"Il tennis sulla terra è come gli scacchi"
Forse la domanda vera è: quanta grinta agonistica e quanta aggressività sfodererà Khachanov per spostare, pressare, asfissiare Delpo e non dargli il tempo di manovrare la micidiale artiglieria da fondo campo? Qualcuno dice che Karen è “troppo russo”, e quindi un po’ pigro, non così tanto ambizioso e devoto all’allenamento e alla vita monastica dei professionisti della racchetta. Fors’anche perché nasce ricco, con zio Alexander Zavonts, milionario che l’ha molto sostenuto nei primi passi tennistici. L’interessato spiega: “Non cerco scuse, ma ho cambiato racchetta per cercare qualcosa di meglio, ho sbagliato, non era il caso proprio all’indomani della migliore stagione nella mia carriera, e a metà marzo, a Indian Wells, sono tornato al vecchio attrezzo”. La terra, dov’è cresciuto, a Barcellona insieme a coach Galo Blanco, non gli ha sorriso, con appena tre successi e cinque sconfitte, complice la cattiva gestione delle avversità meteo e della sospensione del match con Verdasco. Ma il ragazzo che tanto ha giocato a scacchi ha le idee chiarissime: “Il Roland Garros è il mio Slam preferito, amo il gioco sulla terra perché posso sviluppare i colpi, si pensa molto di più che sui campi veloci. E’ un po’ come gli scacchi, che è stato il mio hobby principale, si pensa, si stabilisce la strategia e poi si colpisce decisi”. Come dice la percentuale di vittorie nelle finali Sto: 4 su 4. Da Chengdu 2016 a Marisglia, Mosca e Parigi Bercy 2018. “E’ una bella statistica, ci ho pensato prima della finale di novembre contro Djokovic, e mi ha aiutato nell’approccio del match dandomi fiducia contro un giocatore come lui. Evidentemente potevo battere chiunque”.