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Una decina d'anni fa erano in quattro, a farci sognare: Gianluigi Quinzi, Filippo Baldi, Matteo Donati e Stefano Napolitano. Oggi solo quest'ultimo, a 28 anni, sta ancora provando a inseguire i propri sogni, forte di un tennis solido e di una nuova base per gli allenamenti
26 settembre 2023
Non sono in tanti a ricordarlo, in quest'epoca che brucia le memorie nel tempo necessario a scrivere un post social, ma prima di questa generazione d'oro del tennis italiano c'è stato un altro gruppo di ragazzi che, per un certo periodo, ci ha fatto sperare. Erano in quattro: Gianluigi Quinzi, Filippo Baldi, Matteo Donati e Stefano Napolitano. Un marchigiano, un lombardo (entrambi classe 1996) e due piemontesi nati nel 1995. Da Junior erano fortissimi, ma anche al primo contatto coi pro furono in grado di tenere vive quelle speranze nate mentre ancora stavamo aspettando il campione in grado di cambiare la nostra storia tennistica.
La buona sorte, tuttavia, non stava dalla loro parte. Oggi Quinzi – ex vincitore di Wimbledon Under 18 – allena giovani talenti nell'accademia di Riccardo Piatti, Baldi ha rinunciato a inseguire i propri sogni all'inizio del 2023, mentre Donati ha disputato l'ultimo torneo lo scorso aprile, e dopo sole sei partite giocate in questa stagione è nuovamente sparito dai radar. Analizzare i loro problemi, uno dopo l'altro, sarebbe un esercizio lungo e per certi versi doloroso. Come dolorosi sono stati gli infortuni, le pause di riflessione, i dubbi su carriere mai davvero decollate. È il caso invece di concentrarsi sull'unico dei quattro che ancora sta provando a trovare un suo posto nel tennis che conta, Stefano Napolitano.
Un primo piano di Stefano Napolitano (Foto: Dell'Olivo)
A 28 anni, il biellese è numero 257 Atp, lontano dal suo primato personale (152, del 2017) ma sufficiente per tenerlo a galla. Soprattutto se pensiamo che a fine 2022 si era ritrovato fuori dai primi 500. Il 2023 di Stefano, invece, è stato incoraggiante: prima qualche risultato negli Itf, da 15 e 25 mila dollari, a donare un po' di fiducia, poi la grande chance in quel di Roma, Internazionali BNL d'Italia. Il piemontese passa le qualificazioni battendo Kovacevic e Marterer, poi perde al tie-break del terzo contro Molcan una partita che gli lascia tanti rimpianti. Ma l'importante è che la macchina si sia rimessa in moto.
A dimostrarlo ci sono i risultati che arrivano subito dopo: la vittoria nel 25 mila di casa, il quarto nel Challenger di Trieste (dove batte Giannessi e Kolar), un altro quarto a Verona con un set strappato all'ex top 10 David Goffin, la semifinale a Como, ancora quarti a Genova. Una continuità che gli ridona una classifica dignitosa, da cui si possono cominciare a rivedere delle possibilità concrete di un certo livello. Per esempio, le qualificazioni Slam. Del resto Stefano si è sempre fatto notare come un giocatore dal potenziale importante, uno con un bagaglio tecnico completo e con una bella attitudine a giocare sul duro, dove si decidono gran parte dei punti nel circuito. Il piemontese può giocare ovunque, terra compresa, ma le sue caratteristiche tecniche si esaltano quando il gioco si fa più veloce.
Il rovescio di Stefano Napolitano (foto Magni/MEF)
Per ripartire ha scelto la Lombardia (in particolare Baranzate, a due passi da Milano) e il nuovo progetto chiamato 'Cantera Tennis Team', con a capo Ugo Pigato, ex pro e padre della promessa Lisa, 20 anni e tra le migliori della nuova generazione delle azzurre. A seguirlo passo dopo passo c'è Giacomo Oradini, pure lui ex pro, che sta tentando di rimettere assieme i pezzi di un giocatore che merita ulteriore fiducia, per quanto sta mostrando.
Ciò che manca, adesso, è solo l'abitudine a giocare (e vincere) i match che contano. Come quello nelle qualificazioni dell'Atp 250 di Astana, perso sul filo di lana di entrambi i set contro Taro Daniel, un tipo che regala poco. Stefano ha giocato alla pari, cedendo alcuni punti fondamentali nei momenti decisivi. Ma la sensazione è che manchi poco, perché l'ex promessa possa finalmente cambiare marcia. E riscattare, almeno in parte, la sfortuna degli altri tre in quel gruppo capace di far sognare gli appassionati, appena una decina di anni fa.