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Ospite di Tennis Talk, l'italiano racconta la settimana vissuta a Rotterdam dove è riuscito a centrare la sua prima semifinale in carriera sul circuito Atp battendo lungo il cammino ben due top player
11 febbraio 2025
Settimane e settimane a rincorrere la top100, e ancora altre settimane a ronzarci intorno, in attesa del risultato che spalancasse lui le porte di una nuova classifica e con lei nuovi orizzonti verso cui fare rotta. Alla fine tanta ostinazione è stata ripagata e a Rotterdam Mattia Bellucci è riuscito a centrare la sua prima semifinale sul circuito Atp. Per approdarci è dovuto partire dalle qualificazioni, e da lì farsi largo in un tabellone che tra ottavi e quarti lo ha visto opposto in successione a Daniil Medvedev e Stefanos Tsitsipas. Risultato: due vittorie (la prima contro un top10, quella ottenuta contro il russo) e la sensazione nuova e fresca di aver trovato un interprete difficilmente catalogabile, imprevedibile ed efficace.
"Torno da Rotterdam con un sacco di emozioni positive nonostante l'ultima partita sia stata difficoltosa - ha dichiarato Bellucci a Tennis Talk - Mi sono trovato per la prima volta ad affrontare emozioni incredibili vincendo contro dei top10: diciamo che porto a casa oltre a informazioni importanti anche un bagaglio di emozioni significative".
A vederlo giocare, con i suoi rivali tanto spiazzati quanto increduli nel dover costantemente trovare risposte adeguate ad un gioco che pareva seguire uno spartito tutto suo, l'impressione è che Bellucci intrattenga più che competere. Finito di stropicciarsi gli occhi, ci si accorge invece di come dietro al luccichio dei suoi colpi si nasconda invece una strategia in grado di fiaccare tanto i muscoli quanto la volontà dei suoi rivali. Sbattuto avanti e indietro ai due angoli del campo, alla fine Daniil Medvedev si è arreso lanciando la sua racchetta verso il soffitto del palazzetto olandese.
"Il divertimento in campo è sempre stata una parte fondamentale - ha confessato ancora l'attuale n.92 del mondo - Nell'allenamento la sfida è portare avanti quel che mi era stato richiesto, e in quelli a ridosso della partita, contro alcuni sparring, cercavo di rendere tutto più sincrono ricercando pochi obiettivi con idee chiare perché una mia difficoltà è la capacità di concentrazione: delle volte esco dall'obiettivo perché mi concentro solo sul risultato. Questa è stata la sfida e a Rotterdam siamo riusciti a farlo meglio, ma ciò non significa che l'obiettivo sia stato centrato".
Conosci te stesso. E Mattia Bellucci è onesto nell'ammettere il suo tallone d'Achille. Una consapevolezza che lui stesso rintraccia in "un periodo in cui il risultato era diventato un'ossessione, ma con un po' più di divertimento in campo e seguendo la richiesta del mio allenatore di non guardare il ranking siamo tornati a esprimerci a un buon livello".
Riconoscere, comunicare, intervenire. Un lavoro che non sarebbe stato possibile svolgere se al suo fianco non ci fosse stata una persona di cui fidarsi al 100%: "Penso sia molto importante avere con me un allenatore che mi conosce così bene (coach Fabio Chiappini, ndr) e credo che a livello comunicativo siano stati compiuti step importanti: non è stato facile all'inizio, mi sono trovato in difficoltà, in alcuni casi avevo paura del giudizio, il mio percorso con Fabio è stato caratterizzato dal mio affidarmi al 100% e questo ha determinato tanta serenità". Nell'abbraccio che i due si sono scambiati dopo la vittoria contro Mees Rottgering al primo turno c'era molto, molto di più.
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