E pensare che un anno fa...
Insomma, Karolina, ennesimo prodotto della scuola ceca, arrivava a Wimbledon da giocatrice in forte ascesa, alla seconda presenza diretta nel tabellone principale di un Major, la prima ai Championships, partendo dal numero 144 del mondo di gennaio al 68 di oggi. L’anno scorso questi tornei nemmeno li vedeva, si faceva le ossa nel circuito Itf, giocando il più possibile, fra Newport Beach a Midland, dalla finale persa ad Alterchirken a quella, sempre persa, di Croissy-Beauborg, ai ko nel primo turno delle qualificazioni di Stoccarda e Parigi, per tornare in serie B, da Manchester a Ilkley, e perdere nel secondo turno delle qualificazioni di Wimbledon contro Genie Bouchard, ma in tre set, e ripartire dagli Itf, da Versmold alla finale ancora persa dei Olomouc - la sua città natale - ai quarti di Praga (dove si è trasferita per migliorare il suo tennis) all’exploit degli Us Open. Dov’ha superato le qualificazioni e nel tabellone principale - il primo Slam - ha mostrato al mondo il suo bel gioco, fatto di servizio efficace, di tutti i colpi, di slice e di discese a rete. Tanto da irretire, con la varietà, la picchiatrice Yastremska e anche Garbine Muguruza, con 41 vincenti e un eclatante 21/37 alla volée, per poi arrendersi al terzo turno ad Ash Barty. Mettendosi però in tasca 156mila dollari, 50mila più di quanto avesse guadagnato nella carriera pro che ha iniziato già nel 2013, dopo appena quattro tornei juniores, e dove finora ha incassato tante sconfitte e anche un brutto infortunio che l’ha tenuta ferma tre mesi nel 2017.