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Il racconto della finale del Miami Open del 2005 tra Roger Federer e Rafa Nadal, di fronte per la prima volta in un match per il titolo nel circuito maggiore. Da quel momento la rivalità non sarebbe più stata la stessa
di Alessandro Mastroluca e Samuele Diodato | 28 marzo 2025
Butch Buchholz sognava a Miami un “Wimbledon d’inverno”. Qui il tennis ha vissuto la sua primavera di bellezza. Nel 2004 si è giocato qui il primo Federer-Nadal della storia. Un anno dopo, il 3 aprile del 2005, si gioca qui il primo “Fedal” in una finale ATP. Sarà anche il loro primo scontro al quinto set. Quel giorno Federer scopre di avere un grande rivale. E Nadal intuisce che potrà arrivare molto, molto in alto. Niente sarà più come prima.
“L'anno scorso avevo 17 anni. Penso davvero di aver giocato una delle mie migliori partite. Penso che i miei colpi e il mio servizio siano migliorati. Spero davvero di giocare lo stesso tipo di partita” ha detto Nadal alla vigilia della finale. Ha solo 18 anni ma ha già vinto il suo primo titolo ATP (Sopot 2004) e contribuito da protagonista al trionfo della Spagna in Coppa Davis: si è tolto anche la soddisfazione di battere il numero 2 del mondo Andy Roddick in finale. A Miami si presenta con altri due titoli in bacheca, sulla terra battuta in Sudamerica a Costa do Saouipe e Acapulco, da numero 31 del mondo.
21 years ago today ??
— Tennis TV (@TennisTV) March 28, 2025
The first-ever Fedal…????????#MiamiOpen pic.twitter.com/OAShie0lhp
Nel primo Slam della stagione, l’Australian Open, ha perso dall’australiano Lleyton Hewitt, battuto in finale da Marat Safin che aveva fermato Federer in semifinale, una delle più belle partite nella storia del torneo. Lo svizzero, numero 1 del mondo da febbraio 2004, ha già vinto quattro titoli nei primi tre mesi del 2005: Doha, Dubai, Rotterdam e Indian Wells. A Miami ha sofferto contro un coraggioso Zabaleta, poi ha eliminato Henman e Agassi in semifinale. “Nadal gioca con molto più spin, è uno dei giocatori con il diritto più arrotato nel circuito – commenta dopo la semifinale - Sarà una partita molto diversa”.
Anche la vigilia di Nadal è diversa. “Una partita contro avversari del livello più alto richiede una tensione differente rispetto a un match contro avversari di classifica inferiore, anche se dipende sempre dalla situazione. Rafa per esempio è molto nervoso nei primi giorni del Roland Garros” racconta Toni Nadal, zio di Rafa e suo coach per quasi tutta la sua carriera.
Una curiosa panoramica del centrale di Miami nel 2005 (Getty Images)
Entrambi scendono in campo con una bandana bianca per legare i capelli fluenti. Ma in comune hanno poco altro. Federer sfoggia un completo rosso con la manica destra nera, e pantaloncini neri. Nadal ha una canotta arancione che mette in luce i bicipiti e i pantaloni sotto il ginocchio, a pinocchietto.
Dal primo game Nadal sente che la tensione è quella giusta. Una partita che si mette subito in salita. Federer gioca due prime deboli e centrali di fila da sinistra e deve salvare una palla break. Costretto in difesa, manda lungo un rovescio e Rafa fa subito corsa di testa. Si vede già quello che sarà l’elemento costante dei loro confronti, la vulnerabilità di Federer sulla diagonale sinistra.
“La palla di Rafa rimbalza molto alta” analizza Federer a caldo in conferenza stampa dopo la finale. “Non gioca molto profondo, ma quando capisci che puoi attaccare la sua palla è troppo tardi perché ti ha già praticamente scavalcato. E a quel punto aggredire sarebbe troppo rischioso”.
Rafa Nadal in azione al Miami Open 2005 (Getty Images)
Contro Roger, ha detto Nadal con la chiarezza aggiuntiva che la visione a posteriori concede in una recente intervista al podcast Served, “la strategia era chiara. Lui provava a fare una cosa, io a farne un’altra. Forse per questo la nostra rivalità ha generato un appeal maggiore di quella tra me e Djokovic, anche se ci siamo incontrati più volte. Io cercavo di giocargli sul rovescio, e se giocavo incrociato era per due ragioni: o perché avevo bisogno di un vincente, o per allontanarlo dal centro del campo. Roger invece cercava di essere sempre aggressivo con il diritto, e non ho mai affrontato nessuno con un diritto migliore del suo. Era una partita a scacchi, la nostra strategia non era un segreto per nessuno”.
Nadal, in quel momento il finalista più giovane nella storia del torneo, allunga. Federer concede il secondo break con un doppio fallo. Lo spagnolo tiene il servizio nell’ultimo game del set e dopo mezz’ora è avanti 6-2. “Ero spaventato – ammette Federer nella conferenza stampa post partita – Non mi capita di perdere un set 6-2 tanto spesso”.
