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I dolori del giovane Alcaraz: con Lehecka un'altra sconfitta insolita

Lo spagnolo, nei quarti di finale a Doha, ha perso un match in cui era avanti di un break nel terzo set e in cui tutte le statistiche erano a suo favore: "Non sapevo cosa fare di più, il merito va a Lehecka"

di | 21 febbraio 2025

Alcaraz vicino alla rete (Getty Images)

Alcaraz vicino alla rete (Getty Images)

A sminuire la sconfitta di Carlos Alcaraz (n. 3 ATP) nei quarti di finale dell’ATP 500 di Doha, parlando delle sue difficoltà nel trovare continuità, si farebbe un torto alla grande prestazione di Jiri Lehecka, oggi n. 25, eppure già n. 9 nella Race per il 2025. Eppure, il tema riguardante lo spagnolo resta interessante.

Anche con un pizzico di frustrazione, da parte sua, per aver perso due set ieri, il primo ed il terzo, in cui si era portato ambedue le volte avanti di un break prima di subire il rientro del ceco. Le principali statistiche del 63 36 64 di ieri sono tra l’altro tutte a favore della testa di serie n. 1 del Qatar Exxon Mobil Open, che in Medio Oriente arrivava dopo la vittoria di due settimane fa sul cemento indoor dell’ABN Amro Open di Rotterdam, anch’esso ATP 500.

I vincenti dicono 32 a 18 per l’iberico, i gratuiti 25 a 36. Ha messo anche più prime in campo (71% a 63%), e avuto un rendimento migliore sia con quest’ultime (74% a 73%) che con le seconde (41% a 36%). Numeri che, a leggerli, si comprendono perfettamente le parole del ragazzo di Murcia nella conferenza stampa dopo la sconfitta.

“Ho parlato con la mia squadra, con il mio allenatore e, sinceramente, non so cosa avrei potuto fare di più. Probabilmente in alcune occasioni avrei potuto servire meglio, oppure in alcuni scambi in cui non sono riuscito a giocare bene. Sinceramente non lo so. Immagino di essere condizionato ora, ma ma devo dare tutto il merito a Jiri perché, quando era sotto 4-2 nel terzo set, non si è mai arreso”.

Non si è arreso neanche sulla palla del doppio break, che avrebbe spedito Alcaraz sul 5-2: “Penso che sia questo che rende il tennis uno sport davvero difficile. Alla fine, in partite come questa, un punto può fare la differenza. Sul 4-2 del terzo set, sulla palla break, si è deciso tutto per pochi centimetri, cosa che avrebbe potuto cambiare completamente l'esito della partita. Poi, già sul 4-3, ha iniziato a giocare un tennis fantastico”.

“Stavo rispondendo piuttosto bene, in modo molto aggressivo e senza errori, non ho quasi mai sbagliato – ha continuato -, quindi è questo che devo imparare. La prossima volta, quando la partita arriva nei momenti più caldi, dovrò semplicemente continuare a giocare, soprattutto mantenendo un servizio solido”.

Sul parziale di 4-0 a fine match in favore di Lehecka, pesano infatti i due break consecutivi subiti dal tennista classe 2003, che con aveva invece più concesso chance dal secondo set in poi. Nell’ultimo game, si era anche trovato avanti 30-15, ma tre risposte velenose dell’avversario gli hanno piegato la racchetta o l’hanno colto fuori posizione all’uscita dal servizio.

Una rimonta piuttosto cocente, quella subita nel set decisivo, che conferma una difficoltà recente, da parte dell’ex n. 1 del mondo, nel ribaltare i match più corti (al meglio dei tre set) dopo aver perso il primo parziale. Secondo il sito ATP, ha vinto 30 match su 75 (40%) dopo aver perso il primo set, ma il parziale nei match al meglio dei tre set, dal 2024 ad oggi, parla di un 3 su 12 (25%).

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Le ultime rimonte sono contro Jannik Sinner (la finale a Pechino e la semifinale di Indian Wells) e contro Matteo Arnaldi (ancora in California). Sette delle nove sconfitte, invece, sono arrivate senza neanche riuscire a portare la partita al terzo. Ci era riuscito, l’ultima volta, contro Ugo Humbert (nel Masters 1000 di Parigi-Bercy), tradito anche in quel caso nell’ultimo turno di battuta.

Il duro lavoro è l’unica ricetta vincente, a questi livelli, ma per Alcaraz – prima ancora che tennistica – la questione è ancora relativa alla gestione delle energie mentali e, forse, ad un po’ di tensione quando affronta avversari che – come nel caso di Lehecka e di Humbert – hanno l’inerzia dalla loro.

Niente di drammatico, s’intenda. Umane difficoltà alle quale, quando si parla di campioni, non si è più abituati dopo 15 anni di cannibalismo targato “Big Three”. Ma, in fin dei conti, è questo che attualmente marca la differenza, netta, in favore di Sinner in termini continuità e di conseguenza anche in classifica.

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