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Il quindicesimo numero 1 di fine anno nella storia dell'Atp è lo spagnolo Rafael Nadal. Dopo Lendl e Federer, Rafa è il terzo a riconquistare la vetta una volta perduta e lo fa addirittura per quattro stagioni record.
di Luca Marianantoni | 04 novembre 2024
A trent'anni dall'esplosione di due campioni immortali e indimenticabili come Jimmy Connors e Bjorn Borg, l'isola di Maiorca e il piccolo villaggio di Manacor fanno da culla a Rafael Nadal, la più grande macchina da guerra addestrata per combattere e vincere su di un campo da tennis. Rafa ha fuso l'agonismo e l'attitudine alla lotta di Connors, con l'indistruttibile forza interiore e resistenza mentale di Borg, unendoci l'umiltà nel volersi migliorare giorno dopo giorno, una straordinaria intelligenza tattica, la capacità di gestire al meglio punti e situazioni di gioco decisive a tal punto da considerarlo il più forte giocatore della storia del tennis.
Tutto questo destreggiandosi con estrema naturalezza in un infinito slalom in cui i paletti rispondevano ai nomi di Roger Federer e Novak Djokovic. Ci sono voluti anni e mille riprove per testimoniare che Rafa Nadal non è stato solo muscoli, forza, potenza, schemi geometrici studiati a tavolino, infiniti tic ossessivi e sudore. E' stato molto di più. Si è messo sul cammino di Roger Federer, dando vita alla più grande, lunga e completa rivalità della storia, e l'ha battuto in sfide epiche, da leggenda. Lo stesso ha fatto con Novak Djokovic, portandolo, nei suoi giorni più luminosi, allo sfinimento.
Le radici di Rafa sono il mare e una famiglia di sportivi: uno zio, Miguel Angel, stopper del Barcellona e della nazionale spagnola, l'altro, Toni, maestro di tennis. Due i bivi che ne indirizzano la carriera: al primo ci pensa da solo, scegliendo il tennis al calcio (da piccolo sognava di diventare una stella del Real Madrid), al secondo lo indirizza zio Toni che a 9 anni gli consiglia, lui che era nato destro, di abbandonare il dritto a due mani e passare alla presa mancina. Sarà la svolta della carriera. Il piccolo passava tutte le giornate sul campo da tennis senza mai sottrarsi ai duri allenamenti diretti dallo zio che lo forgiò con due fondamentali mostruosi e con un colpo, il dritto a sventaglio, che da sé ha riscritto tutta la storia del tennis.
A 14 anni era già una promessa, a 15 anni vinse il primo match ufficiale di un tabellone Atp nella sua Palma di Maiorca, a 16 debuttò a Monte Carlo battendo Albert Costa campione in carica al Roland Garros. Poteva esordire a Parigi, ma saltò per il primo infortunio (al gomito) di una lunga serie. Il debutto Slam a Wimbledon 2003 (terzo turno) e a fine anno era già tra i primi 50. Nel 2004 la sorte lo mise per la prima volta davanti a Roger Federer nel terzo turno del Masters 1000 di Miami: nessuna soggezione su chi da predestinato aveva già vinto Wimbledon e l'Open d'Australia ed era già saldamente numero 1 del mondo. Fu un 6-3 6-3 senza storia per il maiorchino, le cui rotazioni esasperate e i conseguenti rimbalzi che producevano traiettorie inaudite, obbligarono Federer a colpire, di rovescio, ben sopra la spalla e quasi sempre con colpi tagliati. Un clichè che Rafa avrebbe ripetuto all'infinito dominando la rivalità con a suon di vittorie straripanti.
Una frattura da stress al piede sinistro lo costrinse a rimandare di altri dodici mesi il debutto al Roland Garros. A fine anno fu scelto, al posto di Ferrero, per affiancare Moya nella finale di Davis, e firmò uno strepitoso punto battendo Andy Roddick che era numero 2 del mondo. Fu un assaggio del cannibale che sarebbe diventato di lì a pochi mesi. La leggenda di Rafa infatti prese avvio nella primavera del 2005, al torneo di Monte Carlo, reduce dalla sconfitta con Andreev a Valencia. Al Country Club sbaragliò tutti gli avversari battendo agli ultimi turni Gaudio, Gasquet e Coria. Un mese dopo la rivincita con Coria valeva il titolo al Foro Italico. L'argentino arrivò per 2 volte alla palla del 4-0 al quinto, ma a uscire vincitore fu Nadal che chiuse al tie break in 5 ore e 14 minuti. A Parigi il favorito era Federer, ma Rafa lo travolse in semifinale o poi andò a conquistare il primo titolo dello Slam piegando in finale Mariano Puerta.
