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Tutto Sinner dalla A alla Z

Dalla "A" di Alcaraz alla "Z", sigla della generazione che guida e che a lui guarda come modello. E poi ancora Davis, Finals, Milan per finire con....Uno

di | 09 giugno 2024

Una grintosa esultanza di Jannik Sinner all'Australian Open (Getty Images)

Una grintosa esultanza di Jannik Sinner all'Australian Open (Getty Images)

Australia: terra dell'Happy Slam e sede, per sempre felice, della sua prima affermazione in sede Slam. Il titolo vinto a Melbourne in rimonta contro Daniil Medvedev - e dopo aver schiantato Novak Djokovic in semifinale - è solo l'ennesimo acuto giunto al termine di cinque mesi che dal successo di Toronto l'hanno portato fino alla finale delle Atp Finals e alla prestazione impeccabile offerta in Coppa Davis. Un titolo che non è un traguardo, quanto invece un trampolino da cui lanciarsi verso quei nuovi obiettivi che non tarderanno ad arrivare.

Bergamo: sede del suo primo titolo Challenger nel 2019. Batte Miedler, Caruso, Galovic, Quinzi, Lamasine e Marcora e diventa il primo giocatore classe 2001 a vincere un Challenger.

Cahill: l'innesto, l'uomo in più, lo sguardo che mancava, la parola giusta al momento giusto, la presenza tranquilla, un'esperienza su cui poter fare affidamento per limare dettagli e acquisire sicurezza, categorie invisibili a cui il mite australiano sa offrire risposte e sponde, idee e suggerimenti, continuando ad alimentare "quella tigre che Jannik ha dentro e che vuole solo la vittoria".

Davis: lontani i giorni di settembre, quando anziché scendere in campo a Bologna nella fase a gironi della competizione preferì prendersi una sosta per fare il pieno di energie per il suo gran finale di stagione. Mai assenza fu più azzeccata, mai decisione più lungimirante. Vincitore a Malaga di tutti e tre i singolari giocati, l'altoatesino ha dato un contributo decisivo anche nel doppio trovando con Lorenzo Sonego l'intesa giusta e sublimando la sua settimana nel match vinto contro Novak Djokovic in semifinale contro la Serbia annullandogli ben tre match point.

Erba: era la superficie più ostile, quella meno conosciuta. Nel 2023 si presentò a Wimbledon avendoci giocato solo quattro match in carriera riuscendo a centrare i quarti di finale. Nel 2024 ci tornò memore di quanto fatto l'anno prima prolungando la sua permanenza a Church Road fino alla semifinale, ancora persa contro il serbo in una partita che lo rinfrancò dal punto di vista dei progressi fatti sul verde. Quest'anno dopo il titolo a Melbourne e la semifinale di Parigi, l'obiettivo è provare a ripetersi anche a Londra.

L'esultanza di Jannik Sinner all'Australian Open (Getty Images)

Finals: l'anno scorso lo dichiarò da subito: erano il grande obiettivo della sua stagione. Raggiunto in anticipo e vissuto da grande protagonista, scaldando il pubblico della Inalpi Arena colorato d'arancione e d'azzurro e battendo tutti i rivali incontrati sul suo cammino fino a una finale persa contro Novak Djokovic. Sfumato il titolo, restò però forte la sensazione di poter finalmente sfidare a viso aperto tutti i suoi avversari, anche quelli contro cui aveva solo perso fin lì in carriera. Per la definitiva consacrazione sarebbe stata ormai solo questione di tempo. 

Grand Slam: a 22 anni ha un titolo Slam (Australia) e due semifinali (Wimbledon e Parigi). Ha giocato almeno i quarti di finale in tutti e quattro i Major e affronta ormai questi tornei con la consapevolezza - al di là della superficie - di potervi arrivare fino in fondo. 

Hanspeter: il papà. Siglinde, la mamma. Entrambi i genitori lavorano in Val Fiscalina, presso il rifugio Fondovalle (Talschlusshütte), in qualità di chef e cameriera. Da quest'anno il padre è entrato come cuoco nel suo team: "E' rimasto 40 anni in cucina, 20 al rifugio. A lui piace, cucinare è la sua vita. E io mi sento felice: sono andato via di casa a 14 anni, abbiamo passato troppo poco tempo insieme. Così proviamo a recuperare".

Infortuni: lievi, ricorrenti, fastidiosi. L'anca, il ginocchio, le vesciche e altro ancora. Il suo 2022 fu una rincorsa verso una forma mai raggiunta. Si mormorò di una fragilità congenita. Era solo una fase d'assestamento: fisico e risultati oggi sono lì a dimostrarlo.

Lavoro: la parola chiave di tutta la sua storia.

Milan: il calcio come passione, come lo sci, praticati fino all'adolescenza prima di scegliere il tennis. Ma è un imprinting che gli è rimasto e che non rinnega, come i colori rossoneri di cui è gran sostenitore.

