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La madre e manager del tennista danese ha auspicato una revisione delle procedure: "I tre mesi citati dall'accordo e l'anno intero per tutta la vicenda. Un atleta non può restare troppo tempo in attesa per analisi che riguardino quantità infinitesimali"
di Samuele Diodato | 28 febbraio 2025
Il "caso Clostebol", dopo l'accordo tra Jannik Sinner e la WADA, è definitivamente chiuso, e l'italiano potrà tornare regolarmente in campo per gli Internazionali BNL d'Italia. Continuano, però, le diverse reazioni dal mondo del tennis. E tra chi chiede protocolli più chiari alle istituzioni, c'è anche Aneke Rune, mamma e manager di Holger, il numero 13 della classifica ATP.
Queste le sue parole in un'intervista rilasciata al danese "Ekstra Bladet": "Personalmente ritengo che i tre mesi citati nell'accordo siano troppi, così come l'anno intero che ha portato allo sviluppo e alla conclusione della vicenda, anche se non conosco alla perfezione i dettagli per dire se tutto sia stato ragionevole o meno".
"Se si legge un po' di più sul Clostebol - ha esordito - ci si rende conto di quanto sia spaventosamente facile trasmetterlo ad altre persone se è stato utilizzato da terzi. Questa, secondo me, è la cosa più terrificante di questo caso. Pensa a quanti fan saluti, a quante superfici tocchi o altre cose".
È sostanziale, la differenza, quando si tratta di trasmissione di sostanze via terzi, secondo Aneke. "In queso caso - ha detto - andrebbero considerati dei valori limite inferiori, perche altrimenti i giocatori diventerebbero nevrotici. Il Clostebol è ormai disponibile dietro prescrizione medica nella maggior parte dei Paesi, pertanto il rischio di trasmissione è minimo. Ma non in Italia. Potrebbero esserci anche altre sostanze che vengono facilmente trasmesse, ed è quindi importante rispettare i valori limite inferiori, in modo che gli atleti non finiscano per isolarsi completamente".
"Gli atleti vanno tutelati, non possono starsene seduti isolati da tutte le persone e mangiare banane biologiche tutto il giorno per paura che un test riveli quantità infinitesimali di una qualche sostanza", ha poi affermato. Dicendosi quindi contraria all'epilogo della vicenda, un po' come aveva fatto qualche giorno fa Toni Nadal, zio di Rafael, rivolgendosi a chi insinuava corsie preferenziali nella risoluzione del caso.
"Credo che la maggior parte delle critiche degli atleti riguardi il fatto che ci siano linee guida molto diverse nei singoli casi in cui si tratta di incidenti e non di doping intenzionale", ha continuato Aneke Rune.
In questo senso ha detto la sua anche sul problema delle tempistiche considerando prioritaria la tutela delle carriere degli atleti: "Non devono volerci più di un determinato numero di giorni per confermare se c'è stata o meno una contaminazione, in modo che gli atleti possano riprendere rapidamente la loro carriera e non restare a casa per un anno perché qualche impiegato armeggia con alcune analisi con 0,000000001 mg", ha concluso.
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