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Alex De Minaur, l’australiano dalla grande personalità che ha New York nel destino oggi sfida Thiem Jennifer Brady semifinalista agli Us Open. E sfoggia, scaramatico, dei baffi... discutibili. Dalla finale persa con Sinner alle Next Gen Atp Finals al primo acuto Slam
di Vincenzo Martucci | 09 settembre 2020
New York è nel destino del Diavolo del tennis, Alex De Minaur, l’australiano dalla grande personalità che se ne frega pure dei baffetti alla Hitler. Li aveva l’anno scorso quando, agli Us Open, è arrivato per la prima volta fra i primi 16 di uno Slam, abbattendo, insieme Kei Nishikori, il primo “top ten” dopo dodici tentativi, cancellando la delusione dell’anno prima, sempre a Flushing Meadows, quando s’era fatto riprendere da Marin Cilic quand’era avanti due set a zero.
E li sfoggia oggi a New York nei quarti contro quel Dominic Thiem col quale, 18enne, raccolse tre anni fa appena sei games al debutto nel Major americano. “Già allora era magro e super-veloce, ora è un uomo, un giocatore super-esperto e sarà una storia diversa”, mette le mani avanti l’austriaco, che pure è l’unico sopravvissuto nel torneo a vantare tre finali Slam ed ha battuto De Minaur anche una seconda volta due anni fa sulla terra in coppa Davis.
“Ovviamente sono molto felice. Sono dove voglio sempre essere, dove credo davvero di appartenere, la seconde settimana degli Slam, e voglio andare fino in fondo. Sfruttando il mio sistema di gioco: cercare di far giocare un colpo in più all’avversario per sfruttare la prima palla giusta per dettare io lo scambio”, spiega lucidissimo il 21enne di Sydney che i milanesi ricordano battuto a sorpresa sotto il traguardo delle ultime due NextGen Finals, a novembre per mano del sorprendente italiano Jannik Sinner.
Insiste il numero 28 del mondo, 18 a novembre dopo aver vinto tre titoli Atp in quattro finali: “Se potessi, sbatterei volentieri gli avversari fuori dal campo, di potenza. E’ molto più faticoso correre così come faccio io. Ma devo sfruttare le armi che Dio mi ha dato: non ho il fisico migliore, non sono forte o alto come altri, quindi devo trovare il mio modo di vincere… E voglio che nello spogliatoio tutti sappiano che se vogliono battermi dovranno passare sopra di me, attraverso di me”.
Col culto del lavoro e del progresso che gli ha inculcato il suo idolo e mentore, Lleyton Hewitt, cui somiglia tantissimo come intensità e grinta, aggiungendo ogni giorno un nuovo mattone. Tanto che i suoi allenamenti sono diventati mitici, per quanto sono sistematici e duri, permettendogli di aggiungere il 10/15% al servizio, il 10/15% nei colpi di rimbalzo, il 10/15% nella velocità. Facendo sempre più l differenza combinandosi col suo spirito da gran combattente.
Era così determinato già a quattro anni. Anzi, prima, quando convinse coach Kerry Dock a dare lezione a un bambino così piccolo come mai aveva fatto prima al Carss Park a Sydney. Alla terza lezione, il bambino già superava il net col servizio, a sei anni faceva partita contro il maestro, a dieci lo batteva in tre set. “Non avevo mai fatto eccezioni, ma quel bambino era straordinario, ogni giorno tirava la palla per tre ore filate contro la porta del garage. Era lo studente perfetto, ed è rimasto l’agonista ideale. Per cui non scommetto contro di lui nemmeno contro un avversario come Thiem: è troppo continuo, pur non avendo colpi definiti, è come Hewitt. Macina gioco e crede fortissimamente di poter sfruttare l’assenza di Djokovic per vincere il torneo”.
Del resto, "Demon", Demonio, come lo chiamano tutti, ha imposto una velocità di scambi talmente elevata da mandare fuori giri il potente Khachanov, aggiudicandosi dodici negli ultimi sedici games e concludendo in bellezza infilando i sei finali, a dispetto dei 50 errori gratuiti (contro 64), esaltandosi a rete, nella miglior tradizione australiana.
Anche se in patria non è certo il più amato, perché il bad boy Nick Kyrgios lo supera di gran lunga nella hit parade, soprattutto dei giovani, Alex è allenato ai giudizi negativi del mondo: “A 12 anni avevo la stessa misura di piedi di adesso, ero goffo, come un bambino con le scarpe di un clown. Non avevo di certo il miglior gioco di piedi, non mi muovevo così bene, ci ho lavorato molto”.
Tanto da usare proprio questa qualità come leva per scalzare dal campo il redivivo Pospisil: “E’ molto veloce, corre da un lato all’altro e sembra quasi che non respiri. Sfida le leggi della biologia. Mi ha proprio impressionato: è un mostro della natura ed è estremamente in forma, non si stanca mai, corre sempre incredibilmente veloce, e usa quest’arma per soffocare gli avversari”.