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Pollicino Baez, senza bollicine in campo e fuori, è davvero il miglior specialista del "rosso"?

Il piccolo argentino, erede di Schwartzman, centra il bis a Rio de Janeiro come non sono riusciti a fare Nadal e compagnia. E vanta un bilancio-record sulla superficie. Con quest’acuto si rilancia dopo una crisi che durava proprio da quanto era salito al 18 del mondo…

di | 25 febbraio 2025

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Juan Martin Del Potro premia Sebastian Baez a Rio 2025 (foto Getty Images)

Non è personaggio. E’ anche più grigio del suo idolo, Diego Schwartzman, cui si è sempre ispirato come infaticabile Pollicino del circuito ed eroe della patria tennistica Argentina. Alto 1.70 per 70 chili, con quella faccia anonima e quel gioco che non affascina ma è completo, sospinto soprattutto da due gambe inesauribili e da un animo guerriero, Sebastian Baez sembra più anziano dei suoi 24 anni. Anche se noi italiani lo sappiamo bene nel ricordo delle apparizioni recenti alle Next Gen ATP Finals dove si batteva come un leone anche sulle superfici più veloci, recapitando al mittente, al di là del net, tutti i missili che gli scagliavano contro - tentando inutilmente di schiacciarlo - i giovani leoni molto più acclamati e dotati di lui. E finiva per estenuarli, frustrarli, sfaldarli.

Dopo un inizio di stagione non esaltante, con 0/2 sul cemento australiano, appena la semifinale nel Challenger di Rosario e il secondo turno al torneo di casa di Buenos Aires, battuto peraltro dal brasiliano Seyboth Wild, lo ritroviamo sorridente a Rio de Janeiro dopo aver confermato il titolo di 12 mesi fa. Non è più il numero 1 del suo paese, sorpassato da 31 ATP, da Francisco Cerundolo, dopo il 18, record di luglio ma, nel ritrovare l’amata terra rosa, ha recuperato anche fiducia nel suo gioco e un dato statistico che gli dà nuova linfa: dal 2022 è il giocatore che ha vinto più partite di tutti su questa superficie, 72, con 5 titoli.

NUMERI DA INTERPRETARE
A fronte del dato positivo, l’argentino accusa anche 36 partite perse. Mentre il secondo nella speciale graduatoria, Casper Ruud, appena dietro come successi, ha un miglior bilancio, con 71-22 (e 6 urrà sull’ATP Tour). Ma, soprattutto, il terzo, Carlos Alcaraz, con 69 successi contro 11 sconfitte appena e 7 tornei vinti, sembra più solido come protagonista dei campi rossi.

Questi rilievi statistici non minimizzano il già minuto Sebastian che, a Rio, in un momento delicato della stagione, con la repentina e ripetuta transizione cemento-terra-cemento-terra che caratterizza il circuito da gennaio a luglio, è il primo a confermare il titolo nell’appuntamento brasiliano firmando un’impresa che, finora, non era riuscita a specialisti ben diversa caratura, come Nadal, Alcaraz, Thiem e Ferrer. Che, a parte Carlitos, sono usciti di scena senza lasciare eredi certi sulla superficie più dura del tennis, dove tutti si adattano in più, ma non ci sono più veri specialisti.

Sebastian Baez in azione (foto Getty Images)

Sebastian Baez in azione (foto Getty Images)

SEI SU SETTE
Baez vanta invece 7 titoli ATP, 6 dei quali proprio sulla terra rossa, unica eccezione due anni fa sul cemento di Winston Salem, con una percentuale di successo di due match su tre, contro il 30% di quelli su erba e duro. Rio avrà sicuramente un’influenza importante, e magari segnerà una svolta decisiva per il piccolo Sebastian che ha sempre bisogno di battersi al massimo per ottenere i suoi risultati da laboriosa  formichina del tennis.

Tanti sono stati i suoi dubbi all’indomani del record di 18 ATP di luglio, conditi da una lunga serie di tornei superando appena un turno (solo all’Olimpiade ne ha superati due), fino a prestarsi al ruolo di semplice vittima sacrificale contro Sinner per motivi tattici nella finale di coppa Davis e poi a balbettare anche in questi primi mesi del 2025.

La crisi è stata talmente acuta che, al microfono in campo a Rio, dopo il trionfo, ha confessato: “Non ero sicuro di venire a Rio. I risultati non mi davano fiducia, compreso l’ultimo, contro Thiago Wild. Abbiamo deciso all’ultimo. Seba (il coach di sempre, Gutierrez) mi ha spronato, dicendomi di tirare fuori l’orgoglio e continuare a lottare, affrontando qualsiasi risultato con coraggio. Così abbiamo deciso di venire a Rio anche se non ero molto sicuro. Perciò sono ancor più felice per quest’ottima decisione”. 

CHAMPAGNE NEMICO
Baez è talmente disabituato a sturare champagne che, al momento della tradizionale apertura della bottiglia sul campo, per spruzzare poi di bollicine tutti attorno, fra lui e lo sconfitto, il sorprendente Alxandre Muller sono riusciti con estrema fatica a violare l’oggetto dei desideri. C’è riuscito dopo mille sforzi, come sempre industriandosi con l’aiuto della maglietta, sul tappo che proprio non voleva cedere. Prima di partire per il “250” di Santiago del Cile. E ricominciare la risalita.

L'esultanza di Sebastian Baez (foto Getty Images)

L'esultanza di Sebastian Baez (foto Getty Images)

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