Chiudi
Reduce dal primo titolo nel torneo M15 di Monastir, il 19enne talento sardo vive oggi nella casa che ha preso in affitto a Bordighera, dove si allena al Piatti Tennis Center. Si è raccontato parlando della sua formazione e dei suoi obiettivi
21 marzo 2025
Il 9 marzo 2025 è una data che Lorenzo Carboni ricorderà a lungo, visto che segna la prima affermazione tra i “pro” in una carriera che promette grandi cose. Dopo la lunga e fruttuosa trasferta in Tunisia che gli ha regalato, oltre alla gioia del primo titolo nel torneo M15 di Monastir, anche una finale, abbiamo raggiunto il 19enne talento sardo nella casa che ha preso in affitto a Bordighera, dove si allena al Piatti Tennis Center.
Lorenzo, cominciamo proprio dall’attualità. È reduce dalla sua prima vittoria in un 15 mila dollari a Monastir. Entrato in tabellone grazie a una wild card è riuscito a sollevare il trofeo. Che emozione è stata?
“Ero felicissimo, perché venivo da quattro finali perse, quindi ci tenevo molto a vincere il primo titolo. Appena chiuso l’ultimo ‘quindici’ è stata come una liberazione. La cosa curiosa è che mi ero iscritto solamente ai primi quattro tornei e sarei dovuto rientrare in Italia quando mi hanno offerto la wild card per il quinto... ed è andata alla grande”.
Un balzo di 111 posizioni in una settimana e oggi è n.649 Atp: come si sente dopo questo exploit?
“Dopo la vittoria mi aspettavo di scalare la classifica ed ero molto contento per aver migliorato il best ranking. Sono proprio fiero di questo risultato ma devo concentrarmi sul continuare a lavorare e a spingere perché questo per me è solo l’inizio”.
A Monastir è rimasto più di un mese, come mai questa scelta?
“È un posto tranquillo dove, a parte il tennis, non c’è molto da fare, ma è perfetto per guadagnare punti perché si disputano tornei tutto l’anno. Il resort è vicino ai campi e giocando ogni settimana è più facile trovare quella in cui ci si riesce ad esprimere al meglio”.
A 17 anni, nel primo torneo Itf che ha disputato, sempre a Monastir è arrivato in semifinale partendo dalle qualificazioni e si è guadagnato l’ingresso nel ranking, conquistando i primi punti Atp. Se li ricorda quei giorni?
“Sono passati due anni, per cui i ricordi sono un po’ confusi. Era il primo Futures a cui prendevo parte ed è stato bellissimo qualificarsi ed entrare nel ranking mondiale”.
Sempre quell’anno, M25 di Biella, ha giocato la sua prima finale Itf persa contro Stefano Napolitano che all’epoca era più di 700 posizioni avanti a lei in classifica, in un torneo dove ha battuto anche Samuel Vincent Ruggeri.
“È stato un torneo importante perché ho preso coscienza di avere il livello per giocarmela con avversari di classifica molto superiore alla mia. Ottenere quella finale mi ha dato gli stimoli giusti per continuare a lavorare duramente”.
Anche a livello Challenger, a Como, in agosto, ha debuttato con una vittoria, lottando alla pari e poi ritirandosi nel secondo turno con il francese Paire che all’epoca era n.125 Atp. Non male per un 17enne…
“Sì, ho vinto il primo match contro Fatic, che la settimana successiva a quell’incontro vinse un Challenger. Peccato perché se non mi fossi stirato l’adduttore, quel match con Paire l’avrei forse anche portato a casa”.
Lorenzo Carboni colpisce di diritto (foto Martegani)
Già campione italiano under 16 nel 2021, da juniores ha chiuso col botto al Roland Garros 2024 giocando una semifinale ma, in generale, ha frequentato poco i tornei giovanili. Come mai questa scelta?
“Vero, non ho giocato tanti tornei juniores perché comunque appena ho disputato il mio primo Futures, ho capito che avevo il livello per competere. Con il mio team abbiamo scelto di affrontare giocatori di un livello superiore per aiutarmi a capire come battere quelli più forti di me. L’anno scorso però, anche per fare un’esperienza, abbiamo voluto giocare Parigi juniores, dove sono entrato grazie alla classifica Atp”.
Tra l’altro ha mancato la finale dopo una lotta di due ore e mezzo contro il polacco Tomasz Berkieta e tre match-point a favore…
“Passiamo alla prossima domanda per favore (ride, ndr.)”.
A Bordighera lavora, tra gli altri, con grandi ex come Luca Vanni, oltre che con Andrea Volpini, ma ha come figura di riferimento Gianluigi Quinzi, giocatore molto noto tra gli appassionati di tennis che ha faticato tanto nel passaggio da juniores a professionista. In questo senso, il suo esempio le è utile?
