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Intervenuto alla presentazione del libro "La mia vita. Se piove rimandiamo", biografia della leggenda del tennis azzurro scritto dal giornalista Paolo Rossi, il presidente della Fitp rievoca il suo primo incontro con Pietrangeli sottolineandone il ruolo cruciale nella ricostruzione della Federazione
di Ronald Giammò | 16 novembre 2023
La memoria per riconnettersi col passato, lo sguardo a cercare di decifrare e catturare il presente, il cuore già proiettato verso il futuro. E' stata una presentazione coerente con lo spirito di queste Nitto Atp Finals, quella di "Se piove rimandiamo. La mia vita", biografia di Nicola Pietrangeli scritta dal giornalista di Repubblica Paolo Rossi ed edita da Sperling&Kupfer, svoltasi questo pomeriggio a Casa Tennis all'interno della Cupola geodetica allestita in piazza Castello.
Novant'anni vissuti tutti d'un fiato, senza mai voltarsi indietro, impegnandosi e vincendo - certo - coltivando quanto basta il proprio talento senza mai per questo tradire il proprio carattere. Curioso, cosmopolita, affabile e generoso, con gli altri e con la vita, in un turbillon di eventi tanto rocamboleschi quanto veri che da un barcone partito da Tunisi approderà a Roma e da lì proseguirà portando il nostro ai quattro angoli del mondo. Esportatore di stile e di bel gioco, giovialità e voglia di divertirsi. Il tutto senza prendersi troppo sul serio, che si trattasse di una finale Slam o di un appuntamento clandestino con qualche ballerina del Crazy Horse. Prendere o lasciare, non c'è professionismo che tenga. Così come non c'é stata cifra capace di corrompere quell'approccio da esteta scanzonato al gioco e alla vita. Questo è stato Nicola Pietrangeli, e così ci viene restituito senza filtro dalle pagine scritte da Paolo Rossi, maturate all'inizio di quest'anno dopo un corteggiamento che ormai durava da tempo.
Intervenuto nel corso della presentazione, il presidente della FITP, Angelo Binaghi, ha ricordato il momento in cui conobbe per la prima volta Nicola Pietrangeli: "Sono stato uno dei raccattapalle di Nicola, è una delle cose a cui sono più affezionato tra quelle che figurano nel mio cuirriculum: aver fatto il raccattapalle di un mito. Ero in Sardegna, lì Pietrangeli non si vedeva, erano tempi diversi e impensabili per oggi, non c'era internet. Era come se un mito fosse stato catapultato sotto casa nostra. Quella è stata l'iniziazione".
Ma è un tributo, quello del presidente nei confronti della leggenda del tennis azzurro, che non si ferma agli anni della sua formazione, ma che affonda le sue radici in anni di febbrili di ricostruzione di un movimento intero: "Oggi siamo un po' disorientati da tutto questo benessere, da tutta questa visibilità. Come succede in tutti i momenti di grande esuberanza è partito il momento delle passerelle, quello in cui grandi personaggi d'improvviso parlano di tennis, tutta gente fulminata sulla via di Damasco - ha sottolineato Binaghi dal palco di Casa Tennis - Ma la verità è che quando c'era da rimboccarsi le maniche, la nostra stella polare è sempre stata Nicola Pietrangeli. Non solo perché è stato il tennista più forte del nostro sport, ma perché abbiamo provato a costruire la nostra Federazione a sua immagine e somiglianza: sani principi, parlarsi in modo schietto. E voglio ricordare che di tutti quelli che oggi sono qui a parlare in televisione, non c'era nessuno quando andammo in Zimbabwe a perdere 5-0. Eravamo solo io e lui".
"Da là, piano piano, siamo riusciti ad arrivare a essere una federazione normale, a far crescere il nostro sport, con Nicola che per vent'anni è stata la stella cometa e di riferimento per la ricostruzione del tennis italiano".
Dopo tanti aneddoti e battute, con Pietrangeli a rievocare un passato molto diverso dal presente attuale, dove ai vincitori dei maggiori internazionali spettavano poche centinaia di migliaia di lire, ma non per questo meno importante in termini di risulati e peso dei trofei conseguiti, Binaghi è tornato a riflettere sullo stato di salute attuale del movimento e su quelli che dovranno essere i prossimoi obiettivi per consolidare lo status conquistato quest'oggi dalla federazione: "Dopo quasi vent'anni in cui quattro giocatori - Federer, Nadal, Djokovic e Murray - si sono spartiti quasi tutti gli Slam e i Masters1000, credo che la storia del nostro sport in Italia potrà cambiare se noi, adesso che abbiamo un grande campione con l'età giusta, riusciremo ad attestarci tra quei due o tre giocatori che conviene sempre seguire. Quest'anno, per esempio, andrò per la prima volta in Australia perché ogni momento potrebbe essere quello buono per la grande impresa".
E mentre lo dice, ecco partire l'applauso del pubblico informato della qualificazione appena ottenuta da Jannik Sinner per le semifianali delle Nitto Atp Finals grazie al set appena strappato da Hubert Hurkacz al n.1 del mondo Novak Djokovic. Non poteva esserci momento migliore per apprenderlo. La gioia non riceve mai su appuntamento.