Chiudi
Dopo il sorprendente debutto a livello Challenger, il 17enne romano è tornato al Club Nomentano per preparare i prossimi impegni. Abbiamo incontrato coach Fabrizio Zeppieri per commentare questo momento straordinario e parlare del futuro: “Ora è fondamentale accompagnarlo nello sviluppo”
20 aprile 2025
Classe 1963, un passato da giocatore e un presente da direttore tecnico al Club Nomentano, Fabrizio Zeppieri è il coach che sta seguendo uno dei ragazzi più interessanti del tennis azzurro: il 17enne Jacopo Vasamì.
Lo conosce da quando, ad appena 9 anni, il mancino nativo di Avezzano (la mamma è abruzzese e il papà calabrese) ma ormai romano doc ha deciso di lasciare il Parioli per presentarsi alla sua corte. A 13 anni poi, era il 2020, Vasamì ha deciso di trasferirsi a Manacor, alla Rafa Nadal Academy, per affrontare un’esperienza tra tennis e studio (in Spagna Jacopo si è diplomato alla scuola americana). A giugno 2023 però è tornato nella sua Roma dove, nel frattempo, si erano create le condizioni per un progetto costruito su misura per lui.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. A livello Juniores è già n.8 del mondo e, da inizio anno, ha già vinto il J500 al Cairo, in Egitto, e il J300 a Casablanca, Marocco. Al secondo Challenger in carriera e sesto torneo professionistico in assoluto, ha raggiunto i quarti di finale a Monza, con un rendimento che ha stupito gli addetti ai lavori ma non il diretto interessato, capace di guadagnare 600 posizioni in appena 15 giorni e oggi n.853 del ranking Atp.
Coach Zeppieri, come state vivendo questo momento?
“Come dico sempre, le vittorie aiutano a crescere, anche se a 17 anni chiaramente la cosa fondamentale è il percorso che abbiamo davanti. Sono settimane molto ricche di risultati queste per Jacopo, che è entrato in modo deciso nel circuito Atp. Prima la qualificazione al Challenger di Barletta e poi i due match vinti assolutamente contro pronostico a Monza contro l’inglese Jubb e lo spagnolo Landaluce, prima dello stop con lo stesso giocatore che lo aveva fermato anche in Puglia, l’ucraino Vitaly Sachko, che poi ha raggiunto la finale in tutti e due i challenger”.
Jacopo riesce a essere competitivo anche con avversari che gravitano intorno alla 150ª posizione mondiale. È sorpreso da questo rendimento?
“Che abbia qualità per diventare un giocatore di tennis è fuor di dubbio, ma in questo momento resta un 'work in progress' perché deve migliorare sotto tantissimi aspetti. La mia attenzione è tutta sulla sua crescita, senza fretta, perché non dobbiamo dimenticarci che ha solo 17 anni e il tempo non gli manca. Che abbia battuto Landaluce, che tra i 2006 è n.2 al mondo, o tutti gli altri giocatori con ranking molto migliore del suo che ha sconfitto, a me interessa relativamente. L’importante è che lui faccia i passi giusti per migliorarsi”.
Jacopo Vasamì si allena al Club Nomentano di Roma con coach Fabrizio Zeppieri (foto Francesco Panunzio)
Se il buongiorno si vede dal mattino, però…
“Certo, Jacopo sta vivendo bene questo periodo, perché confrontarsi con giocatori bravi e riuscire anche a batterne alcuni, sicuramente gli dà consapevolezza. I risultati lo stanno aiutando a prendere coscienza delle sue potenzialità ma è rimasto concentrato su quello che deve fare per continuare a crescere”.
Un exploit repentino.
“Diciamo che è esploso abbastanza velocemente e in questo l’ambiente dei Challenger ti aiuta a crescere, a patto che tu sappia accettare il fatto che c’è tanto da lavorare e che la strada è lunga. Non dobbiamo dimenticarci che lui oggi gioca in questi tornei solo grazie alle wild card che gli sono state concesse dalla Federazione, perché come ranking non potrebbe farlo”.
Sono cambiati i vostri piani dopo questi risultati?
“No, Jacopo ha cominciato con qualche 15 mila dollari solo dopo una prima parte di stagione in cui ha giocato molti tornei juniores. È importante che finisca la stagione tra i primi dieci del ranking Under 18 per avere la possibilità di sfruttare le 8 wild card nel 2026 offerte dall’Itf nei tornei challenger. Questo ci consentirebbe di gestire l’attività del prossimo anno in modo tranquillo anche grazie, lo ripeto, alla Fitp che lo sta supportando in tutto: oltre che con le wild card, anche con i tanti servizi offerti”.
Vasamì gioca spesso in doppio dove attualmente ha anche un ranking migliore rispetto al singolare (è n.647 Atp). Quanta importanza date a questa disciplina?
“Non penso per Jacopo a una carriera di doppio, ma la specialità è fondamentale per crescere sulla volée e sulla risposta, due situazioni dove lui ha ampi margini di miglioramento. Con Filippo Romano poi si trovano particolarmente bene, hanno vinto a Foggia e fatto finale a Monza, battendo giocatori tra i primi 60 al mondo”.
Il diritto mancino di Jacopo Vasamì
In questi giorni siete a Roma per allenarvi.
“Con questi risultati, si è alzata la qualità dei suoi allenamenti e delle persone con cui può giocare. È un po’ più semplice creare situazioni di allenamento a lui congeniali perché confrontarsi quotidianamente con giocatori che al momento gli sono superiori è sicuramente un aiuto per crescere. Questa settimana, ad esempio, al Club Nomentano c’è Jacopo Berrettini e sta per arrivare Matteo Gigante”.
