Schwartzman si ritira alla soglia dei 33 anni, e già da un po' di tempo lui stesso si sentiva un ex. Aveva dato troppo per realizzare il suo sogno e non ne aveva più. Lui stesso ha raccontato come nel 2022, giocando il torneo di Amburgo, si era accorto che qualcosa stava cambiando, forse per sempre: “Ho sostituito i miei coach, pensando che forse era il momento di cambiare qualcosa, ascoltare voci diverse e nuovi modi di lavorare. Non è stata la decisione giusta. Ero io. Non era nessun altro”, ha detto l’argentino, e da lì in poi è stato il declino.
Tante eliminazioni al primo turno, il corpo che non risponde più, la mente che abbandona la volontà di andare avanti. Nel 2024 il crollo, al punto da ritrovarsi a fare le qualificazioni per i tornei Atp: troppo, per un giocatore come lui, che è stato numero 8 al mondo e che ha partecipato nel 2020 alle Finals. Schwartzman a quel punto, da giocatore e da uomo straordinariamente intelligente quale è sempre stato, ha detto che poteva bastare così. La testa, dopotutto, per lui è sempre stata tutto.
Il suo nome, Diego, gli è stato dato in onore di Maradona, ma a differenza del “Diez”, però, Schwartzman non è certo stato stradotato di talento purissimo, e quello che ha realizzato se l’è dovuto costruire mattone su mattone, senza avere niente in regalo. Con volontà e soprattutto col cervello.
La sua famiglia lo ha aiutato per quanto possibile, ma nell’Argentina post crack economico, dove Schwartzman è nato nel 1992, di soldi ce n’erano veramente pochi: la gioielleria dei genitori era stata travolta dalla crisi e per racimolare qualcosa per Diego, mamma e papà vendevano braccialetti, sì, ma di gomma. Spesso, dormivano tutti e tre nello stesso letto.
Schwartzman partiva già svantaggiato dal punto di vista fisico, quel suo metro e settanta scarso che rendeva la lotta impari contro la stragrande maggioranza dei suoi colleghi. Nell'era moderna solo Harold Solomon, l’avversario di Adriano Panatta nella finale del Roland Garros del 1976, era arrivato così in alto in classifica non superando il metro e settanta di statura. Persino Michael Chang aveva qualche centimetro in più.
A fronte di tutto questo, Schwartzman non si è mai fatto prendere dallo sconforto e soprattutto non si è mai fatto intimidire da nessuno. Lo svantaggio a poco a poco si è trasformato in vantaggio, perché ha costretto "El Peque" (“il piccolino”) a dare tutto in campo e ad affinare al massimo le armi che aveva a disposizione, come ad esempio la risposta e l’anticipo, tra i migliori del circuito.
Nella sua carriera Schwartzman ha vinto 4 tornei Atp su 14 finali disputate, è diventato uno dei 12 argentini a entrare nei top 10, con una semifinale al Roland Garros nel 2020 come momento più alto, e soprattutto è riuscito a dare filo da torcere a tutti, persino ai grandi del suo tempo, come Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic.
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