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Ricomincio da due: la passione (senza età) di Gipo Arbino

Dopo la separazione da Lorenzo Sonego, il 69enne coach piemontese ha trovato subito stimoli importanti per affrontare nuove sfide. La prima è quella di riportare in alto un veterano (ma con lo spirito di un ragazzino) come Stefano Travaglia. L’altra, aiutare nel suo percorso la 17enne Lucrezia Musetti: “Sono finalmente sereno e contento e ho stimoli importanti”

06 ottobre 2024

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Piemontese doc, Gipo Arbino è uomo onesto e sincero, oltre che coach di provata qualità. Con lui non ci sono sottintesi, quello che deve dirti te lo dice, se ti piace bene altrimenti amici come prima. Lo abbiamo incontrato nella sua Torino per farci raccontare l’incipit di un nuovo capitolo della sua decennale carriera.

Dopo 18 anni trascorsi con Lorenzo Sonego, è partita per lei una nuova sfida e tra l’altro non banale. Le va di parlarcene?

“A dire la verità era un periodo nel quale avrei voluto stare un po’ tranquillo e riassestarmi dopo quello che per me è stato un grande lutto, almeno così io ho vissuto la separazione da Lorenzo. Continuavo con la mia attività di consulente allo Sporting Club Torino, facendo quello che mi è sempre piaciuto fare, cioè guardare crescere i ragazzini e aiutarli per quelle che sono le mie possibilità. A fine luglio mi ha chiamato il manager di Travaglia, Luca Del Federico, dicendomi che Stefano aveva bisogno di una figura speciale. Era convinto che io fossi la persona giusta”.

Conosceva già Travaglia?

“Sì, abbiamo vissuto insieme un’esperienza in Coppa Davis e mi ha sempre dato l’impressione di essere un bravissimo ragazzo. Ho chiesto di poter avere un periodo di prova per capire che persona fosse, e viceversa se anche lui avesse il giusto feeling con me. Abbiamo lavorato 15 giorni insieme qui allo Sporting Torino e poi siamo partiti per giocare la Bundesliga in Germania”.

Lorenzo Sonego abbraccia Gipo Arbino

Lorenzo Sonego abbraccia Gipo Arbino

Come è andata?

“Ho evidenziato alcune criticità che non mi aspettavo. Il servizio, rispetto a come me lo ricordavo, era molto peggiorato e il suo modo di giocare era troppo attendista con un rovescio che usciva solo piatto. Per cui c’erano diversi aspetti su cui lavorare fin da subito”.

Quali sono le qualità migliori di Travaglia?

“Tecnicamente ha ancora degli ottimi piedi e un gran diritto. Come detto, aveva anche un ottimo servizio ma dopo l’operazione al gomito lo aveva perso. Adesso stiamo cercando di ritrovarlo e ci sono buoni segnali. Come persona è un ragazzo aperto e pronto a mettersi in gioco, aggiungendo anche cose nuove al suo ampio bagaglio”.

Durante il periodo di prova sono subito arrivati risultati importanti.

“Vero, dopo un periodo in cui non vinceva più una partita, ha fatto tre semifinali nei tre Challenger a cui ha preso parte (Todi, Como e Genova, ndr.) e in una, nell’Atp 125 ligure, purtroppo si è dovuto ritirare”.

Una svolta in così poco tempo. Come è stata possibile?

“È stata possibile perché ho trovato in Stefano una persona splendida con cui inseguire un obiettivo ambizioso”.

Dal torneo di Gevova avete ufficializzato la vostra collaborazione: vi siete dati un obiettivo preciso?

“A lungo termine l’obiettivo è quello di rientrare nei 100 Atp entro la fine del 2025. Mentre, in quel che resta di questa stagione, proveremo ad avvicinarci a un ranking intorno al 150. Abbiamo ancora 7 tornei Challenger da giocare”.

Stefano Travaglia in azione (foto Musatti/Colombo)

Stefano Travaglia in azione (foto Musatti/Colombo)

Oltre a un giocatore con una grande esperienza come Travaglia, allena anche una junior con un buon potenziale come la 17enne Lucrezia Musetti. Come riesce a conciliare le due cose?

