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Tommy Paul, l’americano diverso che brilla a Roma: ma lo sapete che è ”nato” sulla terra?

Il suo allenatore Brad Stine è un veterano del tennis che ha già trionfato al Foro Italico alla guida di Jim Courier. Ecco come ci racconta il protagonista a sorpresa dei quarti e il tennis moderno

di | 16 maggio 2024

Brad Stine, sembra proprio che il suo Tommy Paul sia un ottimo giocatore da terra rossa.

“Non ne sono così sicuro, non so se si possa dire che oggi sia davvero ottimo, però credo che abbia sempre avuto tutte le qualità per essere un ottimo giocatore sulla terra. Ha vinto i French Juniores e qualche anno fa ha giocato 4 set a Parigi contro Dominic Thiem quando “Dom” stava giocando il suo miglior tennis. E ha ottenuto dei buoni risultati tutto sommato”.

 

Nelle ultime stagioni però queste qualità sul rosso non si erano viste.

“Ha davvero fatto fatica, abbiamo cercato tanto di lavorare per renderlo più aggressivo e reattivo. Nelle ultime due stagioni è stato più impaziente, non aveva tutta questa voglia di giocare punti lunghi, voleva vincere gli scambi nello stesso modo in cui giocava indoor sul cemento o sull’erba. E chiaramente non è possibile sulla terra”.

 

Allora come spiega i quarti di Roma?

“Quest’anno ci siamo davvero concentrati sul prendere decisioni migliori che ti fanno faticare e anche soffrire, eventualmente. Sulla terra devi essere disposto a farlo, sempre, e così, cambiando mentalità, ha cominciato ad apprezzare davvero questa superficie… Mentre prima non era stato così. Ecco perché contro Medvedev ha dato un esempio di quali sono le sue qualità e di cosa è capace di fare su questa superficie”.

L'esultanza di Tommy Paul dopo la vittoria su Daniil Medvedev agli Internazionali BNL d'Italia (Foto Fioriti/FITP)

Come cambiare la mentalità di un giocatore, che si era sempre espresso al meglio sul veloce?

“Beh, intanto Tommy non è cresciuto sul cemento: a dire il vero, è cresciuto giocando sulla terra verde, in North Carolina, dove i genitori potevano sfruttare un campo, a casa. Dai dodici anni ha giocato tanto là sopra e quando, due anni dopo, è stato inserito nel programma USTA, della federazione, lo hanno fatto allenare su quella superficie l’80% del tempo. Perciò si trova molto a suo agio sulla terra e di sicuro sa come muoversi. Il problema, semmai, è stato inverso: quando ho iniziato con lui la cosa che più ho cercato di fare è stato di renderlo un giocatore più aggressivo, più propenso all’attacco, cercando di proporre un tennis più “americano”. 

 

E quindi ha messo da parte la terra e le sue regole di pazienza.

“Ci siamo impegnati tanto per ottenere questo risultato anche sul rosso ma negli ultimi anni il lavoro non si è tradotto bene sulla terra. Ora, invece,  parte di questo risultato di Roma è stato frutto della sua mentalità: ha accettato di mettere in pratica ciò che in realtà sapeva di dover fare. E quindi lavorare sodo, essere disposto a giocare punti molto lunghi. Adesso è diverso: per esempio, contro Daniil, ieri ha trovato un ottimo equilibrio, ha fatto un po’ di serve and volley, ha attaccato di più, ma ha avuto anche molta pazienza a fondo campo quando è stato necessario e ha eseguito nei modi e nei tempi giusti i drop shots”.

 

A Roma è stato competitivo, ma può esserlo anche. Parigi al meglio dei 5 set?

“Penso che non sia assolutamente un problema. Tommy è molto allenato, dal 2022 abbiamo lavorato moltissimo per fare in modo che fosse tra i giocatori più preparati fisicamente del circuito e non credo che i match più lunghi degli Slam sulla terra possano essere un problema”.

Questo tennis maschile è sempre più aperto a tutti, come già quello femminile.

“Adesso è più difficile da prevedere: chiunque può vincere. Anche qui a Roma possiamo vederlo, ci sono nomi che nessuno avrebbe mai immaginato di vedere. Come Tabilo, Monteiro, Zhang. Molti giocatori anche fuori dai primi 25 in classica stanno mettendo più pressione sui top players e li battono più speso di prima. e vincendo più partite rispetto ai top players. La loro classifica, sulla carta, non suggerirebbe i risultati che poi effettivamente stanno ottenendo nella pratica. Il livello è molto più competitivo, trai i primi 200 del mondo. Ognuno può giocare ad un altissimo livello e sono in grado di essere davvero molto pericolosi. Così, nessuna partita è semplice, nessun giorno  può essere considerato di pausa”. 

Chi è come uomo Tommy Paul?

“Posso dirti che mi considero molto fortunato perché penso che sia una delle persone più gentili, oneste, e genuine con cui ho avuto il piacere di trascorrere del tempo insieme sul campo.  E’ molto apprezzato anche dagli altri giocatori, permette al nostro team di lavorare con grande serenità e, fuori del tennis, è un ragazzo molto normale. Magari si sa, gli piace molto andare a pescare, spende letteralmente ogni minuto libero della sua vita a pescare. Ha appena comprato una piccola barchetta, di cui è perdutamente innamorato. Da quando è iniziato il torneo, l’unica cosa che gli ho sentito dire è: “mi manca la mia barca”.

Com’è allenare un giocare tanto diverso dagli altri come stile?

