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Wimbledon 2001 fu il suo 22° e ultimo titolo. Chiuse un'edizione da romanzo con la prima finale giocata interamente di lunedì nella storia del torneo dal 1922. E' stato al massimo numero 2 del mondo, entrerà nella Hall of Fame nel 2020. E adesso è tornato per allenare...
di Alessandro Mastroluca | 21 febbraio 2020
Duecentomila persone scendono in piazza a Spalato per abbracciare l'eroe vittorioso. Con loro c'è idealmente tutta la Croazia. Goran Ivanisevic, un simbolo dell'orgoglio nazionale e portabandiera alle Olimpiadi del 1992, ha appena vinto Wimbledon. Battendo Pat Rafter da numero 125 del mondo, diventa la prima wild card e il secondo giocatore peggio classificato a vincere uno Slam nell'era Open.
È il suo 22° titolo, sarà anche l'ultimo. Ha chiuso un'edizione da romanzo con la prima finale giocata interamente di lunedì nella storia del torneo dal 1922. E' stato al massimo numero 2 del mondo, entrerà nella Hall of Fame nel 2020. Torna il numero 2, simbolo di un campione duale, potente ma in fondo insicuro.
Mancino naturale, il suo primo maestro e il primo coach Ladislav Kacer tentano invano di farlo scrivere e giocare con la destra. Ivanisevic comincia a giocare per disperazione del padre Srdjan, insegnante di tecnologia digitale all'Università di Spalato. Il piccolo Goran continua a interrompere un doppio che il padre sta giocando al circolo. Perciò Srdjan gli mette in mano una racchetta e lo invita a giocare contro il muro mentre finiscono la partita.
Tra Goran e il tennis è amore a prima vista. Srdjan venderà anche la casa per incentivare la carriera del figlio, che si fa da subito un nome. Squalificato ai Campionati europei under 14, da junior vince lo US Open in doppio nel 1987 con Diego Nargiso e l'anno successivo si ferma in finale a New York e al Roland Garros.