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Il numero 1 d'Italia, nel primo torneo dallo scorzo marzo, trionfa a Stoccarda. Il secondo titolo in altrettante partecipazioni nel torneo conferma quanto Berrettini possa fare la differenza sull'erba. E' questa la superficie su cui ha vinto più, dove può costruire un vantaggio competitivo maggiore con i top player
di Alessandro Mastroluca | 12 giugno 2022
Solo chi conosce il buio riconosce la luce, e ne sa godere appieno. Matteo Berrettini allarga le braccia e sorride, pronto per aprirsi di nuovo verso orizzonti più vasti. Esulta con la leggerezza di chi si libera dei dubbi, ma contiene la gioia. Forse perché nel rivale Andy Murray rivede lo stesso buio degli infortuni, la stessa luce della risalita.
"Amo Stoccarda, a un certo punto mi sembrava di giocare in Italia" ha detto il romano ringraziando il pubblico di Stoccarda durante la cerimonia di premiazione. Qui aveva già vinto le 2019, in finale contro Felix Auger-Aliassime.
Era allora il secondo italiano a vincere un torneo sull'erba dopo Andreas Seppi. Due anni dopo, sarebbe diventato il primo a vincere l'ATP 500 del Queen's, dove Murray è il campione più titolato di sempre, e il primo a raggiungere la finale di Wimbledon.
Sono entrambi riemersi, in modi e misure differenti, Berrettini e Murray che al suo "Resurfacing" ha dedicato un documentario cult. Negli ultimi game l'anca operata due volte ha tradito ancora l'ex numero 1 del mondo, che non ha spinto al servizio negli ultimi turni di battuta ma non ha oscurato la festa dell'azzurro con l'ombra di un ritiro a pochi metri dal traguardo. "
"Ho sentito dolore all'addome quando stavo servendo - ha detto Murray -. Non avevo mai avuto niente di simile prima. Dovrò fare degli esami una volta a casa. Penso che sia normale avere qualche problema fisico. Era dal 2016, credo, che non giocavo così tante partite in due settimane. Non so però quanto sia grave. Spero sia tutto ok. Peccato, sentivo che stavo giocando bene. E' frustrante finire così quella che è stata una buona settimana".
Anche Matteo ha il fisico provato, è più volte dovuto riemergere dagli infortuni e dalle loro conseguenze mentali e fisiche. Non scendeva in campo da marzo, il numero 1 azzurro, ma non l'ha dato a vedere. In finale ha servito 19 ace e perso solo dieci punti quando ha messo in campo la prima. Ha reagito da campione al break subito nell'unico inciampo della partita, il game che ha chiuso il secondo set e l'ha costretto alla supplementare fatica del terzo. Ma le grandi persone, e i grandi giocatori, vincono anche e soprattutto così. Senza che gli inciampi siano un ostacolo nel raggiungimento degli obiettivi.
E' maturata così la nona vittoria su nove partite nelle sue uniche partecipazioni a Stoccarda. "E' incredibile. Vincere il titolo è sempre l'obiettivo in ogni torneo, ma pensavo che sarebbe stato molto difficile - ha detto durante la cerimonia di premiazione -. Non credo nemmeno di aver giocato il mio tennis migliore, ma è per questo che sono ancora più fiero di me stesso. Mentalmente è stata dura, ho fatto un lavoro incredibile. Ho lottato duramente, e significa tanto".
Stanco ma felice, Berrettini ha raggiunto Paolo Bertolucci al terzo posto fra gli italiani con più titoli ATP in bacheca nell'era Open. Sei i trofei dell'attuale numero 1 azzurro, preceduto in questa graduatoria solo da Fabio Fognini (9) e Adriano Panatta (10).
Non avrebbe stonato se, nel suo inglese denso ed elegante, avesse scandito durante la cerimonia: "I wanna be your Boss" (sponsor suo e del torneo, impossibile da non notare), come un Bruce Springsteen innamorato nella sua prima hit da stadio, "Rosalita".
Come il protagonista della canzone, Berrettini vuole entrare dalla porta principale, quella da cui passano i vincenti. Dopo il suo primo titolo dalm successo al Queen's dell'anno scorso, si candida per Wimbledon. Questo Berrettini è in corsa per mettere il suo nome sulla lavagna più ambita, a lato della porta che immette nel Centrale di Wimbledon con i versi di "If" incisi sopra. La porta verso il sogno, verso un prato dove nascono speranze e ogni suono ha una magia tutta sua.
Quel che valeva per Andy Murray, nelle parole di Ivan Lendl richiamato come suo coach per la terza volta, vale ancor di più per Berrettini. L'erba è la superficie su cui ha la percentuale di vittorie più alta. Ci gioca bene, mentre per molti altri top player, come Stefanos Tsitsipas o Daniil Medvedev, è una delle superfici peggiori. E' questione di feeling, e Matteo ce l'ha. Questo Berrettini, poi, testa leggera e palla pesante, può davvero far sognare.
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