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Campioni internazionali

Il Brasile di Bea, che ha dato un calcio alla sfortuna

In patria vorrebbero che diventasse l'erede di Guga Kuerten e Maria Ester Bueno. Ma lei è solo una ragazza semplice, che non ama i social e che vorrebbe lasciarsi alle spalle le tante disavventure del passato. Ecco il ritratto di Beatriz Haddad Maia, prossima avversaria dell'Italia nella United Cup

15 dicembre 2022

Quando, come metro di paragone, usano una certa Maria Sharapova, si capisce che le cose si fanno subito parecchio complicate. Certo, le qualità estetiche di Beatriz Haddad Maia non sono in discussione: alta un metro e 85, bionda, mancina dal talento luminoso, la 26enne di San Paolo – che il prossimo 29 dicembre sarà avversaria dell’Italia nella nuova United Cup – è oggi numero 15 del ranking Wta ma ha avuto una vita sportiva parecchio più complicata della popolarissima russa. Una storia curiosa, che viene da lontano e merita di essere raccontata, se non altro perché ci dà una chiave di lettura più precisa per approfondire la sua personalità.

“Ho vissuto molti momenti difficili in carriera. Ho solo 26 anni ma ho già avuto quattro interventi chirurgici – racconta la giocatrice che ha da poco ritirato il premio della Wta come tennista che ha fatto i maggiori progressi nel 2022 – e quando mi capita di vivere un momento speciale, cerco di godermelo perché ho imparato a cogliere l’attimo”. Il pubblico l’ha sempre amata, un po’ perché il suo tennis potente, spumeggiante e mai banale cattura le simpatie dei fans; un po’ perché il Brasile è alla ricerca da tempo di un nuovo campione (o di una nuova campionessa) della racchetta: “Ogni volta che scendo in campo c’è da qualche parte una bandiera verdeoro che sventola e questo mi rende orgogliosa”.

Beatriz Haddad Maia ha più volte detto di non amare granché i social media. Su Instagram ha 159.000 follower: non pochi, certo, ma siamo lontani dalle cifre da capogiro di alcune colleghe. “I social mi portano spesso fuori dalla vita reale e io non voglio che accada, finisco per confrontarmi troppo sugli altri. Ho il mio profilo, ma cerco di gestirne l’utilizzo con intelligenza. Voglio godermi semplicemente i miei amici e la mia famiglia, ma devo ammettere che è bello pensare che in Brasile ci siano tante persone che tifano per me davanti alla televisione”. Fuori dal campo, Beatriz ama ascoltare musica e la si vede spesso, nelle istantanee, imbracciare una chitarra, strumento che adora suonare. Per il resto è una lettrice appassionata e dedica parecchio tempo a riflettere: “Perché dalla riflessione riesco a trarre spunti per migliorare”.

“È sempre difficile gestire tutto – ha detto parlando della pressione che si sente addosso come tennista numero 1 del suo Paese – perché a volte le persone si aspettano troppo da me. Una pressione che colleghe con una classifica simile alla mia ma statunitensi, canadesi o francesi non hanno. Vorrebbero che io diventassi una specie di Guga Kuerten al femminile, e non è facile affrontare la cosa perché nel mio Paese lo sport – soprattutto il calcio – è popolarissimo e i media sono tanti e agguerriti”. E pensare che da Under 18, Bea ha vinto tra le altre proprio la coppa... Guga Kuerten.

Beatriz è brasiliana con radici libanesi, e dopo aver iniziato a giocare all’età di 5 anni con mamma Lais, all'età di 13 anni si è spostata da San Paolo a Florianopolis, alla corte di Larry Passos, l’ex coach proprio di Kuerten. Un viaggio di quasi mille chilometri per scoprire che l’accademia era riservata ai maschi e che non accettava tenniste in gonnella. Per sua fortuna, Passos – che il talento sa riconoscerlo – rimase colpito dalle sue qualità e decise di fare un’eccezione. Restò in accademia per un lustro, fondamentale per la sua formazione tennistica, e proprio lì conobbe il suo storico fidanzato, quel Thiago Monteiro, ex top 100 Atp, a cui è rimasta legata per quasi dieci anni prima della rottura: “Anche noi – racconta oggi la brasiliana – siamo esseri umani e tutti sanno che gli addii fanno parte della vita. Questo episodio mi ha fatto maturare molto”. Oggi il gossip non registra nuove love story e lei stessa ha più volte dichiarato di essere concentrata solo sulla sua attività di tennista.

Il calvario con gli infortuni è cosa antica, cominciata quando aveva 17 anni. Quando Bea si fa male a una spalla e scopre di avere tre ernie discali. Rimessa in sesto dopo una delicata operazione dal dottor Guilherme Meyer, da allora sviluppa una curiosa routine: si sveglia presto, alle 6, stende un asciugamano sul pavimento e dedica 60 minuti a esercizi di vario genere: addominali, stretching, prevenzione per fianchi, ginocchia, caviglie, spalle, per finire con le immancabili flessioni. Ma chi pensava che Beatriz avesse chiuso i conti con la sfortuna si deve ricredere quando, a 20 anni, dopo una caduta domestica, si frattura tre vertebre. 

Finalmente il 2017 sembra essere un buon anno per il tennis giocato, culminato con la finale a Seul e il ranking – numero 58 – che finalmente comincia a sorriderle. Invece tornano le lacrime ma questa volta non centrano gli infortuni. Dopo un controllo antidoping, viene trovata positiva a un anabolizzante inserito nella lista delle sostanze vietate. Lei si difende provando che le sostanze proibite si trovano in integratori, acquistati in una normalissima farmacia di San Paolo e regolarmente prescritti da due esperti in medicina dello sport.

Prima di sapere della positività, prende contatto con l'International Doping Tests & Management chiedendo se le sostanze assunte fossero lecite, ottenendo risposta positiva. Nonostante questo pronunciamento, arrivano comunque 10 mesi di squalifica dal tribunale e una multa di 100 mila dollari in montepremi confiscati. Seri problemi economici, dunque, si aggiungono a quelli umani. Per fortuna un programma della Itf le offre un fondamentale supporto: “Ho potuto viaggiare nei tornei con l’allenatore e il fisioterapista e mi sono rilassata sul problema dei soldi. Non dovevo più pensare a giocare solo per autofinanziarmi”.

Il rientro, anche a causa dello stop per la pandemia, arriva solo nel settembre 2020, ma dopo un avvio promettente – la vittoria nel piccolo torneo di Montemor-o-Novo in Portogallo e tre altre tappe minori – arriva l’ennesima tegola: un tumore benigno al tessuto cartilagineo del dito medio della mano sinistra, quella con cui tiene la racchetta. Altri quattro mesi di stop e, ancora una volta, tutto da rifare. Fino a questo straordinario 2022, che l’ha rilanciata – si spera definitivamente – nel firmamento delle stelle Wta. Un successo, come detto, sancito dall'award assegnatole, prima brasiliana a ricevere un riconoscimento da quando i premi sono stati introdotti nel 1977. Del resto, già con le due finali di fila al Roland Garros juniores (ma in doppio), Bia prometteva di essere una stellina in costruzione, anzi, la prima vera grande star carioca dopo la mitica Maria Ester Bueno.

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