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Nell'anno in cui ha compiuto solo 18 anni ha prima mosso i primi passi nel circuito professionistico e poi è esploso nel tennis che conta con la prima semifinale Atp e l'ingresso nei Top 100. Per questo è sempre più al centro dell’attenzione. E Riccardo Piatti in lui vede qualcosa di speciale
di Enzo Anderloni | 21 agosto 2019
Oggi gli ha dedicato un ampio articolo anche l’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede. Il suo profilo Instagram ha già 21.500 followers. Jannik Sinner ha compiuto 18 anni venerdì scorso ed è già al centro dell’attenzione di tutti. Persino il sito ufficiale degli UsOpen, l’ultimo Grande Slam dell’anno, nel lanciare il suo torneo di qualificazione (che per montepremi e dimensioni è il quinto torneo più importante tra quelli che si svolgono negli Usa, preceduto solo dagli Us Open stessi, Indian Wells, Miami e Cincinnati) ha identificato nel teenager italiano uno dei fenomeni più interessanti della manifestazione: n.136 del mondo, il più giovane del tabellone ma già testa di serie (n.24).
Insomma Jannik è uno che catalizza l’attenzione. Con quella sua aria pulita da ragazzino ‘nordico’, i capelli rossi e le lentiggini, il modo diretto ma riservato di porsi, la fredda determinazione vincente in campo, incontra immediatamente la simpatia di tutti. Sta crescendo bene con a fianco un coach-mentore di grande esperienza come Riccardo Piatti che da quando l’ha visto, ha conosciuto i suoi genitori e, d’accordo con lui e con loro, lo ha fatto entrare nella sua accademia di Bordighera è come se l’avesse accolto in famiglia.
L’immagine della sua festa di compleanno negli Usa, che riproduciamo dal suo profilo Instagram, racconta tutto. Intorno a Jannik, insieme ai palloncini color oro che celebrano il suo passaggio alla maggiore età, c’è l’intero staff tecnico (e il croato Borna Coric, n.12 del mondo, altro allievo di Riccardo) ma anche la famiglia Piatti, la moglie Gaia, il figlio Rocco.
Non stupisce che Jannik scriva: ”È stato il miglior compleanno che ho avuto, con le persone piú importanti della mia vita, che mi fanno stare bene e che mi fanno crescere giorno dopo giorno. Non solo come tennista ma anche come persona”.
Il suo percorso di crescita, appunto, passa in questi giorni per il tentativo di qualificarsi per il tabellone principale degli Us Open, che potrebbero essere la sua prima esperienza nel Grande Slam.
Jannik ci prova, ha le carte in regola per farlo, ma non sono i singoli risultati in questo momento l’aspetto più importante. Il suo viaggio nel mondo del tennis professionistico è un percorso di formazione che ha come ambizione il massimo, vincere i grandi tornei, diventare n.1.
Riccardo Piatti vede in Sinner le caratteristiche che servono per puntare davvero in alto e gli piace molto l’idea di poter accompagnare verso la vetta un giocatore italiano. La sua convinzione nasce delle esperienze fatta in oltre trent’anni di lavoro da allenatore. In primis nelle carriere dei due giocatori che ha seguito dal tempo dei tornei giovanili fino alla fine della carriera adulta da professionisti: Renzo Furlan e Ivan Ljubicic.
Il primo è arrivato fino al n.19 del mondo in un’epoca, gli Anni Novanta, di carestia per il tennis italiano. Il secondo, croato emigrato a Torino durante la guerra dei Balcani, ha raggiunto il n.3 del mondo nel 2006 quando i primi due si chiamavano Roger Federer e Rafael Nadal ed erano nel massimo splendore.
Queste due carriere sono state al centro della vita di Piatti dal 1988 al 2012 (successivamente il coach comasco si è occupato di Richard Gasquet, Milos Raonic e Borna Coric). Ciò non gli ha impedito, con la creazione di un team di collaboratori (in primis Massimo Sartori, coach storico di Andreas Seppi, e Cristian Brandi, suo ex allievo della stessa generazione di Renzo Furlan) di seguire per alcuni periodi altri giocatori che avevano richiesto il suo supporto. Per esempio il giovane Novak Djokovic che, per circa un anno, condivise il lavoro tennistico con Ljubicic, prima di richiedere quell’attenzione esclusiva che l’allenatore italiano non poteva dargli essendo legato in primo luogo a Ivan. Djokovic trovò Marian Vajda e proseguì con lui la sua strada trionfale.
Quell’esperienza, a ragion veduta, rappresentò un punto di riferimento importante per Piatti: aveva avuto modo di capire quali fossero le doti che servivano per diventare un n.1. Capacità atletiche e coordinative, atteggiamento in campo (fosse allenamento o partita), educazione e mentalità in generale. Cinque anni fa ha visto queste cose in Jannik Sinner. E si è entusiasmato all’idea di mettere a disposizione di quel ragazzino della Val Pusteria tutto quello che aveva imparato lungo il cammino.
Fa un certo effetto oggi vedere in quella foto di compleanno il diciottenne “cucciolo di campione” (per quanto alto un metro e 88, tre centimetri più di Federer e Nadal) e il suo allenatore con la barba quasi del tutto bianca. Ha compiuto 60 anni lo scorso 7 novembre. Nelle immagini con Renzo Furlan nell’anno del passaggio al professionismo, scolorite nella memoria, stava per compierne 30.
Ma il tennis è una storia infinita, un continuo finire e ripartire, seminare e raccogliere, come la vita. E’ il suo aspetto più affascinante, ogni giorno.
Jannik Sinner, dopo gli anni della formazione giovanile, è all’inizio della carriera professionistica. C’è tanta strada da fare e le scorciatoie, se vuoi arrivare davvero in fondo, non esistono.
In fondo anche per Riccardo Piatti è l’inizio di un nuovo viaggio. Ne ha già fatti tanti ma nessuno è uguale all’altro. Come le persone. Se le guardi da vicino, ognuna è un mondo affascinante da scoprire. Quello di Jannik ha in sé qualcosa di particolarmente brillante che ci sta catturando un po’ tutti. Seguire le sue tracce sarà un percorso affascinante e nuovo anche per noi.