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L'austriaco si arrende alla grandezza dei due giovani: "Spero che Zverev riesca a vincere uno Slam, ma oggi riuscirci è anche più difficile rispetto a cinque anni fa". E sul ritiro dice: "Non volevo lasciare, ma il tennis non mi manca"
di Samuele Diodato | 04 aprile 2025
“Non ho mai voluto staccarmi dal tennis, ma sono anche felice di essere a casa, di aver passato finalmente un inverno al freddo”. Si può riassumere così, la nuova vita di Dominic Thiem, ritiratosi a 31 lo scorso ottobre dopo un infortunio al polso che ha condizionato irrimediabilmente i suoi ultimi quattro anni di carriera.
In un’intervista esclusiva per Tennis Magazin, l’austriaco – campione dello US Open 2020 ed ex n. 3 ATP – ha fatto capire che in condizioni normali, probabilmente, giocherebbe ancora. Eppure, prendendo coscienza di quella che era da tempo la sua situazione, ora si è tuffato nel nuovo capitolo della propria esistenza senza troppa amarezza. Il tutto senza perdere di vista quello che è il tennis di oggi, partendo della rincorsa al titolo Slam del suo amico di infanzia Alexander Zverev fino a paragonare Jannik Sinner e Carlos Alcaraz a Roger Federer e Novak Djokovic.
Oggi, il tennis ha uno spazio marginale nella sua vita, pur non avendone perso il minimo interesse. “Ho giocato un’esibizione, ma se colpisco palline per più giorni di fila il mio braccio torna ad irrigidirsi”, ha detto. “Il tennis, comunque, non mi manca troppo: a gennaio, mio fratello era in Australia per seguire alcuni ragazzi nel torneo juniores, ma io ero felice di essere a casa”.
Dominic Thiem, la storia della carriera
Da spettatore, però, ha le idee piuttosto chiare, anche e soprattutto quando parla dell’amico Zverev, con il quale per anni ha battagliato nell’era dei Big Three. Parlare del tedesco, avversario nella finale vinta allo US Open, è servito a Thiem anche per rivolgere un complimento a Sinner e Alcaraz: “Spero che Zverev riesca a vincere uno Slam. Ha avuto una carriera troppo importante per non esserci mai riuscito. La verità è che senza Big Three tutti dicevano che sarebbe stato più facile vincere, ma per farlo bisogna oggi battere almeno uno tra Sinner e Alcaraz, se non entrambi. Oggi, però, loro due sono difficili da battere come Djokovic e Federer ai loro tempi”.
Il focus più importante dell’intervista, tuttavia, ha riguardato la sua nuova vita dopo il ritiro. “Mi sono davvero goduto Vienna”, ha detto, ricordato il tributo ricevuto nell’ultimo giocato, l’ATP 500 nella capitale austriaca. “Devo anche essere onesto: non avevo più il livello altissimo di un tempo, ma Vienna è stata semplicemente speciale, perché sono venute tante persone che non vedevo da una vita, anche molte leggende del tennis o di altri sport. Alla fine però ero anche contento che fosse finita”.
Il quadro clinico relativo al polso, d’altronde, era complicatissimo, e per certi versi lo è tutt’ora: “Ci sono stati periodi in cui andava meglio, poi momenti in cui tutto sembrava andare malissimo, e poi ancora fasi in cui giocavo bene e riuscivo a battere avversari davvero forti. È stato un po’ il filo conduttore della fase finale della mia carriera: mi mancava la giusta sensibilità per colpire la palla nel punto giusto. Non so se fosse una cosa meccanica, mentale o legata a un nervo del polso - ha spiegato -. Avrei potuto operarmi, ma sarebbe stato alquanto invasivo, quindi sono convinto di aver fatto la scelta giusta”.
“L’importante – ha proseguito - è convivere con il fatto che non ci siano più i ritmi serrati della carriera del tennista. Non esiste uno sport con un calendario così fitto come il tennis. Tutti i viaggi, il jet lag, dormire solo in hotel, non essere mai a casa, sono tutti fattori che si aggiungono come stress. Un po’ più di tempo libero, una stagione un po’ più corta, avrebbe sicuramente senso. Tanti atleti di altri sport mi hanno detto di tenermi impegnato, altrimenti si cade in un ‘buco’”.
Le sue giornate ruotano intorno a diversi impegni, fra i quali il progetto della sua accademia e “Thiem Energy”, una società che si occupa di energia rinnovabile: “Ho passato tutta la mia vita a inseguire la mia passione: giocare a tennis. E ora vedo la stessa cosa nei giovani dell’accademia. Mettono tutta la loro energia per realizzare il sogno di diventare professionisti, e io voglio aiutarli in questo percorso. Ho fondato la mia azienda – ha concluso - per dare un piccolo contributo a evitare che il cambiamento climatico rivoluzioni le nostre vite e affinché la nuova generazione possa inseguire le proprie passioni così come ho potuto fare io”.
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