Chiudi
Jimmy Connors vince l'Open d'Australia, Wimbledon e Forest Hills. Al Roland Garros invece trionfa il 18enne svedese Bjorn Borg. Sono loro i dominatori assoluti del decennio.
di Luca Marianantoni | 06 ottobre 2023
L'impossibilità di Connors di completare lo Slam viene in parte mitigata dai successi che giungono a grappoli per tutto l'anno. Tra l'Australia e Wimbledon vince 7 tornei negli Stati Uniti più il torneo su erba di Manchester; dopo Wimbledon trionfa a Indianapolis in finale su Bjorn Borg e dopo l'US Open porta il bottino a quota 15 con i titoli a Los Angeles, nella Dewar Cup e a Johannesburg. Un totale di 99 partite giocate con 95 vittorie e appena 4 sconfitte: contro il tedesco Karl Meiler in finale a Omaha, contro Stan Smith nei quarti a Nottingham, contro lo spagnolo Juan Gisbert negli ottavi all'Open del Canada e contro il neozelandese Onny Parun nei quarti a San Francisco. In più il 29 luglio succede a John Newcombe (che a sua volta interrompe il regno di Nastase) sul gradino più alto del ranking Atp, posto che non abbandona fino all'agosto del 1977: 160 settimane di fila, seconda serie più lunga di sempre dopo le 237 settimane di Federer.
Ma quell'indimenticabile 1974, sebbene marchiato a ferro e fuoco da Jimbo che pone fine al tennis romantico, elegante, raffinato e misurato della generazione di Laver e Rosewall, diventa anche l'anno della conferma ad altissimi livelli di Bjorn Borg, un diciottenne svedese che porta il pianeta tennis su mondi inesplorati, permettendo allo sport della racchetta e ai suoi campioni più osannati, popolarità pari a quelle dei divi hollywoodiani.
Il ragazzino di Sodertalje, che solo pochi anni prima colpisce, dalla mattina alla sera, infinite palline sul muro del garage, immaginando leggendarie sfide di coppa Davis tra la sua Svezia e gli Stati Uniti e che ogni giorno fa tre ore di treno per andare al circolo a giocare, vince in gennaio ad Auckland il primo titolo professionistico, poi sbanca il Foro Italico tre giorni prima di diventare maggiorenne (tre set a zero a Ilie Nastase) e due settimane dopo conquista il primo Roland Garros perdendo i primi due set della finale con Manuel Orantes, ma lasciando allo spagnolo appena due game nei restanti tre set.
Lo svedese dai capelli lunghi, diventa il sogno proibito di tutte le ragazzine, ma anche il più giovane vincitore Slam della storia. Dovranno arrivare Wilander, Becker e Chang per strappargli questo fantastico record.
Ma non è tutto, dall'Argentina, che fino a quel momento non ha grandi campioni, spunta di prepotenza il talento muscolare di Guillermo Vilas che domina la seconda parte della stagione vincendo 7 tornei, conquistando la leadership della classifica del Grand Prix con 797 punti contro i 714 di Connors, e trionfando nel Masters di fine anno sull'erba di Melbourne in finale sul solito Nastase.
E' un Masters poco emozionante: Vilas e Nastase dominano i rispettivi gironi a punteggio pieno, Borg delude e dieci partite su quindici finiscono per due o tre set a zero. Meno male che la finale è avvincente: Nastase recupera due set a Vilas, ma finisce stremato e cede alla distanza dopo 3 ore e 8 minuti di battaglia.
Il circuito del Wct (diviso in tre gruppi di tornei) vede Nastase vincere 4 tappe nel gruppo rosso, Newcombe 5 nel gruppo blu e Laver 4 in quello verde. Alle finali di Dallas prendono parte solo tennisti che sono top 10 a fine anno ad eccezione di Jan Kodes; in finale giungono il baffuto John Newcombe (vincitore su Okker e Smith) e il biondo Bjorn Borg (successi su Ashe e Kodes), piegato nel big match dall'australiano che si impone per 4-6 6-3 6-3 6-2.
Per certi versi è storica anche l'edizione della coppa Davis del 1974. L'Italia di Adriano Panatta, che a maggio vince a Firenze la prima finale Atp tutta italiana della storia sul grande amico Paolo Bertolucci, è una squadra giovane, forte e compatta, alimentata anche dalla continua crescita di Corrado Barazzutti che a Monaco di Baviera elimina il numero 1 del mondo Nastase: gli azzurri battono la Svezia orfana di Borg e poi una Romania in calo. In semifinale sono attesi dalla lunga trasferta in Sud Africa che si è spinto così in avanti battendo la Colombia di Velasco e Molina, che a sua volta a sorpresa estromette una formazione molto modesta degli Stati Uniti, affidata ad Harold Solomon e Eric Van Dillen. Ma il capellone Ray Moore e l'ostico Bob Hewitt si rivelano ossi duri per gli italiani che rimediano un pesante 4-1 lasciando l'insalatiera al Sud Africa che vince la Davis senza disputare la finale per il rifiuto dell'India alla trasferta, offesa dalle leggi razziali sudafricane e dal silenzio dell'Itf, rea di non aver fatto nulla per evitare uno scempio del genere.