Federer ha qualche problema con la fasciatura al piede nelle prime fasi del match. “Niente di straordinario – spiega dopo la partita – solo si muoveva e ho preferito toglierla anche perché stavo sudando tanto, il piede prende fuoco quando giochi contro Nadal sul duro. Ma per fortuna non avevo dolore come all’Australian Open”. Anche se non ne aveva parlato in dettaglio e non aveva cercato giustificazioni, quel dolore al piede l’aveva condizionato nel quarto e nel quinto set della semifinale a Melbourne contro Safin.
Nel secondo set qualcosa cambia. Federer ottiene il primo break nel secondo game. Aggredisce di più con il diritto in lungolinea, muove maggiormente il gioco con lo sventaglio da sinistra, varia il ritmo con le palle corte. Sale prima 3-1 poi 5-2: in quel momento Nadal non ha ancora vinto un punto con la seconda al servizio. Eppure allo svizzero non basta per vincere il set.
Sul 5-3 30-30 ha una palla comoda, di quelle su cui per tutto il parziale si è avventato con il diritto lungolinea; ma stavolta gioca un colpo controllato su cui invece è Nadal a fiondarsi. Attacca contro il diritto di Federer, prende il comando e finisce per giocare il vincente. Un punto più in là piazza il contro-break. Si va al tie-break e sul 3-2 Nadal gioca il punto più bello, fino a quel momento, della partita, chiuso con un notevole rovescio corto lungolinea. Il maiorchino ha vinto meno punti nel parziale, ma è comunque avanti di due set. “Avevo buone sensazioni, ero avanti di due set. Ma penso sempre al punto successivo – ha detto Nadal -. Federer ha detto che avrebbe anche potuto vincere il secondo set, (e avrebbe potuto farlo) perché ha alzato il livello e messo più pressione”.
Federer intravede qualche spiraglio. “Dalla metà del secondo set avevo la sensazione che Rafa non stesse colpendo con la stessa forza. Anche se è riuscito comunque a vincere il set e in un paio di punti ha spinto in maniera incredibile” ha detto.
Rafa Nadal in tuffo durante la finale del Miami Open 2005 contro Roger Federer (Getty Images)
Federer col suo diritto invece spinge poco e male all’inizio del terzo. Nadal ne approfitta, gli toglie l’iniziativa, lo fa giocare in difesa già dal primo colpo dopo il servizio grazie alle sue risposte profonde che saltano alte. Dopo due ore di partita, è avanti 62 76 41 15-15. Una donna nel pubblico urla qualcosa e interrompe il movimento di Federer. Lo svizzero le lancia un’occhiata fredda, tagliente, poi si rimette a battere. E si rimette ad aggredire. Ottiene il contro-break (4-3) ma nel game successivo è di nuovo sotto pressione: soprattutto è sotto 0-30. Tira un diritto lungo di diversi centimetri che però il giudice di linea non chiama fuori. “Era fuori, ma il giudice di sedia ha detto che era buona” commenta Nadal, che non fa drammi anche se ha perso ingiustamente il punto con cui aveva di fatto guadagnato tre palle break consecutive per andare a servire per il titolo.
Roger Federer lancia a terra la racchetta durante la finale contro Rafa Nadal al Miami Open del 2005 (Getty Images)
Certo il coraggio non gli manca. Sul 4-4 è lui a dover salvare una palla break e lo fa con una scelta inattesa, un servizio alla T da sinistra. Terrà il turno di battuta ai vantaggi. Il game si chiude con Federer che prima attacca con un diritto al volo dal centro, poi stecca uno smash che finisce lungo di almeno mezzo metro. Mentre Rafa esulta e si batte il pugno sul petto, Federer scaglia a terra la racchetta.
“Ero molto deluso, stavo mancando un’opportunità dietro l’altra, ne avevo abbastanza. L’ho lanciata forte, probabilmente mi ha fatto bene, mi ha dato una svegliata” ha raccontato. Il game successivo l’ha iniziato con una racchetta nuova. “Non era rotta, ma le corde erano usate: per questo ho deciso di cambiarla” ha raccontato. Nadal non è impressionato, ma incoraggiato sì. “Ho giocato contro tanti avversari che hanno lanciato racchette – ha detto dopo il match – Certo è strano vedere Federer farlo. A quel punto ho pensato di essere più vicino alla vittoria”.
Si va al tie-break e Federer, di nuovo, rincorre in salita. Commette un doppio fallo e un altro errore, va sotto 0-3 e con due mini-break da recuperare. Nadal ha la possibilità di allungare 5-0, di fatto chiudere la partita o quasi, ma non mette il colpo del ko. Sul 5-3 Nadal, Federer tira un diritto che rimbalza per pochi millimetri sulla riga. “Roger è il numero 1, no? Sa vincere queste partite” dirà Nadal dopo il match. “Avevo buone sensazioni, stavo giocando bene, sentivo di avere la possibilità di vincere. Ma nei momenti importanti Roger ha giocato bene” ha aggiunto.
