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Il responsabile comunicazione della WADA James Fitzgerald e il General Counsel Ross Wenzel hanno spiegato le motivazioni dell'accordo con Jannik Sinner. Entrambi hanno confermato di non aver mai sostenuto che Jannik avesse barato
di Alessandro Mastroluca | 18 febbraio 2025
"Il caso di Sinner era lontano un milione di miglia dal doping. Dalla documentazione scientifica che abbiamo ricevuto emergeva come questo non fosse un caso di doping intenzionale, nemmeno in micro-dosaggi". Lo ammette Ross Wenzel, il General Counsel della WADA, come riporta la BBC. Parole che pesano in quanto arrivano dal punto di riferimento legale dell'agenzia mondiale anti-doping, già in passato per diversi anni consigliere legale esterno dell'agenzia. Wenzel, considerato uno degli avvocati più esperti in materia di legislazione anti-doping, ha discusso per la WADA molti casi al TAS di Losanna da socio dello studio svizzero Kellerhals Carrard. E queste sue considerazioni, che confermano peraltro quanto già la WADA aveva affermato al momento del ricorso, ovvero che fosse basato sulla responsabilità oggettiva e non sulla convinzione di un illegittimo miglioramento delle prestazioni, fanno sorgere una domanda. Perché non fermare i procedimenti anti-doping quando la stessa accusa riconosce, oltre ogni ragionevole dubbio, che di doping non si tratta?
Wenzel ha anche negato ogni ipotesi di favoritismo, di cui ha parlato in conferenza Djokovic riportando opinioni di altri giocatori convinti di un trattamento di favore per Sinner, in quanto potrà rientrare agli Internazionali BNL d'Italia, potenzialmente da numero 1 del mondo, e non saltare nemmeno uno Slam. "Quando analizziamo questi casi, lo facciamo dal punto di vista tecnico, scientifico, senza preoccuparci di quello che il pubblico, i politici o chiunque altro potrà dire al riguardo" ha dichiarato Wenzel.
Su questi temi si era espresso anche il responsabile della comunicazione dell'agenzia mondiale antidoping, James Fitzgerald, che ha spiegato alla Stampa i motivi dell'accordo con Jannik. Anche Fitzgerald ha messo in evidenza come lo scenario presentato dall'azzurro fosse "scientificamente documentato. Tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione, dati i fatti specifici, la Wada ha ritenuto che una sanzione di 12 mesi sarebbe stata eccessivamente severa.
L'accordo fra le parti, ha sottolineato, è maturato nell'ambito dell'articolo 10.8.2 del Codice Mondiale Antidoping introdotto nel 2021 per garantire che "casi unici che non rientrano esattamente nel quadro sanzionatorio possano essere giudicati in modo appropriato ed equo, a condizione che tutte le parti e la Wada siano d’accordo". Un articolo, ha sottolineato, a cui si è fatto ricorso "decine di volte nelle migliaia di casi giudicati dall’entrata in vigore del Codice 2021".
La WADA aveva impugnato la sentenza di assoluzione per assenza totale di colpa o negligenza, spiega Fitzgerald, "al fine di difendere l'importante principio secondo cui gli atleti sono effettivamente responsabili delle azioni del loro team" e aveva avanzato al TAS la richiesta di una sanzione di almeno un anno. Ma, ha scritto il responsabile comunicazione della WADA, una successiva analisi ha portato l'agenzia a convenire che "la sanzione di un anno sarebbe stata troppo severa".
I fatti, spiega Fitzgerald, "sono davvero unici" in quanto non si tratta di "somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico perché il massaggiatore dell’atleta (all’insaputa dell’atleta) aveva trattato un taglio sul dito con un prodotto contenente Clostebol. Attraverso la propria approfondita revisione del caso, la Wada ha verificato e concordato che lo scenario dell’atleta era scientificamente plausibile e ben documentato".