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Campioni internazionali

Karatsev, l'arma segreta russa riscrive la storia

Aslan, nato sulle montagne del Caucaso, zona di conflitti fra etnie, e trasferitosi da bambino a Tel Aviv con la famiglia, è cresciuto tennisticamente tra Rostov e Halle, Barcellona e Minsk: “Se posso vincere? Vedremo partita per partita”

di | 16 febbraio 2021

Aslan Karatsev

La gioia di Aslan Karatsev, rivelazione degli Australian Open (foto Getty Images)

Fate attenzione a questo ragazzo, perché è davvero molto forte”. Durante la premiazione dell’ATP Cup, Andrey Rublev aveva messo tutti in guardia, avvisando che il terzo uomo del Dream Team russo non era soltanto buono per tirare passanti vincenti oltre il paletto della rete, su misura per gli highlights del web.

Aslan è la nostra arma segreta”, aveva aggiunto Daniil Medvedev. Peana che sembravano sfornati per togliersi un po’ di luci dei riflettori e di responsabilità di dosso e per condividere i meriti del trionfo con la ruota di scorta del carro moscovita. Anche se poi Karatsev nella capitale russa ha vissuto solo a tratti. Anzi, la sua biografia è contorta come la sua carriera da tennista.

Aslan Karatsev colpisce di diritto in allungo (foto Getty Images)

Aslan è nato 27 anni fa a Vladikavkaz, ex avamposto militare e ed ex capitale dell’altrettanto ex Repubblica Socialista Russa delle Montagne. Una cittadina costruita sul versante settentrionale del Caucaso, la regione montuosa al confine meridionale della Russia che nel corso dei millenni ha visto convivere etnie piuttosto diverse e gelose della loro identità.

Il che, in tempi di armi da fuoco, si è quasi sempre tradotto in conflitti – come quello del Nagorno-Karabah tra armeni e azeri. Venuto al mondo in una terra abitata dagli Ingusci ma stretta tra quella dei Circassi, dei Ceceni e dei Georgiani, a due passi dai territori degli Osseti, dei Daghestani, dei Cabardino-Balcari e degli Abkazi, Aslan ha probabilmente benedetto la decisione dei genitori, che quando aveva tre anni hanno deciso di trasferirsi in Israele. Privandolo in questo modo di una serie di complicazioni pratiche ed esistenziali.

Al caldo di Tel Aviv-Yafo, Karatsev ha imparato l’ebraico moderno e si è innamorato del tennis. Ma la passione non è mai stata ricambiata fino in fondo, almeno fino allo scoppio della pandemia.

Un anno fa il russo – nel frattempo rientrato a Mosca con il padre, mentre la madre e la sorella sono rimaste in riva al Mediterraneo – era ancora numero 220 del mondo e i tornei del Grande Slam li aveva visti solo in TV. Poi, dopo l’interruzione forzata da COVID, la sua carriera è esplosa come nessuno avrebbe potuto immaginare.

Sicuramente non Avi Peretz, presidente della federtennis israeliana, che aveva bellamente ignorato le buone referenze dell’ex pro Weintraub e s’era lasciato sfuggire la possibilità di naturalizzare sportivamente Karatsev. Il quale, tra l’altro, ha anche passaporto israeliano.

La volée di rovescio di Aslan Karatsev (foto Getty Images)

Tutta la grinta di Aslan Karatsev (foto Getty Images)

Askenazita, come i nonni materni, ma cresciuto tennisticamente tra Rostov e Halle, Barcellona e Minsk, Aslan ha trovato la chimica con un allenatore bielorusso – Yahor Yatsyk - e un preparatore atletico portoghese, e alla ripresa delle attività ha raggiunto quattro finali Challenger, due delle quali vinte.

Poi le qualificazioni degli Australian Open superate in estrema scioltezza. Quindi, al debutto nell’Happy Slam, una vittoria in tre set su Mager (“Sta giocando come un treno”, il commento di coach Flavio Cipolla), la miseria di un game lasciato a Gerasimov e ancora lo scalpo di Schwartzman al terzo turno, di Auger-Aliassime negli ottavi e di Dimitrov (entrato anche lui nel circolo dei tennisti trafitti nella parte addominale-dorsale) nei quarti.

Erano 20 anni, dalla cavalcata di Ivanisevic a Wimbledon, che un giocatore con una classifica così bassa non arrivava in semifinale ad un major, ed è la prima volta in tutta l’era Open che un debuttante arriva a due passi dal successo in uno Slam.

Se posso vincere? Vedremo partita per partita” ha sorriso Aslan imbarazzato in conferenza stampa. Intanto entrerà stabilmente tra i primi 50 del mondo. Insomma, a prescindere da come andrà giovedì, sarà più facile credere alla buona fede di Rublev e Medvedev.

Aslan Karatsev intervistato a fine partita (foto Getty Images)

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