![](/Areas/SuperTennis/Images/layout/3-2.png)
Chiudi
A San Pietroburgo Daniil ha conquistato il terzo trofeo di un 2019 dove ha disputato ben 8 finali. Il russo, grande protagonista di questi ultimi due mesi, si propone come l'alternativa più concreta ai "Fab 3".
di Vincenzo Martucci | 23 settembre 2019
Davvero una gran bella soddisfazione per il ragazzo che non riusciva a gestire i suoi demoni, e saliva alla ribalta solo per qualche follia. Nel Challenger di Savannah 2016, era stato squalificato per uno sconsiderato commento, considerato razzista, perché aveva suggerito ad alta voce che il giudice di sedia fosse in combutta con l’avversario Tiafoe, di cui condivideva il colore della pelle. A Wimbledon 2017, aveva versato delle monete sotto il seggiolone dell’arbitro, lasciando intendere che si fosse fatto corrompere o dandogli la mancia - chissà! - in un altro sconsiderato scatto di nervi.
Quel genio pazzerello dalla potenza inespressa che dodici mesi fa perdeva nel primo turno degli Us Open ora riesce a trasformare in energia positiva anche la rabbia del pubblico della Grande Mela, che lui stesso attizza mostrandogli il dito medio, e diventa il primo finalista under 23 agli Us Open dopo Novak Djokovic nel 2010. Grazie al coach francese Gilles Cervara, che incrocia a Cannes, dove vive sua sorella, e alla psicologa sportiva Francisca Dauzet, con la quale si sfoga spesso e volentieri. “Dopo le mie sconfitte sconsiderate, mi sedevo affranto e mi dicevo: “Non voglio perdere perché divento pazzo o perdo la concentrazione per il pubblico o per l’arbitro. Voglio perdere perché sono stato un tennista peggiore del mio avversario”.
L’ispirazione del nuovo numero 4 del tennis mondiale viene dal kung fu della scuola del Maestro Chang Dsu Yao, dai guerrieri Shaolin. Roba di 100 anni avanti Cristo. Roba sempre validissima, evidentemente.