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"Alcaraz ha da sempre alti e bassi": il racconto del suo primo coach

"A volte è come se si scollegasse dal match. Il tennis riflette ancora la sua personalità, quando dimenticava acqua e racchette in campo", ha ricordato genuinamente a dicembre Kiko Navarro, in un'intervista per Relevo. "La famiglia non ha sbagliato nulla con lui, e abbiamo sempre lavorato sull'idea di tenere i piedi per terra"

di | 01 aprile 2025

Un primo piano di Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

Un primo piano di Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

Negli ultimi tre anni, Carlos Alcaraz era sempre venuto fuori dalla tournée americana di marzo con almeno un titolo. Nel 2022 aveva vinto il suo primo Masters 1000 a Miami, mentre nei due anni successivi – fino alla semifinale persa la settimana scorsa da Jack Draper – è rimasto imbattuto sui campi dell’Indian Wells Tennis Garden.

Un torneo che sente particolarmente, e in cui non vincere, dopo aver rimontato lo svantaggio di un primo set perso 6-1, ha lasciato su di lui una certa negatività. Lo ha ammesso lui stesso, presentatosi in una versione piuttosto sbiadita poi in Florida, perdendo all’esordio, dal belga David Goffin.

Alla base di tutto c’è ancora quel rendimento altalenante con cui convive oramai da dopo la sconfitta (forse la più dolorosa di tutte nella sua giovane carriera) nella finale olimpica di Parigi 2024 contro Novak Djokovic. Certo, ad averli, i suoi alti e bassi, considerando che da lui è riuscito in ogni caso a vincere due ATP 500 come Pechino (ad ottobre) e Rotterdam (giusto un mese fa).

Alti e bassi che forse non ci si aspettava, considerando il folgorante inizio di carriera, con quattro Slam – e già almeno uno su tutte e tre le superfici – a 21 anni. Chi lo conosce, però, tende a normalizzare questi eventi senza apparente logica. Non perché vada giustificato o banalizzato, ma perché questo modo di fare, pur da correggere, è sempre stato parte di lui.

L’ha spiegato anche chi lo conosce bene, il suo primo coach al Real Sociedad Club de Campo de Murcia, Kiko Navarro, in un’intervista rilasciata dicembre per Relevo. “Nel tennis, sei un po’ come sei fuori dal campo. Da bambino, a volte, si distraeva un po’ troppo, anche per cose come portarsi le racchette o le bottiglie d’acqua in campo. Anche in partita a volte è come se si scollegasse dal match. È una cosa che ha migliorato, ma su cui ha ancora margine per crescere. Non era un ragazzo super disciplinato, ma alla fine era pur sempre un bambino. Doveva maturare”.

E dovrà ancora evidentemente farlo per trovare una continuità che – se vuol tornare in vetta al ranking come lui stesso ha dichiarato – è il suo grande rivale ad imporgli, Jannik Sinner. Il ragazzo col quale l’anno scorso si è equamente diviso i titoli dello Slam, ma senza una vera lotta nella classifica. In cui domina tutt’ora l’azzurro, numero 1 ininterrottamente dallo scorso giugno, e quasi sicuro di restarlo quando potrà rientrare – agli Internazionali BNL d’Italia – dopo l’accordo con la WADA per il “caso Clostebol”.

La forza di Alcaraz, comunque, resta il fatto di non montarsi la testa, di avere sempre i piedi ben saldi per terra, soprattutto grazie alla famiglia. “Il padre di Carlos – ha detto Navarro – è un tecnico molto preparato. Se avesse voluto, avrebbe potuto perfettamente seguire lui il figlio. Ha saputo farsi da parte, fare ogni passo al momento giusto. Quando aveva qualche suggerimento, non ne parlava mai con il figlio, ma con me. E quando siamo andati a Villena, nell’accademia di Juan Carlos Ferrero, pur non venendo quasi mai, voleva sapere tutto. A casa – ha poi proseguito – sapeva come non parlare di tennis, permettendo al figlio di staccare un po’ la spina”.

Da sinistra verso destra la famiglia di Carlos Alcaraz: la madre Virginia, i fratelli Alvaro e Jaime ed il padre Carlos Sr. (Getty Images)

Da sinistra verso destra la famiglia di Carlos Alcaraz: la madre Virginia, i fratelli Alvaro e Jaime ed il padre Carlos Sr. (Getty Images)

La sua casa, Murcia, è da sempre un’isola felice. Soprattutto perché, allora come oggi, Alcaraz è timido e impacciato davanti alle telecamere. “Era un ragazzo molto semplice, molto legato ai suoi amici, alla sua gente, e per questo ama stare qui, per frequentare la gente di sempre. Ma non c’è grande differenza con il Carlos di oggi”, ha commentato Navarro.

“È una cosa su cui ho lavorato molto con lui e di cui vado molto orgoglioso. Oltre alla parte tennistica, c’è quella umana. Io già intuivo che sarebbe stato speciale, ma di sicuro non così in fretta. Però parlavo sempre con lui del fatto che dovesse tenere i piedi per terra, restare vicino alla sua gente, mantenere le sue radici. Quando sei in alto, ti si avvicina gente che non fa parte del tuo ambiente, gente famosa che vuole starti vicino. Ecco, anche lì gioca un ruolo fondamentale il team e, ovviamente, la famiglia. E secondo me, per ora, lo stanno gestendo molto bene”.


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