Su cosa vi state concentrando?
“Sta lavorando molto bene con il preparatore fisico Alessandro Cesario, e sotto quest’aspetto è migliorato tanto, iniziando a mettere muscoli anche nella parte delle gambe dove, data la giovane età, è ancora debole. Tecnicamente stiamo cercando di rinforzare le parti già forti del gioco, perché questo è uno sport in cui è fondamentale avere una personalità decisa. Servizio e diritto sono già da giocatore vero, ma intorno a questi colpi bisogna costruire. È necessario, ad esempio, lavorare sulla parte destra del campo che per lui che è mancino è quella del rovescio, sia sul back sia per dare più peso ai colpi in top. L’altro grande obiettivo è quello di crescere in risposta dove, al momento, soffre molto”.
Vasamì è nato il 19 dicembre del 2007, quindi ha ancora davanti più di un anno di attività juniores. È di 9 mesi più giovane di Federico Cinà, l’altra grande promessa del nostro tennis. Sente già un po’ di pressione?
“Non credo, o comunque la vive in modo positivo. Più sale il livello della sfida e meglio si esprime. Jacopo è un ragazzo che ha voglia di crescere e che, ogni volta che compete, lo fa pensando di poter vincere. Una sua qualità che ammiro è che non entra mai in campo con l’idea di fare semplicemente una bella partita. Di questo dobbiamo ringraziare i responsabili della preparazione mentale della Federazione, Nicola Favata e Lorenzo Beltrame, oltre ovviamente al responsabile del settore tecnico under 20 Giancarlo Palumbo, che è sempre molto presente”.
Jacopo Vasamì in azione (foto Sposito)
Com’è Jacopo fuori dal campo?
“Un ragazzo vivace, a cui piace divertirsi e che sorride molto, anche se in questi 9 mesi, da quando è tornato dalla Spagna, ho ritrovato un ragazzo molto più maturo e professionale. Anche perché in Accademia si allenava la mattina ma il pomeriggio andava a scuola in presenza”.
Dopo la parentesi alla Rafa Nadal Academy, Jacopo ha deciso di tornare. Come mai?
“Ha sempre detto che quando sarebbe rientrato in Italia avremmo continuato a lavorare insieme. E poi, durante questi quattro anni spagnoli, siamo sempre rimasti in contatto e l’ho accompagnato a diversi raduni a Tirrenia. Cercava un progetto ad hoc su di lui e qui lo ha trovato”.
Quali saranno i vostri prossimi impegni a livello juniores?
“Fino a fine giugno, il programma prevede il Bonfiglio, che per noi è un torneo importante e dove certamente Jacopo giocherà da testa di serie e con aspettative alte. Sarà fondamentale l’aspetto emotivo. Lo scorso anno ha perso, giocando indoor per la pioggia, contro Budkov Kjaer al 3° turno, e sarebbe bello migliorarsi. Poi andremo al Roland Garros, a Roehampton e a Wimbledon”.
La superficie preferita?
“Jacopo ama la terra battuta ma bisogna dire che in Academy a Maiorca non ha mai giocato sul duro. Ecco perché sarebbe importante avere le 8 wild card del programma Itf per chi finisce la stagione junior in top 10: avrebbe la possibilità di programmare quelle esperienze Challenger sul cemento. Se il sogno è quello di giocare nel circuito maggiore non si può prescindere dal duro e sono convinto che lui, con le sue caratteristiche, avrà un tennis molto efficace in futuro su questa superficie”.
Il campo da tennis della Casa Circondariale Rebibbia N.C. ‘Raffaele Cinotti’ (Foto Fioriti/FITP)
Parlando di lei, le va di raccontarci brevemente il suo percorso?
“Sono stato un ottimo B1 ma ho smesso già a 22 anni per problemi importanti alla spalla e non sono riuscito ad avere un ranking Atp. Da maestro sono partito crescendo Carolina Pillot, Matteo e Marco Mosciatti e ho continuato con Martina Caregaro e tanti altri. Sicuramente Jacopo è il giocatore con le qualità maggiori che io abbia mai avuto. Devo ringraziare, oltre alla Fitp, anche tutti i maestri della scuola di cui sono direttore tecnico al Club Nomentano per il loro straordinario lavoro, il che mi permette di seguire Jacopo in tutte le sue trasferte”.
Un’ultima domanda: colpisce, del suo percorso, l’iniziativa che dal luglio 2023 ha deciso di intraprendere per insegnare gratuitamente tennis ai detenuti di Rebibbia.
“Il Club Nomentano è molto vicino al carcere. Grazie a Michelangelo Dell’Edera e alla Federazione che ha donato un bellissimo campo in greenset, è nata la possibilità di proporre un progetto per insegnare tennis ai detenuti. Vista la nostra vicinanza, mi sembrava una cosa da fare dal punto di vista sociale. È stata un’esperienza forte, come possono raccontare i maestri Gianni Ceridello e Mauro Caruso che, più di me, si sono spesi per questo progetto. Allenare un ragazzo come Jacopo è il massimo ma per me è sempre stato importante avere l’obiettivo di portare, grazie al tennis, tanti ragazzi a crescere bene. Dico sempre che il tennis ti aiuta nella vita, al di là dell’aspetto agonistico che inevitabilmente riguarda solo poche persone”.
Non ci sono commenti