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Campioni internazionali

In memoria di Angela che sfidò i parrucconi di Wimbledon

Angela Buxton, 85 anni, è mancata a Ferragosto. Aveva vinto il doppio ai Championsips nel 1956 insieme ad Althea Gibson, prima afroamericana a conquistare uno Slam. Era di religione ebrea la sua richiesta di diventare socia dell’All England Lawn tennis Club non è mai stata accettata

di | 19 agosto 2020

Angela Buxton premiata con Althea Gibson dalla duchessa Marina di Kent pe rla vittoria nel doppio a Wimbledon del 1956

Angela Buxton premiata con Althea Gibson dalla duchessa Marina di Kent pe rla vittoria nel doppio a Wimbledon del 1956

Era nata a Liverpool il 16 agosto del 1934 ed è mancata a Ferragosto, un giorno prima del suo 86esimo compleanno. Wimbledon ha reso onore con un tweet alla campionessa di doppio e finalista in singolare del 1956. Ma non ha mai accettato la sua richiesta di diventare socia del club.

Angela Buxton sosteneva che il motivo era una discriminazione: a non essere accettato, secondo lei, era il suo essere di fede ebraica. Figlia di Harry e Violet, ebrei russi emigrati in Gran Bretagna.

L’All England Lawn Tennis Club ha sempre negato ma lei non ha mai creduto alle vaghe motivazioni del Comitato e ha insistito, per tutta la vita, a chiedere senza avere risposta.

Di sicuro c’è il fatto che Angela ebbe un grande impatto sul tradizionalissimo tennis britannico, anche per la sua straordinaria amicizia con la statunitense Althea Gibson, prima afroamericana in assoluto a vincere i Championships.

Un’ amicizia che nel 1956, anno in cui la Buxton fu finalista in singolare ( sconfitta dalla statunitense Shirley Fry), diventò iscrizione al torneo di doppio sull’erba di Church Road. E vittoria finale. Un’afroamericana e un’ebrea premiate sul Centre Court dalla Duchessa di York, Marina. Apriti cielo.

Angela Buxton prima della finale del singolare a Wimbledon del 1956

Difficile immaginare che dietro le apparenze, formalmente corrette, non fosse stato scavato quel fossato sdegnoso che l’elitè socio-economica-nobiliare di Londra riservava a chi non riteneva appartenere al suo “ambiente”.

Basti pensare che persino quello che avrebbe dovuto essere un eroe nazionale, il Fred Perry vincitore di tre titoli consecutivi a Wimbledon (dal 1934 al 1936), dopo quasi trent’anni di astinenza “Britons”, venne sempre snobbato dei signori del tempio in quanto figlio di un operaio tessile, per giunta esponente del partito labourista.

Nella sua autobiografia Perry racconta che dopo aver vinto la sua prima finale, nel 1934, battendo l’australiano Jack Crawford, mentre era in doccia udì il rappresentante del Comitato organizzatore del club dire all’avversario “Congratulazioni, oggi è uno di quei giorni in cui non ha vinto l’uomo migliore”. Rientrato negli spogliatoi si accorse che a Crawford il signor Hillyard aveva anche portato una bottiglia di champagne. E se ne era andato senza nemmeno salutare Perry, lasciandogli davanti all’armadietto, freddo omaggio, la cravatta del club.

Quella vittoria di un ebrea e di un’afroamericana nel doppio del 1956 venne riportata su un quotidiano inglese, tra le brevi, con il titolo “Minorities Win”, vincono le minoranze. E la Buxton fu vittima palese di discriminazioni durante la sua breve carriera che si chiuse a soli 22 anni per un grave infortunio al polso.

Come si legge nel libro che Bruce Schoenfeld ha dedicato all’amicizia tra Gibson e Buxton (“The Match: How Two Outsiders — One Black, the Other Jewish — Forged a Friendship and Made Sports History, Harper and Collins 2004”) la giovane Angela aveva preso lezioni di tennis al Cumberland Club con il maestro del circolo, Bill Blake. Per entrare aveva dovuto compilare un modulo con nome, cognome, indirizzo, numero di telefono e… credo religioso.

Quando gli aveva chiesto quando sarebbe stata ammessa come socia del club, che si trova a nord di Londra, Blake le aveva risposto: “Non continuare a chiedermelo: non puoi diventare socia”. “Perché, non sono abbastanza brava?” aveva replicato lei candidamente. “Non è per quello – fu la risposta definitiva – è perché sei ebrea”.

Angela Buxton con l'americana Shirley Fry che l'ha appena battuta nella finale di Wilbledon del 1956

I pregiudizi allora erano talmente radicati (nonostante la seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto fossero una ferita ancora aperta) che per potersi allenare con continuità dovette approfittare della gentile offerta di Simon Marks, titolare dei famosi grandi magazzini Marks and Spencer anche lui appartenente alla comunità ebraica, che le mise a disposizione in suo campo coperto privato.

Angela Buxton ha sempre portato avanti la sua battaglia contro le discriminazioni. La sua ultima apparizione in pubblico fu il 26 agosto 2019 a al National Tennis Centre di New York quando, il primo lunedì di gara degli Us Open, venne svelata la statua dedicata proprio ad Althea Gibson, colei che, con grande coraggio, aveva aperto la strada.

Angela Buxton alla presentazione della statua dedicata ad Althea Gibson a New York

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