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Volevano giocare il loro ultimo Slam a New York, ma quando hanno capito che non ci sarebbero state chance di avere pubblico sulle tribune, hanno deciso di dire basta prima ancora di cominciare. Bob e Mike hanno vinto 16 Slam (su 30 finali giocate insieme) e oltre mille partite nel Tour, ma soprattutto hanno saputo conquistare la gente e regalare al doppio qualche quarto d'ora di notorietà
di Cristian Sonzogni | 28 agosto 2020
Si può essere fenomeni anche dividendo la propria metà campo per due, a ognuno la sua parte di gloria. Si è fenomeni quando si decide che il vero motivo per cui si gioca ancora, dopo aver vinto tutto, è il pubblico. E si è fenomeni soprattutto quando si decide, una volta inteso che quel pubblico non ci sarà più, di anticipare il finale del racconto, senza aspettare quegli Us Open che avrebbero dovuto rappresentare il vero passo d'addio.
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I gemelli Bryan – 42 anni e 30 finali dello Slam insieme, 16 delle quali vinte – hanno detto basta. Lo hanno fatto nella loro America, mai così martoriata in anni recenti, non solo dall'emergenza sanitaria ma pure da durissime tensioni sociali. Lo hanno fatto perché era il momento giusto.
“Non aveva senso giocare un torneo in più, se quel torneo che tu avevi pensato come il passaggio ideale per salutare i fan, di colpo diventa un torneo da giocare in uno stadio vuoto. Non aveva senso ormai entrare in campo per i punti o per il denaro. Così abbiamo detto basta”.
Bob, due figli in più e due Slam in meno del gemello (per l'assenza forzata frutto di un'operazione all'anca), parla per il team, lasciando passare un concetto fondamentale: quando nel 2019 la coppia d'oro del tennis mondiale disse che il 2020 sarebbe stato l'anno del 'Farewell Tour', l'intenzione era esattamente e solo quella: rendere omaggio alla gente con un ultimo giro di giostra.
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