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Mentre i Federer e i Nadal stanno saldamente al vertice e gli Zverev, gli Tsitsipas (ma pure i Berrettini e i Sinner) crescono esponenzialmente, giocatori come Berdych e Ferrer si ritirano. Senza essere mai riusciti ad affermarsi. Chiusi dai primi e superati dagli emergenti
di Marco Mazzoni | 06 dicembre 2019
Con quegli enormi occhi azzurri “divorava” la palla esprimendo il dramma della sfida, per un tennis di puro istinto e sensazioni. Il suo limite è stato l'essersi fermato a un gioco mono-dimensionale, vincente quando riusciva a condurre ma incapace di trovare un “piano b” per reagire alle giornate in cui non sentiva bene la palla, o affrontava avversari tenaci in difesa e capaci di sporcare lo scambio con top spin vigorosi.
Forse condizioni di gioco più rapide avrebbero premiato le sue doti di spinta, ma nella sua carriera è mancata un'evoluzione tattica, senza la quale si è fermato lì, a un passo dai grandi successi, incapace di superare in troppe occasioni tennisti più forti di lui sul piano atletico, tattico e agonistico, ossia i “fab four”.
Berdych vanta un best ranking al n.4, una finale a Wimbledon (2010) e semifinali negli altri tre major. Ha vinto 13 tornei ATP tra cui Parigi Bercy e pure due Coppe Davis, oltre ad aver raccolto un numero incredibile di piazzamenti nei grandi tornei grazie ai quali ha accumulato quasi 30 milioni di dollari in prize money. Un giocatore che non dimenticheremo per la bellezza del suo tennis e le molte sfide emozionanti contro i migliori. Quasi sempre perse.
David Ferrer è stato l'esatto opposto del ceco. Dotato di un fisico “normale” e di un tennis costruito pezzo dopo pezzo con duro lavoro, ha raggiunto risultati eccezionali grazie a un'intelligenza sopraffina, grande lucidità tattica e un'indomabile spirito combattivo.
Nato sul rosso da buon iberico, si è evoluto in un giocatore capace di esprimere il suo meglio sul cemento, sfruttando la velocità dei rivali da grande incontrista e dominando il campo con un moto continuo.
Ogni anno ha aggiunto qualità nel suo gioco, migliorandosi in modo straordinario rispetto agli esordi, tanto da arrivare a sfidare i migliori e spesso batterli, o farli soffrire in maratone interminabili prima di cedere. Ha raggiunto la terza posizione come best ranking, disputato la finale a Roland Garros 2013 e vinto il Masters 1000 di Bercy nel 2012, uno dei suoi 27 titoli in carriera.
Vanta anche la finale al Masters 2007, due semifinali tra US e Australian Open, tre vittorie in Davis e un numero enorme di piazzamenti che gli sono valsi 31 milioni di dollari in prize money.
Su tutti Jo Wilfried Tsonga, 34enne finalista a Melbourne e semifinalista a Wimbledon e Roland Garros, oltre che vincitore di due Masters 1000 e della Coppa Davis. Un tennista estremamente divertente e spettacolare il francese, capace di battere tutti i big più volte ma non sempre costante nel rendimento per via di diversi infortuni e cali di forma, oltre all'evidente lacuna tecnica sul lato sinistro.
Talento importante anche quello di Richard Gasquet, dotato di un rovescio ad una mano tra i più belli della sua epoca ma incapace di evolversi verso un tennis più offensivo, oltre che carente sul piano atletico e caratteriale.
Tostissimo invece Gilles Simon, uno che di mollare lo scambio proprio non ne ha mai voluto sapere, pronto a invischiare i rivali in una ragnatela tattica intricatissima. Chiudiamo con Fernando Verdasco, mancino di grandi qualità tecniche e fisiche ma troppo incostante.
Tutti questi giocatori ed ex giocatori sono o sono stati ottimi tennisti appartenenti alla generazione di Rafa & Co, capaci di toccare picchi di rendimento assoluto ma mai in grado di stare al passo dei migliori quattro. Sono rimasti per tutta la carriera “solo” i migliori secondi.
Per spiegare i mancati successi dei giocatori che abbiamo citato, è corretto focalizzare l'attenzione sulla differenza con Rafa, Novak e Roger, inserendo anche Murray che ha vinto di meno ma è stato un competitor di pari livello.
I cosiddetti “fab four” hanno segnato un gap epocale con tutti i rivali grazie alla loro classe immensa abbinata a una costanza di rendimento incredibile. Nella stessa epoca non si erano mai visti quattro campioni così forti da polverizzare la concorrenza.
Non serve citare molti numeri, è sufficiente questa statistica relativa agli Slam: dal 2007 al 2019 i quattro campioni hanno vinto 47 Slam sui 52 disputati, con in media la presenza di quasi tre di loro tra i quattro semifinalisti, lasciando di fatto le briciole ai rivali. Numeri impressionanti, una classe superiore che ha creato un abisso con tutti gli altri
Tanto che gli inseguitori quando trovavano un picco di forma esprimendo il proprio miglior tennis magari riuscivano a sorprendere uno dei big in un Major, o addirittura un paio, cadendo poi in semifinale o finale. Storia ‘triste’ di carriere vissute inseguendo un sogno, senza raggiungerlo.
Thiem è già competitivo da qualche tempo ma nel 2019 ha fatto un netto salto di qualità, componendo insieme a Tsitsipas, Medvedev e Sasha Zverev il gruppo dei nuovi antagonisti. Fa piacere inserire pure Matteo Berrettini in questo club giovane e di grande qualità, aspettando la prossima ascesa di Shapovalov, Auger Aliassime e De Minaur.
Questa è la nuova generazione pronta nel 2020 a lottare per i grandi tornei. Un gruppo forse più fortunato del precedente, visto che Rafa il prossimo giugno spegnerà 34 candeline, Novak 33 a maggio e Roger addirittura 39 in agosto. Impensabile che i tre possano sopravvivere tennisticamente ai ventenni in ascesa. Contrasto generazionale - ricco di grandissimi match e spettacolo - in vista.
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