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Il tredicesimo numero 1 di fine anno nella storia dell'Atp è Andy Roddick che chiude da leader il 2003.
di Luca Marianantoni | 29 ottobre 2024
Il tredicesimo numero 1 di fine anno della storia dell'Atp è Andy Roddick, leader delle classifiche finali del 2003. A decidere le sorti della stagione, l'incredibile estate di Roddick, capace di vincere in successione Open del Canada, Cincinnati e Open degli Stati Uniti.
A pelle appariva antipatico, perfino arrogante, con quell'aria supponente tipica di chi si crede più forte ma ha inciampato nella giornata storta. Nella realtà, Andy Roddick è stato esattamente l'opposto: aveva uno spiccato sense of humor, era autoironico, incarnava l'ideale assoluto della sportività (a Roma nel 2005, auto arbitrandosi, si tolse uno dei tre match point contro Verdasco e finì per perdere la partita) ed è sempre stato con i piedi per terra, qualunque cosa gli succedesse, positiva, ma molte volte anche negativa.
Terzo di tre figli maschi, Andy era il rampollo più promettente di una famiglia numerosa e molto sportiva: amava il basket e il golf, ma fu il tennis a portarlo in cima al mondo. All'alba del nuovo millennio si presentò nel circuito con un servizio incandescente che sparava costantemente a oltre 220 km/h e un dritto esplosivo carico di effetto che andavano a formare un gioco decisamente offensivo. Nei primi 15 mesi da pro giocò esclusivamente tornei Atp negli Stati Uniti vincendo due titoli consecutivi sulla terra battuta di Atlanta e Houston, non prima di aver battuto Pete Sampras al terzo turno di Miami.
Negli Stati Uniti si sfregavano le mani perché erano certi di aver trovato l'erede naturale di Pistol Pete e del Kid di Las Vegas, entrambi avviati sul viale del tramonto. Sulla lunga distanza era ancora un po' fragile e a Flushing Meadows si arenò per due volte ai quarti, fermato da due futuri campioni: Hewitt nel 2001 e Sampras nel 2002. L'anno che lo consacrò stella fu il 2003 quando a soli 21 anni centrò l'estate perfetta: 19 partite e 19 vittorie nei due Masters 1000 nordamericani e soprattutto all'Open degli Stati Uniti. In Canada battè Federer in semifinale e Nalbandian in finale, a Cincinnati a piegarsi fu Mardy Fish in finale a Flushing Meadows prima annullò un match point a Nalbandian in semifinale e poi distrusse Ferrero in finale. Con la semifinale di Bercy diventò numero 1 del mondo e con la semifinale del Masters si assicurò la prima posizione nell'edizione di fine anno della classifica mondiale.
Resse la corona mondiale per 13 settimane, poi arrivò Federer e la sua carriera non fu più la stessa. Andy perse in cinque set in Australia da Safin nei quarti e Roger lo scavalcò dopo la semifinale vinta su Ferrero.
Ai più pare un semplice incidente di percorso, invece da quel giorno sarà lo svizzero a fargli ingoiare bocconi tremendamente amari. Contro Federer perderà la finale di Wimbledon 2004 (complice la pioggia), la finale di Wimbledon 2005 (questa volta senza attenuanti), la finale all'Open degli Stati Uniti del 2006 (irretito da Tiger Woods che tifava per lo svizzero) e infine la finale di Wimbledon 2009. Fu un match epico, la più lunga finale in termini di game, in cui Roddick mancò 4 set point consecutivi nel tie break del secondo set (era avanti 6-2, ma sbagliò una volée con il naso sopra la rete) per poi perdere 16-14 al quinto in 4 ore e 16 minuti quando steccò l'ultima palla dell'incontro che diede a Federer l'unico break in suo favore della partita.
Avrebbe meritato di vincere Wimbledon, non meno di Ivanisevic che ci riuscì ai tempi supplementari, ma ha sempre avuto ben chiaro il divario tecnico che lo separava dal maestro svizzero: "Non ho nessun rimpianto, ho dato spettacolo e sono onorato di essere stato protagonista in tre finali. Non mi sono mai paragonato a Roger. Lui è un fenomeno, io sono stato un giocatore di tennis".
Ha continuato con dignità fino al 2012, chiudendo 9 anni filati da top 10 e vincendo 32 titoli, l'ultimo ad Atlanta nel 2012 quando superò Gilles Muller; già il mancino lussemburghese che nel 2005 lo aveva estromesso al primo turno dell'Open degli Stati Uniti con tre magistrali tie break. Era così sconvolto Roddick che a fine match si mise a correre nei corridoi sotterranei dell'Arthur Ashe Stadium per stemperare la tensione e il nervosismo di una inaspettata e dolorosa sconfitta.