“Penso che Tommy da un punto di vista tennistico sia effettivamente un po’ diverso: non ha certamente la stessa potenza fisica che hanno Sinner, Fritz, Zverev e altri, per cui abbiamo cercato di costruire un gioco più “old school”. Così, Tommy può giocare da fondo quando serve ma appena ne ha l’occasione scende a rete. Non devi colpire forte la palla per finire il punto a rete con una volée. E’ un ottimo atleta e questo gli permette sia di usare la sua velocità e la sua atletictà in chiave offensiva”.

E’ arrivato al top del rendimento o ha ancora margini di miglioramento?

“Certamente spero che possa ancora salire in classifica. Adesso è il numero 20 del mondo, per cui è messo molto bene. Vorrei vederlo sbarcare, e rimanere, nei primi 10. Penso che abbia dimostrato, con le partite che ha vinto, che è capace di raggiungere questi risultati. Il vero problema è che ha davanti altri ragazzi, tutti molto bravi, che vogliono ottenere lo stesso risultato. Per cui la fortuna gioca una buona parte di questa scalata, anche se credo che il fattore più importate sia la costanza. Penso proprio che Tommy abbia dimostrato di potercela fare”.

Quant’è difficile per un coach cambiare “cliente”, e quindi approccio, tipo di allenamento e quant’altro, passando da Jim Courier a Paul?

“Non penso sia necessariamente difficile… Penso sia solo ciò che ti rende un buon allenatore. Non vuoi che ogni giocatore giochi allo stesso modo, ma valuti ogni giocatore in maniera diversa per quelli che sono i suoi punti forti e le sue debolezze, nelle capacità atletiche, nella mentalità e cerchi di creare un’identità che gli permetta di massimizzare i risultati. Dal mio punto d vista, è parte del divertimento: la sfida di trovarsi di fronte a giocatori diversi e chiedersi: “Bene, cosa posso fare per rendere questo giocatore la miglior versione di se stesso? Non cerchiamo di fare colpire a tutti il dritto nello stesso modo o di fargli fare gli stessi movimenti. Dipende da quali sono le loro capacità e caratteristiche. Per cui per me è come un puzzle. Cerchi di metter insieme i pezzi per ricomporre l’immagine, proprio come appare sulla scatola”.

E’ stato più facile allenare Courier o Paul?

“Di nuovo, è molto diverso: Tommy ha uno stile più simile ad un Sampras, un Federer, mentre Jim assomiglia più ad un Rafa. Jim voleva lavorare sodo e metterci tutto l’impegno possibile in allenamento, ogni singolo giorno, e aveva bisogno proprio di quel livello di intensità per trovare il suo gioco migliore. Tommy è un po’ diverso quindi devo riconoscere che la sua intensità di allenamento, specialmente nei tornei, non sarà allo stesso livello di quella che era con Jim. E non penso che forzarlo in quella direzione, necessariamente lo aiuterebbe  a giocare il suo miglior tennis”. 

Il tennis è forse l’unico sport che permette a tutti di esprimersi, alto e  bassi, difensivi ed offensivi.

“E’ vero. Abbiamo ammirato Roger, Rafa e Nole coi loro diversi stili. Djokovic sta ancora mettendo in campo un attimo tennis e Rafa…è sempre bello da vederlo competere anche se non sta più giocando al livello a cui giocava anni fa. Ma quando guardi i giocatori di oggi, Alcaraz, Sinner, Medvedev, Zverev, la qualità del gioco è straordinaria. L’eccitazione è ancora lì, con partite fra di loro eccezionali. La qualità è fenomenale ed è estremamente coinvolgente e credo che molti i questi ragazzi portino moltissima personalità in campo. Se sei davvero un fan del tennis, conosci tutti i primi 100 in classifica e vedi ragazzi che si esprimono in modo totalmente diverso come Bublik, come Schwartzman, anche se adesso si è un po’ perso, che è alto 1.70, e comunque è riuscito ad ottenere ottimi risultati. Sono diversi ma sono tutti incredibilmente coinvolgenti/magnetici da guardare. Perciò, in quanto grandissimo fan, io stesso adoro camminare per i campi nei primi giorni del torneo quando vedi la gente buttare sangue e morire sul campo, mettendoci tutta quell’energia… Personalmente penso proprio che spesso sono quelle le partite più appassionanti da guardare. Lo ripeto sempre: “Se sei un vero fan del tennis vieni alla prima settimana di uno Slam o di un Masters 1000, perché è lì che vedi il cuore e l’anima del tennis. I top li vedi sempre in televisione, è più divertente guardare giocatori con personalità e tecniche diverse che non conosci”.

Tommy Paul in azione agli Internazionali BNL d'Italia (Foto Maiozzi/FITP)

Il futuro sembrava solo di Sinner, Alcazar e Rune, invece sono spuntanti fuori Shelton, Mensik, Medjedovic, Fonseca, Nardi…

“Penso proprio che il futuro del nostro sport sia in ottime mani. Questi ragazzi sono tutti già nei primi 100, nel caso di Shelton già tra i primi 15 e credo che abbia tutte le chances di entrare nei primi 10 quest’anno. Per me spicca anche Lehecka e altri, come lo spagnolo Landaluce che magari è meno conosciuto, ma l’ho visto allenare con Fonseca e mi ha impressionato. Con Nardi ci abbiamo giocato contro a Indian Wells: è molto talentoso, molto giovane”.

Magari è un bene essere usciti dall’era Fab Four.

“Spesso ci siamo ritrovati a dipendere da poche persone, come è successo con Novak, Roger, Rafa e in parte Andy, ma adesso mi sembra che ci siano più possibilità e dieci-venti ragazzi che possono andare avanti nei tornei e vincerli. E questo rende il nostro sport più eccitante… Sembra di tornare negli anni 90, quando erano in tanti a poter ottenere grandi risultati”.

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