Lo svizzero, forte del 55% di punti vinti al servizio con la seconda e una rinnovata fiducia nel suo diritto, allunga la partita e mette le basi per una delle più memorabili rimonte della sua carriera. “Mi sentivo sotto pressione da fondo fin dall’inizio del match e provavo a forzare i miei colpi. Poi ho cominciato a rilassarmi, a preparare i colpi in maniera più sciolta e ha funzionato – ha spiegato Federer dopo la finale – Gli scambi hanno iniziato ad andare in maniera diversa e dal terzo set ho iniziato a servire anche meglio”.
Miami Open 2005, il diritto di Roger Federer (Getty Images)
Dal 50% del terzo set, Federer passa al 69% di prime in campo nel quarto, in cui non concede nemmeno una palla break. Lo svizzero si apre il campo con il servizio e si crea le condizioni per attaccare con il colpo successivo. È proprio un lungolinea di diritto a permettergli di trasformare la palla break che decide il parziale. Federer chiude 6-3 un set mai davvero in discussione e rimanda al quinto il verdetto sulla finale show, forte dell’89% di punti al servizio nel set. “Il mio bilancio al quinto non è proprio il migliore possibile – ha detto dopo il match – ma non ero preoccupato, speravo solo che questa volta le cose sarebbero andate diversamente”.
A Miami non si vedeva una finale decisa al quinto set dal derby statunitense del 1985. Allora Tim Mayotte recuperò due set di svantaggio e riuscì a battere Scott Davis. Vent’anni dopo, a Nadal non basteranno due set di vantaggio per alzare il trofeo. “Nel quarto e nel quinto ho perso potenza. Fino al terzo set avevo buone sensazioni, stavo giocando bene. Roger ha giocato bene i punti importanti. Quando mi ha fatto il break nel quinto, ho capito di aver perso”.
Un primo piano di Rafa Nadal durante la finale del Miami Open 2005 (Getty Images)
È la chiave di volta. Nadal sente che la grande occasione gli è sfuggita di mano. “Ho iniziato a pensare che Rafa potesse essere stanco a quel punto, e per quello non avrebbe potuto giocare come avrebbe voluto – ha commentato Federer – Anche se con lui non puoi mai abbassare la guardia perché può tirare un vincente ogni volta che colpisce di diritto”.
Ma la strada è segnata. Federer, che si era trovato sotto di due set e di un break, rimonta e vince 2-6, 6-7(4), 7-6(5), 6-3, 6-1. “Quella partita mi ha dimostrato che avevo grande carattere in campo, ho imparato tanto su me stesso quel giorno” ha detto lo svizzero anni dopo quella prima finale contro Nadal.
Anche per il giovane maiorchino, pur battuto per la seconda volta su due in finale sul duro nel circuito ATP, le cose cambiano dopo quel match. “Oggi ho fatto bene molte cose. Il servizio è forse l’aspetto su cui sono migliorato di più. Devo migliorare ancora la gestione degli scambi dopo il servizio, il controllo dei colpi” ha ammesso.
Lo zio Toni, suo coach per quasi tutta la carriera, vede a posteriori quella finale come una rivelazione. “Prima del match pensavo che Roger fosse troppo forte per Rafa, credevo che batterlo sarebbe stato impossibile. Rafa invece ci era andato molto vicino e in quel momento ho capito che era lì”. Che era al livello dei grandissimi, pronto a diventare come loro, uno di loro.
L'esultanza di Roger Federer dopo la vittoria a Miami nel 2005 (Getty Images)
“Poi, quando siamo arrivati alla stagione sulla terra battuta, Rafael ha iniziato a giocare bene. Ha vinto a Monte Carlo, battendo Coria, ha battuto Gasquet in semifinale – una partita molto difficile. Poi siamo andati a Roma e Barcellona. Ha sconfitto Ferrero a Barcellona e di nuovo Coria a Roma – ha ricordato a Eurosport -. E in quel momento sapevamo che Rafael era uno dei migliori sulla terra battuta, se non il migliore. Poi, quando siamo arrivati a Parigi, pensavamo di poter vincere il torneo”. Andrà esattamente così. Dopo la finale di Miami, come ha scritto Nadal nel suo libro, “la mia carriera è decollata”.
Federer sarebbe rimasto numero 1 ininterrottamente ancora per altri tre anni, fino a raggiungere le 237 settimane consecutive in vetta alla classifica, ancora oggi un record imbattuto. Avrebbe incontrato Nadal in altre 23 finali, un di queste ancora a Miami nel 2017. Avrebbe vinto di nuovo, con meno pathos, e completato il suo terzo Sunshine Double. Di sicuro, quella finale ha trasformato la rivalità che ha cambiato un’epoca nel tennis mondiale.
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