Divo tra due mondi
Narcisista, divo, campione dal diritto già moderno con cui poteva fare quel che voleva, è uno dei primi scienziati del gioco, cui ha dedicato tre manuali. Fa il giornalista e la federazione americana più volte cerca di toglierlo dalla Davis visto che non è un dilettante “puro”. In rotta con la Federazione, nel suo ultimo anno da dilettante, 37enne, si concede un nuovo tour europeo dopo anni: vince Wimbledon per la terza volta, trionfa agli Internazionali d’Italia e arriva in finale a Parigi. Guadagna tantissimo fra i professionisti: arriva a 100 mila dollari nel 1931 e mezzo milione a fine decennio, ma sperpera tutto producendo film e spettacoli teatrali, alcuni scritti da lui, che collezionano un fiasco dietro l’altro. C’è anche lui in tribuna il 20 luglio 1937 sul campo centrale di Wimbledon per la finale interzone di Coppa Davis. Sta aiutando segretamente il barone von Cramm, tedesco omosessuale, di famiglia aristocratica da generazioni, che ha sposato una donna con un quarto di sangue ebraico. La telefonata di Hitler al barone, esigendo vittoria, è leggenda; quel che sarà (Von Cramm battuto 8-6 al quinto in quella che è considerata la partita più bella di sempre) è storia.
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