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Zverev: "La causa? Un pericolo per la Wta. Bisogna unire, non dividere"

"Penso - spiega il tedesco - che giocatori e Tour si debbano unire, non dividere. Non so bene dove vogliano arrivare con questa cosa. So che l'Atp è una organizzazione in salute e potrà affrontare questo percorso, uscendone comunque bene, senza sparire"

23 marzo 2025

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Un comodo 6-2 6-4 all'inglese Jacob Fearnley consente a Sascha Zverev di andare avanti a Miami, salvandosi dalla morìa di favoriti che ha contraddistinto le prime giornate in Florida. Un incontro che dà fiducia al tedesco, in vista delle prossime partite.

ALEXANDER ZVEREV

"Sono contento del mio livello - ha spiegato Zverev - e del fatto di aver sistemato alcune cose che a Indian Wells non avevano funzionato a dovere. Spero sia il primo di una lunga serie di match con questo rendimento".

Dalla partita e dal torneo, tuttavia, l'attenzione si sposta subito sul tema della settimana: la causa della PTPA a chi governa il tennis mondiale.

"Per me è ancora presto per fornire la mia idea. Ci sono dei punti che vale la pena trattare, ma penso che giocatori e Tour si debbano unire, non dividere. Non so bene dove vogliano arrivare con questa cosa. So che l'Atp è una organizzazione in salute e potrà affrontare questo percorso, uscendone comunque bene, senza sparire. Farà più fatica invece la Wta, che ha meno risorse: per loro è pericoloso".

In aggiunta: "L'Atp è nata per rappresentare i giocatori, ma col tempo forse si è messa più a rappresentare i tornei, pensando che fossero più importanti. Non so se questo sia corretto. Il tennis è un business, come altri sport, dunque bisogna mediare tra interessi diversi, ed è per questo che sono nel player council. Per questo, cerchiamo tra giocatori e Atp di trovare un punto comune, ma è un processo lento, che chiede tempo".

Zverev non stava passando un buon periodo e non era stato clemente con se stesso: "Dopo l'Australia ero davvero abbattuto. Pensavo veramente di poter vincere il torneo, invece mi sono trovato di fronte Sinner che in finale mi ha dominato su vari livelli. Mentalmente è stata dura da affrontare. Il giorno dopo quella sconfitta ero già in campo per allenarmi e forse ho commesso un errore, perché non mi sono dato il tempo di resettare, di lasciarmi tutto alle spalle. Anche andare in Sudamerica, forse, non è stata la scelta corretta. E l'ho pagata cara".

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JOAO FONSECA

Avanti anche il brasiliano Joao Fonseca, che batte Humbert e pare crescere di partita in partita. "Sono felice di come ho giocato - ha spiegato il giovane sudamericano - e in particolare sono contento del rendimento al servizio. Col mio team stiamo lavorando molto su questo: se non è stata la mia migliore prestazione in battuta, ci manca poco".

"Differenze col match che abbiamo giocato in Davis? Tantissime. Qui i campi sono veloci e stavolta sono stato io a prendere l'iniziativa, al contrario dell'occasione precedente. Inoltre lui ama giocare col pubblico a favore, mentre a Miami ci sono tanti brasiliani che mi sostengono".

"Il calcio? Giocavo, da piccolo, e non avevo ancora scelto il mio percorso definitivo. Poi è successo che mi sono infortunato, sono rimasto fuori un paio di mesi e ho detto a mia madre che non avrei più giocato, che avrei proseguito col tennis. Così ho fatto, ma al calcio resto legato: i miei giocatori preferiti erano Neymar e Ronaldinho, anche se il secondo l'ho visto poco". 


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