Novak Djokovic: era l'ultimo ostacolo, l'ultima prova da superare per lanciare la sua sfida al mondo. Ma dopo quanto accaduto tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 ora Novak Djokovic non fa più paura. Dopo averlo battuto nella fase a gironi delle Atp Finals del 2023 (cui seguì la sconfitta nella finale del torneo per mano dello stesso serbo), Sinner a Malaga nella semifinale di Coppa Davis offrì un bis sensazionale diventando il primo giocatore ad esser mai riuscito ad annullargli tra match point consecutivi. Due mesi dopo in Australia, l'altoatesino offrì forse la sua miglior prestazione del torneo surclassando l'allora n.1 del mondo in quattro set, di cui i primi due giocati in completo controllo del gioco. Ora che il tempo ha fatto il suo lavoro e a quei match si può tornare a guardare dalla giusta distanza, non è un azzardo considerarli come le vere prime crepe inflitte a uno status quo fin lì considerato inattaccabile. 

Ospite: restio alle apparizioni pubbliche, geloso della sua vita privata, lo abbiamo visto a Che Tempo che Fa nel 2019, di recente alla Milano Fashion Week.

Jannik Sinner con il trofeo del Masters 1000 di Toronto 2023 (foto Getty Images)

Ospite: restio, timido, riluttante alle ospitate tv. Dopo il successo in Davis si è concesso rapidamente alle telecamere di "Che Tempo che fa" salvo poi declinare l'invito della stessa Rai per presentarsi al Festival di Sanremo. Non era scontato. "Devo allenarmi", disse giustificando il suo rifiuto. 

Piatti: il primo coach, la full immersion, lì dove tutto è iniziato: "Quel viaggio, man mano che ci avvicinavamo alla Liguria cominciai a piangere. I primi tre, quattro giorni furono davvero duri, poi cominciai ad adattarmi, anche molto velocemente: imparai a far la spesa, la lavatrice, le cose semplici che servono per sopravvivere. Mi adattai come faccio in campo, no?”

Quinto: primo numero uno del mondo nella storia italiana, Sinner nel novembre del 2021 è stato anche il quinto giocatore italiano ad essere entrato in top10 nell'era Open. Prima di lui c'erano riusciti Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Fabio Fognini e Matteo Berrettini.

Roma: è il grande appuntamento che ancora gli manca, la consacrazione di fronte al suo pubblico. Ed era questo uno dei suoi obiettivi di questa stagione: presentarsi agli Internazionali BNL d'Italia cercando di disputare un grande torneo, condizione da sempre proibitiva per i tennisti azzurri quando chiamati a far bene tra le statue e i cipressi del Foro Italico. E invece l'appuntamento è stato ancora una volta rimandato per via di un infortunio all'anca che lo ha costretto a dare forfait. Nel giorno dell'annuncio Sinner aveva la faccia triste della delusione, gli occhi preoccupati per un futuro immediato ora a rischio e nel cuore la voglia di rivincita che non tarderà a soddisfare.

Sofia: la città del suo primo titolo Atp, novembre 2020, in finale supera al tie-break del 3°set Vasek Pospisil. Per arrivarci servirono le vittorie contro Fucsovics, Huesler, De Minaur e Mannarino. Ci riuscì da n.44 del mondo

Toronto: è qui che è arrivato l'anno scorso il primo e tanto atteso trionfo in un Masters1000. La sua rincorsa prese il via col primo derby giocato contro Matteo Berrettini, e da lì proseguì con le vittorie contro Monfils, Paul e De Minaur (ancora lui). L'australiano, dopo la sconfitta in Canada, è poi stato battuto altre due volte dall'azzurro: nella finale di Coppa Davis e nella finale dell'Atp500 di Rotterdam.

Lo staff di Jannik Sinner. A destra in piedi Darren Cahill e accanto Simone Vagnozzi. Seduti in prima fila Giacomo Naldi (primo a sinistra) e Umberto Ferrara (Getty Images)

Uno: Basta la parola.

Vagnozzi: la decisione di ingaggiarlo come suo nuovo coach nel febbraio del 2022 colse tutti di sorpresa, quanto l'addio al suo mentore Riccardo Piatti. Ma fu uno strappo ragionato, fatto con la lucidità di chi già sapeva traguardarsi al futuro con la consapevolezza di poter dire la sua a questi livelli e la volontà di uscire dalla propria comfort zone per esplorare fino in fondo le proprie potenzialità.   

Washington: primo teenager a trionfare nella storia del torneo, da n.24 del mondo, un Atp500 conquistato nel 2021 dopo aver battuto ben quattro americani lungo il suo cammino: Korda, Johnson, Brooksby e McDonald, sconfitto in finale in tre set. 

Zeta: come la generazione che ha in mano il futuro del tennis italiano e che continua a crescere alle sue spalle. E non solo. E' uno scenario a cui raramente si era assistito, così come la profondità di cui gode oggi l'intero movimento. Scriveva David Foster Wallace: "Il talento non è riproducibile, ma l'ispirazione è contagiosa". Al futuro la risposta.

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