“La sua esperienza è preziosa. Mi anticipa sempre quello che sta per succedere e quindi mi prepara. Mentalmente sono più tranquillo”.
Si allena al Piatti Tennis Center con uno dei coach italiani più vincenti della storia. Com’è il rapporto con Riccardo?
“È un onore stare in campo con un coach come lui e ogni allenamento che facciamo insieme è un’occasione per crescere. Averlo al mio fianco e soprattutto sentire che lui crede in me è fondamentale. Mi sprona ogni giorno a dare sempre di più”.
La cosa più bella che le ha detto?
“Che me la posso giocare con i primi 50 e una volta, parlando con mio padre, gli ha detto che ho le qualità per arrivare in top ten. Quando mio papà me lo ha riferito ero felicissimo”.
A proposito di crescita: su quali aspetti del suo gioco state lavorando maggiormente?
“Abbiamo lavorato tanto sull’essere più aggressivo. Sono un giocatore che si muove bene e sa come difendersi, ma in fase offensiva posso e devo fare meglio. Il mio colpo è senza dubbio il rovescio ma servizio e diritto sono migliorati tanto”.
Che ricordi ha di Jannik Sinner a Bordighera?
“Un esempio per chiunque. Si vedeva che aveva qualcosa di diverso rispetto agli altri. Da come si allenava al modo in cui si comportava. Gli allenamenti che abbiamo condiviso sono oro per me, impossibili da dimenticare”.
I grandi risultati che sta ottenendo il movimento italiano stanno facendo da traino anche a giocatori come lei che si sono affacciati da poco al circuito maggiore?
“Sì, è come una catena dove il buon risultato di uno trascina l’altro. Ogni giocatore lavora sempre di più per fare meglio e superare l’altro in una competizione tutta positiva”.
C’è un giocatore che ha preso come riferimento per la sua crescita?
“Sì, un ragazzo francese che si allena con me, classe 2005. Si chiama Gabriel Debru ed è n.229 Atp: ha una mentalità da giocatore vero, diversa dagli altri”.
Si racconta che la sua passione per il tennis sia nata giocando a racchettoni in spiaggia. È vero?
“Verissimo. Avevo 3 anni e volevo provare questo gioco. Ho chiesto a mio papà, che non ne aveva nessuna voglia e voleva solo riposarsi sul lettino. Pensava di passare il tempo a raccogliere la pallina caduta e invece continuavamo a scambiare, tanto che la gente, vedendo questo scricciolo in azione, si fermava a guardarci. Da lì è iniziato tutto”.
Quali sono i nomi importanti della sua formazione?
“La primissima maestra, Barbara Galletto, e poi Giancarlo Di Meo al Tennis Club Alghero che è stato una figura importantissima per me. È stato lui che, all’età di 13 anni, mi ha indirizzato da Riccardo. E poi, chiaramente, Piatti”.
Bordighera e Alghero hanno in comune il mare. Com’è cambiato il suo rapporto con l’isola visto che è spesso lontano da casa e che l’ha lasciata nel 2019?
“Sul mare direi che ci sono differenze significative (ride, ndr.), ma comunque all’inizio non è stato facile perché ero un bimbo e mi mancavano tanto i miei amici. Crescendo, ho capito che questo sarebbe stato il mio lavoro, quindi è andata meglio e adesso sto bene”.
Tra i suoi obiettivi c’è anche quello di portare per la prima volta un giocatore sardo tra i top 100 Atp?
“Uno dei miei obiettivi è quello di portare in alto la Sardegna del tennis. Abbiamo avuto pochi giocatori pro, l'ultimo Stefano Mocci (569 Atp nel 2003, ndr.), quindi vorrei fare meglio degli altri”.
Ha sempre detto di essere cresciuto col mito di Novak Djokovic. Cosa rende il fuoriclasse serbo così speciale per lei?
“Il suo modo di giocare e di stare in campo, il suo atteggiamento indomabile. È uno che non molla mai e ho anche cercato di rubare qualche suo piccolo trucchetto. È sempre stato il mio idolo ma, incredibilmente, non sono mai riuscito a vederlo giocare dal vivo”
Cosa prevede la sua programmazione nei prossimi mesi?
“Andrò a Pula e giocherò tre settimane in Sardegna i 25.000, poi ho in programma di giocare qualche Challenger”.
Dove le piacerebbe essere a novembre 2025?
“A fine anno mi piacerebbe essere tra i 250/300 Atp”.
Parliamo di futuro. Se chiude gli occhi, quali sono gli obiettivi con un orizzonte più ampio?
“Il sogno dei sogni sarebbe quello di diventare numero uno del mondo. Anche entrare tra i top 10 e vincere uno Slam come il Roland Garros, però, non sarebbe male...”.
Non ci sono commenti