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Laver Cup al Muro di Berlino: quale futuro per l'evento ideato da RF?

In questa settima edizione (una, quella del 2020, fu cancellata a causa della pandemia), che ha già dovuto sopportare il forfait di Rafa Nadal, sono presenti ben 6 top 10: Zverev, Alcaraz, Medvedev, Fritz, Dimitrov, Ruud. E il nostro Flavio Cobolli

19 settembre 2024

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Ma che cosa è esattamente, oggi, questa Laver Cup? Cosa è diventata, dopo i primi anni (2017-2019) di entusiasmo da vendere e nomi da copertina? Quali margini ci sono per fare in modo che entri ancora più stabilmente nel cuore del pubblico e trovi una collocazione ideale nel calendario internazionale? Le domande sono lecite, soprattutto in questa settima edizione (una, quella del 2020, fu cancellata a causa della pandemia), che ha già dovuto sopportare il forfait di Rafa Nadal e che comunque mette sul piatto 6 top 10: Zverev, Alcaraz, Medvedev, Fritz, Dimitrov, Ruud. Non male, in teoria.

Il fatto è che a Berlino conterà l'atmosfera, conterà la risposta del pubblico, bisognerà capire qual è oggi l'interesse reale per una competizione che rimane appesa fra esibizione e agonismo. Tutti quelli che la giocano dicono – non potrebbe essere altrimenti – di tenerci da matti, ma poi non è che ci sia la fila per prendere il posto di chi manca e la situazione nel complesso appare quella rilassata di un ritrovo fra amici, non quella di una 'Ryder Cup' del tennis dove tutti si fanno in quattro per portare a casa un punto utile alla causa.

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Roger Federer, fino al suo ritiro – avvenuto, giustamente, proprio durante l'evento creato da lui e dal suo staff – ha mantenuto altissima l'attenzione sul prodotto. Ma stante la sua assenza, almeno nelle vesti di giocatore, bisogna trovare altre chiavi. Djokovic e Nadal hanno certamente dato una grossa mano, ma già dallo scorso anno a Vancouver i Big 3 non sono più della partita. E allora il carisma va cercato nelle panchine. A proposito: sarà l'ultimo anno per Bjorn Borg e John McEnroe, che dal 2025 lasceranno spazio a Yannick Noah e Andre Agassi. Quanto a carisma siamo in zona, né il Team Europe, né il Team World perderanno troppo in questo senso. E proprio questi nomi che hanno fatto la storia aiutano a dare un senso all'evento, alimentando il racconto di una tre giorni che magari non fa la storia contemporanea, ma racconta in qualche modo la storia passata.

Il punto però è che – nell'idea dei creatori – la Laver Cup era qualcosa di diverso. Era qualcosa di proiettato nel futuro, pur affondando le proprie radici nel tennis degli uomini che hanno costruito la popolarità planetaria della racchetta. Come Rod Laver, appunto. L'idea era ed è quella di un format nuovo, fresco, di appeal. Con un sistema di punteggio 'furbo' che incrementa il valore dei match col passare delle giornate, per far sì che la domenica resti comunque viva, anche di fronte a una evidente disparità di valori in campo. A far gioco, in questo senso, anche lo spettacolo creato dall'atmosfera, dal campo nero, dall'eleganza di ogni dettaglio. Un pacchetto che ha già reso la 'Laver Cup' iconica, in termini di immagini e di memoria collettiva.

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L'immagine, tuttavia, non basta. E oggi sarebbe d'accordo anche Andre Agassi, che pure qualche decennio fa sponsorizzava il contrario. Per rendere la Laver Cup appetibile forse non basta nemmeno il denaro, non bastano nemmeno le buone intenzioni. Bisogna trovare una chiave per fare in modo che i migliori la giochino con costanza, malgrado sia impossibile pensare di assegnare dei punti per il ranking, al pari di quanto fanno Le Nitto ATP Finals.

L'Europa fin qui è avanti per 4-2, con quattro successi in fila seguiti da due sconfitte. E anche quest'anno il Vecchio Continente si presenta con i gradi di favorito per arrivare alla cinquina. Per l'Italia, anche se manca Jannik Sinner, c'è Flavio Cobolli come alternate in caso qualcuno dei big del Team Europe sia costretto a marcare visita. Un motivo in più per seguire l'evento, in attesa che il tempo ci dica cosa ne sarà della competizione. Chissà che in futuro, per rivitalizzarla, ci sia spazio per i grandi ex e per un ritorno in campo - da veterano di lusso - di un certo Roger.

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