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Nadal sfrutta da maestro le raffiche che spazzano il campo centrale di Montreal e dà lezione di consistenza a Daniil Medvedev che lo affrontava per la prima volta. E’ il suo 35° Masters 1000, primato assoluto. Il quinto successo in Canada. Djokovic, Federer e tutti gli altri proiettati verso gli Us Open sono avvertiti. Intanto lui si è cancellato dal tabellone di Cincinnati
di Enzo Anderloni | 12 agosto 2019
La prima volta che giochi con loro, è come scalare una montagna di cui avevi calcolato male l’altezza, come cavalcare un onda improvvisamente anomala: sei un bravissimo scalatore o un surfista scafato ma la sfida è diversa da qualunque altra precedente, per quanto ti fossi preparato.
Succede con Roger Federer e Rafael Nadal. Il primo ti stordisce di classe e variazioni. Rischi di rimanere imbambolato a domandarti: come ha fatto a inventare quella magia che ti ha trafitto.
Il secondo ti trita, ti toglie il fiato con la continua aggressione, non lo sfondi mai e, appena rallenti, ti sfonda lui.
E’ successo così anche a Daniil Medvedev, il russo filiforme dal tennis fosforico, gran servizio, gran rovescio e testa fina.
Aveva espresso l’ennesima settimana di qualità altissima. Dopo la finale di Washington 7 giorni fa, stoppato dal genio maleducato di Nick Kyrgios, eccolo all’appuntamento con la prima finale di un Atp Masters 1000 e al primo faccia a faccia con Nadal dopo aver rifilato punteggi pesanti al suo alter ego moderno, l’austriaco Dominic Thiem, fatto fuori nei quarti di finale con un secchissimo 6-3 6-1. Prima di lui l’inglese Edmund (6-3 6-0), il cileno Garin (6-3 6-3). Nemmeno l’amico, connazionale e coetaneo Karen Khachanov era riuscito a portargli via un set, anche se nel secondo l’aveva trascinato al tie-break.
Così ha affrontato il match pronto a giocarselo alla pari. Sin dal primo punto. Così proprio sulla prima palla messa in campo con il servizio dal n.2 del mondo e vincitore di 18 Slam abbiamo assistito a uno scambio da 24 colpi, vinto dal russo. Che sul 40-40 ne conquistava uno ancora più lungo e intenso (32 colpi!) regalandosi subito una palla-break. Che determinazione, abbiamo pensato: sarà un grande match.
Come capita molto frequentemente né noi né Medvedev riusciamo ancora a percepire appieno la grandezza di un Nadal. Forse perchè ci siamo troppo abituati. Forse perché lui (e Federer e Djokovic) sono davvero di una altro pianeta. Comunque: 40 minuti dopo, il primo set era finito, 6-3 Nadal, con un solo break e addirittura parità di colpi vincenti (8 per parte) e errori non forzati (6 per parte). Ma era finita anche la partita.
Medvedev infatti, pur restando lì e provandoci, non avrebbe raccolto più nemmeno un game mentre Rafa avrebbe fatto suo il 35° Masters 1000 della carriera (staccando in classifica Djokovic, fermo a 33).
Alla faccia dei luoghi comuni sarebbe andato più a rete dell’avversario, avrebbe piazzato più ace, insomma dimostrato di aver evoluto negli anni il suo gioco di giovane contrattaccante da fondocampo in più maturo e moderno attaccante da fondo con grandi rotazioni ma anche notevole predisposizione ad andare a chiudere gli scambi con la volée.
Per il 23enne Medvedev una bella esperienza: match come questo sono indispensabili per rendersi conto di quello che serve per provare a giocarsela alla pari con fenomeni come Rafa. A sua discolpa per quel 6-0 subito nel secondo set, c’è da dire che si è giocato con un vento teso e molto fastidioso che svantaggia parecchio il suo tennis piatto, dalle traiettorie ficcanti e millimetriche.
Nadal invece con il vento va a nozze. Gli affida i suoi rotoloni di diritto che passano belli comodi sopra la rete e probabilmente sarebbe felice di averlo in campo con lui ad ogni partita se non gli scompigliasse troppo la capigliatura che è sempre più rada. Quinto titolo in Canada, n.1 nella Race to Londra, sempre solido, propositivo, esplosivo: Rafa c’è (e si riposa, cancellandosi dal tabellone di Cincinnati). Gli altri, vedremo.
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