un rapporto molto stretto, come fossimo fratelli, e quindi per me, da un punto di vista emotivo, sarebbe ancora complicato affrontarlo”.

Dove vi allenate?

“A Guanzate, Como, in un circolo che si chiama Tennis Club A-Rete”.

Immagino che l’obiettivo a breve termine sia quello di giocare le qualificazioni Slam. Cosa manca per arrivare a quel livello?

“Ci sono molto vicino. In termini numerici, parliamo di circa 20 punti da conquistare da qui alla fine della stagione, per poter andare in Australia. Dal punto di vista tennistico, quello che manca è la continuità. Un calo come quello che ho avuto dopo l’estate non è giustificabile se voglio ambire a risultati importanti”.

A proposito di obiettivi: c’è anche quello di superare il best ranking di Andrea, al n.153 Atp?

“Non è importante. Quello che conta è lavorare bene. La strada è ancora lunga ma le possibilità di salire certamente ci sono”.

I cugini Federico e Andrea Arnaboldi in doppio  (foto Musatti/Colombo)

I cugini Federico e Andrea Arnaboldi in doppio (foto Musatti/Colombo)

Suo cugino detiene il record dell'incontro al meglio dei 3 set più lungo e con più game giocati nella storia del tennis, 71. Lei per quale record vorrebbe essere ricordato?

“Sinceramente non ci ho mai pensato. Però quel giorno, il 21 maggio 2015, me lo ricordo benissimo. Di Andrea, da ragazzino, ho visto ogni partita, lo seguivo ovunque. In quell’occasione si qualificò per il Roland Garros e poi vinse anche il primo match al quinto set, da due set sotto, prima di perdere da Cilic”.

Qual è il colpo che sente più “suo” e quello su cui vorrebbe migliorare?

“Mi piace spingere e cercare di fare gioco, e il diritto è il colpo con cui questo mi riesce meglio. Tatticamente, devo lavorare sulle variazioni per cercare di essere meno monotono e prevedibile. E poi venire più spesso a rete per mettere in difficoltà l’avversario”.

C’è un torneo dei sogni, dove le piacerebbe fare il botto?

“Il palcoscenico dei sogni è quello di Wimbledon. Poi, da italiano, non posso che citare gli Internazionali BNL d’Italia. Ho giocato le 'prequali' a Roma e lo scorso anno anche il tabellone di doppio: l’atmosfera è fantastica”.

Insieme all’attività internazionale, lei non rinuncia alla Serie A2, dove milita con la squadra brianzola del V-Team di Villasanta. Che emozioni le dà questa manifestazione?

“Sono molto legato alle competizioni a squadre. Gioco solo la Serie A2 italiana ed è una manifestazione che mi piace molto. È il terzo anno che gioco a Monza e mi trovo alla grande, c’è un ambiente molto bello e abbiamo l’obiettivo di salire in A1. La strada è lunga ma noi continuiamo a crederci”.

Quando è nata la sua passione per il tennis e dove è cresciuto?

“È nel dna dalla mia famiglia. Prima ha iniziato a giocare il padre di Andrea con suo fratello, cioè mio papà, e di conseguenza siamo arrivati prima Andrea e poi io, che già a tre anni ero in campo al Tennis Grillo a Capiago Intimiano, vicino a Cantù, la città dove vivo”.

Federico Arnaboldi al servizio (foto Verona Challenger)

Federico Arnaboldi al servizio (foto Verona Challenger)

Il suo primo maestro?

“Giorgio Mezzanzani. Che sento tuttora tutti i giorni, perché è come se fosse uno zio per me. Sono stato con lui fino a 12 anni, quando mi sono spostato al Tc Ambrosiano di Milano e successivamente al Quanta Village”.

I grandi risultati che sta ottenendo il movimento di punta italiano stanno facendo da traino anche a giocatori come lei?

“Certo, c’è tutto un gruppo di ragazzi che sono cresciuti insieme e che ora stanno ottenendo risultati pazzeschi. Chiaramente, se ce l’hanno fatta loro, ti dici che puoi farcela anche tu. E poi c’è la fortuna di avere al nostro fianco una Federazione che ci aiuta tanto e ci sta vicino per spingerci sempre a fare meglio”.

Fuori dal tennis, dovesse raccontarsi come ragazzo?

“Sono timido e a volte faccio un po’ fatica ad aprirmi con le persone, ma sto crescendo anche su questo aspetto. Mi piace stare con gli amici. Seguo molto il calcio e ho una grande passione per l’Inter. Quando posso vado sempre allo stadio. E poi adoro il mare”.

Cosa prevede la sua programmazione nei prossimi mesi?

“Sto partendo per Helsinki dove giocherò un Challenger 125, mentre la settimana successiva giocherò un 75 a Lione per poi andare a Rovereto. Poi, se avrò raggiunto l’obiettivo, mi fermerò per preparare la prossima stagione, altrimenti giocherò ancora qualche torneo”.

Obiettivi futuri con un orizzonte temporale più ampio?

“Per prima cosa, entrare nei primi 100 del mondo. Più in là di così, meglio non pensare…”.

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