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Campioni internazionali

Djokovic solo contro se stesso

Già dalla sua apparizione sulla scena Nole aveva minacciato di voler diventare il numero uno del tennis, ma adesso sta chiarendo che ne vuole diventare il despota assoluto

di | 31 agosto 2020

Novak Djokovic è imbattuto nel 2020

Novak Djokovic è imbattuto nel 2020

Un uomo solo al comando. Come nelle mitiche scalate del ciclismo delle indimenticabili telecronache di Adriano de Zan. Un uomo solo, che ha staccato tutti, dai rivali tradizionali, Roger Federer (azzoppato) Rafa Nadal (concentrato sull’epopea Roland Garros) ed Andy Murray (convalescente), ai giovani, alle ex promesse, i tennisti tutti, imponendo un nuovo sindacato, ai tornei, cui vuole togliere una bella fetta degli introiti per distribuirli ai protagonisti veri, come nei grandi campionati USA, MLB (baseball), NFL (football), NBA (basket) e NHL (hockey), alle tenniste, che non vuole alla stessa tavola quando si dividono i premi.

 Com’è apparso sulla scena, nel 2005, Novak Djokovic aveva minacciato da subito di voler diventare il numero 1 del tennis, ma adesso sta chiarendo che ne vuole diventare il despota assoluto. A prescindere da tuo e tutti. “Anche se tanta gente è convinta che io voglia sempre inserirmi o farmi piacere o cose così per me la cosa più importante è essere davvero me stesso. Semplicemente fare, pensare, dire, sentire quel che sento nel profondo riecheggia di più con i miei valori di vita e col modo in cui sono cresciuto, e quello in cui io penso sta andando a riflettere sulla mia eredità domani”. Della serie: sono come sono, vi piaccia o no, io vado avanti per la mia strada.

Con queste motivazioni interne, al torneo di New York bis, mascherato da Cincinnati, re Novak I resiste al coriaceo Bautista Agut, rimonta il potente Raonic e firma l’80mo titolo ATP pareggiando i 35 Masters 1000-record di Nadal, diventando il primo a fare almeno il bis in tutti i super-tornei), allungando l’imbattibilità stagionale a 23 partite, che sono 26 partendo dal ko con Federer al Masters (le ATP Finals) di novembre a Londra, lanciando ancor più dichiaratamente, da quota 17, la sfida ai 19 Slam di Rafa e ai 20-record di Roger.
E’ tanto, è tantissimo, se ci mettiamo anche il forzato stop del  Covid-19 nel quale è incappato e che ha debellato con la nonchalance degli eroi di celluloide, da Rambo a Schwarzenegger. Se ci mettiamo le critiche che ha subito per aver dato il cattivo esempio quand’ha ballato a torso nudo in discoteca coi colleghi. Nole il terribile va avanti lo stesso, recupera i sermoni della moglie e i dogmi al servizio di coach Goran Ivanisevic, anche loro infettati dal virus, e va avanti nella sua scalata alla storia. A testa bassa, contro tutti e contro tutti, motivato dalle sfide nelle sfide e dai tantissimi fronti aperti, come un crociato votato alla guerra santa. Il suo limite è dentro se stesso, in quella sua smania di conquista che lo corrode e, all’improvviso, nella carriera, gli ha fatto qua e là lo sgambetto, proprio quando sembrava più invincibile, negli anni di grazia 2011 e 2015, ma anche l’anno scorso, quando è scivolato a sorpresa.

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Gli è successo più spesso al Roland Garros, sull’infida terra rossa, ma deve stare attentissimo anche sui campi più veloci che mai degli Us Open, passati dopo 40 anni da Decoturf a Laycord. Perché gli avversari sono tanti, ma il più pericoloso resta se stesso. E lui lo sa benissimo. Anche se, dopo il miracolo della finale di Wimbledon di dodici mesi fa, quand’ha rovesciato il destino, con tutto il mondo contro, ed ha ricacciato nella strozza a Roger Federer due match point e il ventunesimo trionfo ai Championships. Se c’è riuscito lì e in quelle condizioni perché non a New York, da super favorito? Gli altri ex campioni Slam in tabelloni sono Murray e Cilic, che sicuramente non gli fanno paura.

Dovrà sicuramente guardarsi dagli unici finalisti Majors in gara Thiem, Medvedev, Raonic ed Anderson, coi quali è in vantaggio nei testa a testa, l’unico col quale ha problemi – guarda le finali ATP di novembre - è l’erede di Muster, Thiem. Ma è nell’altra estremità del tabellone, semmai, lo ritroverebbe solo in finale. E il suo percorso, tolto Tsitsipas, sembra più agevole del Bum-Bum austriaco. Sembra. Se la pressione non diventa troppo e non si trasforma in boomerang, ricordando il male oscuro che l’attanagliò spingendolo nel 2016 fra le braccia del guru Pepe Imaz, proclamando “Pace e Amore”. Pace e Amore?

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