“Per quanto mi riguarda, non è così difficile anche perché io dedico loro una quindicina di settimane a testa per i tornei o poco più, che sono comunque meno delle quaranta abbondanti che dedicavo a Sonego. Poi, certo, sono situazioni diverse ma devo dire che per tanto tempo ho allenato ragazze (ad esempio, Stefania Chieppa e Silvia Disderi, ndr.) e seguo con passione il tennis femminile. Ma soprattutto, questa ragazza mi piace caratterialmente così come Travaglia. Sono persone con cui si lavora bene. Ho avuto anche altre offerte di lavoro ma ho scelto loro proprio perché a livello umano mi piacciono tanto”.

Tecnicamente come si lavora con due giocatori così diversi: una under 18 e un over 30?

“Che siano 32, 14 o 18, l’importante è che l’allievo abbia voglia di crescere. Ovvio che, da uno che è stato 60 del mondo come Travaglia, ti puoi aspettare qualche rifiuto verso proposte nuove. E invece lui si comporta esattamente come la Musetti. Stefano e Lucrezia hanno tanta voglia di migliorarsi e quindi diventa facile allenarli. Se un giocatore ti segue con fiducia, i margini di crescita sono enormi. L’ho scoperto in questi pochi mesi. Un esempio? Con Stefano lavoriamo tanto sul rovescio in top, un colpo che non ha mai giocato in vita sua. Ed è la stessa cosa per la Musetti. Anche se è giovane, ha già delle cattive abitudini consolidate che, a mio avviso, vanno corrette quanto prima”.

E intanto è già entrata nel ranking Wta.

“Sì, da quando lavoriamo insieme ha centrato questo obiettivo che per lei era importante. Ha ottenuto un ranking Wta (n.974, ndr.) che non è niente di che ma rappresenta un primo passo per crescere. Abbiamo già fatto un torneo insieme e in quell’occasione sono emerse cose importanti, anche di abitudine alla mia presenza. Insomma sono sereno e contento perché ho due situazioni che mi piacciono davvero molto”.

Lucrezia Musetti (foto Sposito)

Lucrezia Musetti (foto Sposito)

Dopo il sofferto addio con Sonego ci voleva.

“È stata una brutta botta. Con lui sono rimasto in buoni rapporti anche se non ci sentiamo più. A questo punto, per me è molto importante guardare avanti e soprattutto aver trovato due ragazzi che mi stimolano”.

Cosa le ha lasciato in eredità l’esperienza con Lorenzo?

“Mi ha fatto crescere come coach, anche grazie a palcoscenici importanti. Ho incontrato persone capaci e straordinarie e vissuto situazioni di altissimo livello che mi hanno formato e fatto crescere professionalmente. Ora sono pronto ad aiutare altri atleti”.

I traguardi del tennis italiano, così come ovviamente la spinta positiva di Sinner, stanno dando un nuovo impulso anche a giocatori non più giovani come Stefano?

“Quando un movimento è così valido e così diffuso, lo stimolo arriva a tutti. Anche se hai 32 anni ma nella testa sei giovane, certamente sei motivato dai risultati degli altri. Altrimenti uno come Stefano non continuerebbe a giocare. Anche perché per questo progetto in cui lui crede molto ha fatto investimenti importanti. Da Ascoli, ha deciso di spostarsi a vivere a Torino, ha preso un preparatore atletico…”.

Nonostante lei sia vicino a spegnere 70 candeline, ha un entusiasmo invidiabile.

“Assolutamente. Gli stimoli me li danno i ragazzi e soprattutto la grande passione per questo meraviglioso sport. A me non piace uniformarmi. Io sono come sono: se piaccio bene, altrimenti ognuno per la sua strada. Sono nato dal nulla e quando ho conosciuto il tennis ho anche trascurato i miei affetti per questo sport. Per me il tennis è linfa vitale”.

Ma il tradizionale sigaro alla fine dei match lo fuma ancora?

“Sempre”.

I cambi di coach tra Atp e Wta

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