Lo spagnolo non perse match sulla terra fino al maggio del 2007 (storici i due match point annullati a Federer nella finale di Roma del 2006, 5 ore e 6 minuti, e ancora 7-6 al quinto) e arrivò all'estate del 2008 con in bacheca già 4 titoli al Roland Garros. Negli altri Slam non raccolse molto (due finali di fila perse a Wimbledon contro Federer), ma alla terza occasione conquistò i Championships firmando contro Federer una delle più belle finali di sempre, conclusa 9-7 al quinto. Il 18 agosto, un mese dopo la vittoria di Wimbledon, era numero 1 del mondo, ponendo fine a 237 settimane di fila di dominio dello svizzero. E dopo fu campione olimpico a Pechino 2008.
Il tabù Slam sul cemento rimase stregato fino all'Open d'Australia del 2009; come un gladiatore emerse da una maratona di 5 ore e 14 minuti per domare Fernando Verdasco in semifinale in un match finito nella notte tra venerdì e sabato. Quando Rafa arrivò in sala stampa, le sue gambe si muovevano a stento. Quarantadue ore dopo distrusse in cinque set Federer in finale. Il 2010 fu il migliore anno della carriera: quarti in Australia, poi tris di successi: quinto titolo a Parigi, secondo a Wimbledon e primo a Flushing Meadows per lo Slam alla carriera. Diventa il primo e unico tennista della storia a vincere 3 Slam di fila su 3 superfici differenti.
Dopo aver dimostrato di poter vincere ovunque e contro chiunque, e dopo i primi infortuni alle ginocchia, Rafa continuò a dominare solo sulla terra battuta: nel 2014 portò i successi al Roland Garros a quota 9, e il totale negli Slam a 14. I successivi due anni furono un tormento per le sue ginocchia. Il doppio filo che lo legava a Federer tornò magicamente in tensione nel gennaio del 2017 quando i due tornarono a sfidarsi con in palio il titolo all'Open d'Australia. Rafa arrivò a condurre 3-1 al quinto, ma con uno sprint che nessuno poteva immaginare, Federer tornò in partita e vinse l'epica sfida. Lo spagnolo però era rinato, vinse Parigi per la decima volta, poi tornò numero 1 del mondo grazie al successo a New York e infine allungò la serie Slam portandola a quota 19 con altri due successi a Parigi e con l'epica vittoria all'Open degli Stati Uniti del 2019 sul sorprendente Daniil Medvedev.
Un successo che permise allo spagnolo di chiudere il 2019 al primo posto del ranking mondiale dopo 2008, 2010, 2013 e 2017. Rafa rimase al top fino al 2 febbraio pagando salata la sconfitta ai quarti dell'Open d'Australia contro Dominic Thiem. Dopo la vittoria ad Acapulco, il circuito andò in tilt per la pandemia da covid. Rafa tornò in campo a metà settembre al Foro Italico perdendo da Schwartzman nei quarti, ma quando calpestò di nuovo la sacra terra del Roland Garros, fu capace di vincere il torneo senza perdere set (quarta volta) ottenendo il 13° centro a Parigi e il 20° Slam (come Federer) asfaltando Djokovic in finale.
Il 2021 di Nadal fu tra le sue stagioni più mediocri, salvata soltanto dal decimo titolo al Foro Italico e dal dodicesimo centro a Barcellona. Negli Slam non fu in linea con la sua tradizione: quarti a Melbourne battuto da Tsitsipas dopo un vantaggio di 2 set a zero e semifinale a Parigi, superato ancora da Djokovic.
La sua carriera sembrava arrivata al capolinea, ma nel 2022 mise a segno l'ennesima rentrée, forse una delle più clamorose. Tredici anni dopo il successo su Federer nel 2009, Nadal vinse il suo secondo titolo all'Open d'Australia recuperando una finale persa contro Medvedev: il russo, avanti di due set, mancò tre palle break consecutive sul 3-2, 0-40 del terzo set, e finì stritolato dallo morsa del maiorchino, abile a vincere 7-5 al quinto dopo 5 ore e 24 minuti di battaglia.
Per la prima volta in carriera aveva uno Slam in più di Federer. E non pagò a giugno trionfò per la 14esima volta al Roland Garros, toccando quota 22 Slam. A Wimbledon fu capace di spingersi fino alla semifinali che non giocò per infortunio lasciando a Kyrgios l'onore della finale. Da allora il lento declino. Una sola partita vinta nel 2023, dodici nel 2024, l'ultima stagione della sua folgorante carriera terminata in singolare ai Giochi di Parigi e alla Laver Cup, in doppio forse alle prossime Finals di Davis di Malaga. Lì sarà l'ultima occasione.