Chiudi
Ancora nel pieno delle potenzialità gli ex protagonisti Slam oggi sono lontani dai riflettori. E Stefanos, finalista agli ultimi Australian Open, perso il duello con Sasha, getta la spugna nel doppio decisivo di United Cup…
di Vincenzo Martucci | 05 gennaio 2024
Tutti dicono Sinner, gli altri giovani, soprattutto Alcaraz, Rune, Shelton. E poi il solito Djokovic e persino Nadal, che torna a dispetto dell’ennesimo infortunio. Stefanos Tsitsipas e Sasha Zverev, a dispetto dell’anagrafe - 25 e 26 anni, e sono quindi nel pieno della maturità e delle potenzialità -, non figurano tra i giocatori indicati come possibili favoriti per i titoli che contano.
Dopo essere saliti alla classifica-record di 3 e 2 del mondo, dopo aver disputato rispettivamente due e una finale Slam ed essersi aggiudicati 10 e 21 titoli ATP, con più presenze al Masters coi primi 8 della stagione e una credibilità di tutto rispetto che si rispecchia nell’attuale numero 6 e 8 del ranking e nella capacità di esprimersi al livello più alto su tutte le superfici, non sono i protagonisti più attesi della stagione.
In chiaroscuro anche il livello tennistico che sia il greco che il tedesco esprimono sin dalla prima apparizione nel 2024, e quindi pure nel loro confronto di United Cup che ha segnato il quinto urrà a favore di Sasha contro i 9 di Stefanos.
Sia Tsitsipas che Zverev, begli ateti di 1.98, sono giocatori fisici che si basano tanto sul servizio e su un colpo base molto forte (il dritto per Stefanos, il rovescio per Sasha), con il greco che paga di più sul rovescio a una mano - sul quale non è mai migliorato abbastanza ed è quindi troppo squilibrato ed attaccabile -, mentre i limiti più evidenti del tedesco sono nel gioco in avanti e sulla volée.
Soprattutto, tatticamente, questi due ottimi giocatori pagano nelle variazioni al bim-bum-bam che tanto gli piace e si attaglia al tennis moderno: colpa più grave per Tsitsipas che ha un bagaglio più completo e spesso paga scotto nella scelta della soluzione giusta, ma soprattutto sotto il profilo della personalità.
Per i lapsus di intensità e di sconforto nei quali cade all’improvviso per tratti troppo lunghi, e quindi decisivi. Col corollario magari di insistiti e controproducenti conciliaboli fuoricampo con papà, di time-out toilette interminabili e quindi di un’attitudine negativa, che gli è valsa l’etichetta di “piangina”. Peggio ancora, con fughe più o meno giustificate, nell’ambito della stessa partita e sul Tour. E con rinunce più che discutibili come quella della United Cup sull’1-1 di Grecia-Germania.
Ci sta di perdere 6-4 6-4 contro Zverev dopo una partita equilibrata, con cali e sprint, recuperi e squilli da parte di due campioni finora inespressi al livello che speravano.
Dopo che entrambi erano stati incoronati dai pronostici come futuri numeri 1, legittimi eredi della magica triade Federer-Nadal-Djokovic. Non ci sta che poi il finalista degli ultimi Australian Open lasci il posto nel doppio misto decisivo al fratello Petros, che è una buona spalla ma non può essere l’architrave che sostiene la coppia con l’ottima Sakkari.
Soprattutto se dall’altra parte del net, Zverev, dopo il singolare, si ripresenta senza problemi in campo per trascinare la specialista di coppia Siegemund e portare il 2-1 decisivo e quindi la semifinale contro l’Australia. Cosiché questo getto della spugna da parte di Stefanos è l’ennesimo graffio alla credibilità del dio greco che forse ha trovato il momento migliore fuori dal campo con l’amore della collega Paula Badosa ma che, sotto il profilo psico-tecno-tattico, è fuggito dalle responsabilità licenziando un coach dietro l’altro per tornare sempre con papà. Mentre Zverev, dopo il drammatico infortunio alla caviglia del Roland Garros, sta via via ritrovando fiducia.
Anzi, al contrario di Tsitsipas, proprio dalle situazioni personali, con la condanna per le violenze domestiche ai danni dell’ex fidanzata (Brenda Platea) e madre di suo figlio, Sasha ha trovato slancio per rilanciarsi attraverso il tennis.