Chiudi
Dopo Ilie Nastase e Jimmy Connors, il terzo tennista a chiudere una stagione da numero 1 del mondo è Bjorn Borg. Lo svedese è il dominatore assoluto del 1979 e 1980.
di Luca Marianantoni | 11 ottobre 2024
Dopo il rumeno Ilie Nastase e lo statunitense Jimmy Connors, il terzo giocatore a chiudere una stagione al primo posto del ranking mondiale è lo svedese Bjorn Borg, giocatore unico destinato a cambiare per sempre i connotati a questo sport.
Il più rivoluzionario e devastante giocatore della storia, nonché il più grande fenomeno mai apparso sul rettangolo di gioco, è stato Bjorn Borg. Fu lo svedese, nel cuore degli anni 70, a reinventare il tennis divenendo a soli 25 anni una leggenda così grande che nella sua epoca fu lo sportivo più famoso e riconosciuto dell'intero pianeta, vantando una fama e una popolarità pari a quella di Muhammad Alì.
Con Borg la completezza tecnica, il saper giocare e l'esecuzione stessa dei colpi passarono inevitabilmente in secondo piano, a vantaggio delle strabilianti capacità di spostamento e concentrazione. Cambiò per sempre il modo di stare in campo cercando di rimettere la palla al di là delle rete una volta in più del suo avversario, rischiando sempre il meno possibile; basò il suo gioco su un diritto con una fortissima rotazione in avanti e un rovescio bimane giocato con molto anticipo e con un movimento che iniziava tenendo i polsi girati verso il basso, e finiva con una "scucchiaiata" precisa e infallibile. Due fondamentali poco ortodossi, ma talmenti efficaci da risultare insuperabile nei passanti e micidiale alla ribattuta.
Borg era nato a Sodertalje, una piccola cittadina industriale di 100 mila abitanti, a mezz'ora di macchina a sudovest di Stoccolma. Come tutti gli svedesi, sognava di diventare il centravanti della nazionale di hockey su ghiaccio che praticò con discreto successo fino a 14 anni. Il tennis arrivò per caso quando nell'estate del 1965 papà Rune vinse un torneo di ping pong che aveva come primo premio una racchetta da tennis. Iniziò a colpire il muro del garage di casa con animo vendicativo, immaginando di giocare sfide di Davis tra Svezia e Stati Uniti. L'estate successiva conobbe Percy Rosberg, il più importante talent scout di Svezia che lo invitò ad allenarsi al Salk Club di Stoccolma. Per cinque anni, tutti i santi giorni, Bjorn compì un tragitto in treno di un'ora e mezza per giocare con Rosberg o con chi ne avesse voglia. In breve tempo divenne famoso in tutto il paese e Lennart Bergelin, che poi lo seguì per il resto della carriera, lo fece esordire in Coppa Davis a Bastad contro la Nuova Zelanda. Borg aveva solo 15 anni, ma si dimostrò pronto alla chiamata; recuperò due set e batté Onny Parun. Quel giorno iniziò la leggenda di Bjorn Borg, un atleta straordinario che vinceva le partite con freddezza glaciale, regolarità e pochissimi errori gratuiti.
In breve tempo divenne il simbolo della tenacia, dell'infallibilità da fondocampo, della precisione, ma anche l'idolo delle ragazzine di tutto il mondo, un divo dai lunghi capelli biondi, dalla residenza a Monte Carlo e da contratti milionari che lo resero uno degli sportivi più ricchi del pianeta.
Con quel gioco estenuante, di rimessa infinita e privo di errori, Borg iniziò la lunga dominazione su terra rossa che lo portò a vincere 2 volte gli Internazionali d'Italia (su due partecipazioni) e sei volte il Roland Garros (in otto partecipazioni). Chi giocava a specchio con l'Orso svedese, era destinato a soccombere in breve tempo e gli unici che provarono a tenergli testa furono Guillermo Vilas e Jimmy Connors. Appena due i giocatori d'attacco in grado di mandare fuori giri Borg: Adriano Panatta (unico a batterlo a Parigi) e John McEnroe. I successi a ripetizione al Roland Garros erano pressoché scontati; quello che nessuno al mondo avrebbe potuto immaginare, fu l'adattabilità di Borg all'erba e di conseguenza l'incredibile serie di cinque successi consecutivi a Wimbledon. Per raggiungere questo incredibile traguardo, Borg lavorò molto sul servizio mettendo peso e varietà di rotazione. Arricchì il rovescio con quel curioso colpo d'ascia dall'alto in basso con cui attaccò gli attaccanti, chiudendo volée di pura opposizione.
Lo svedese non si limitava a vincere, voleva sempre stravincere e dominare. Per tre anni di fila centrò l'accoppiata Parigi-Wimbledon (1978-1980). E la finale di Wimbledon 1980 contro la sua nemesi McEnroe è considerata da molti tra le più belle ed emozionanti partite di sempre. Borg sprecò, con il servizio, 2 match point sul 5-4 del quarto set, poi ne mancò altri 5 nel leggendario tie break che McEnroe vinse 18-16 al settimo set point. All'inizio del quinto set, Borg scivolò sotto 0-30 ("Quello fu il momento più duro della mia carriera, pensai che John avrebbe vinto il match"), ma poi tenne 19 punti di fila al servizio fino al conclusivo 8-6. Si lasciò scivolare in ginocchio sul Centre Court in quella che rimane l'istantanea più famosa nella storia del tennis. Il 1981 sembrava destinato a ricopiare le stagioni precedenti: Bjorn vinse in cinque set la finale di Parigi battendo il giovane Ivan Lendl. Ma quello fu il suo ultimo Slam conquistato: a Wimbledon perse la finale rivincita contro SuperMac ("La cosa che mi colpì fu che non ero poi così deluso. Non ero più io perché ho sempre odiato perdere") e la sua stella iniziò ad abbuiarsi.
Borg non riuscì mai a vincere l'Open degli Stati Uniti: 4 finali perse, le prime due contro Connors e le ultime due contro McEnroe. A fine 1981, quando aveva solo 25 anni, decise che era arrivata l'ora di smettere: "La mia vita era stata solo tennis, tennis e tennis. In quel momento mi resi conto che volevo una vita mia".
Non ci sono commenti