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Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria: 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo. Ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidiani, fino a domenica 25 settembre
di Enzo Anderloni | 23 settembre 2022
Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria che insieme a 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti complessivamente e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo, ha cambiato per sempre l’immagine del tennis, diventato popolare come mai prima grazie all’eleganza del suo stile di gioco e al suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Nei giorni dell’addio all’attività agonistica ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidiani, fino a domenica 25 settembre
Capitolo 1: gli anni irrequieti delle elementari
Capitolo 2: calcio o tennis? Il Centro Tecnico chiama
Capitolo 3: lo junior brillante che va già in Davis
Capitolo 4
Il 1999 è la vera stagione di passaggio per Federer che per età potrebbe ancora disputare i tornei juniores. Capisce che deve migliorare molto sul piano mentale e per alcuni mesi lavora con uno psicologo, Chris Marcolli. Partito affrontando il circuito intermedio dei tornei Challenger piazza subito due acuti nei tornei indoor di Marsiglia e Rotterdam. In entrambi i casi arriva ai quarti di finale (batte Carlos Moya n. 5 del mondo al primo turno in Francia, perde 6-4 al terzo set con Evgeny Kafenikov, n.2 del mondo, nei quarti in Olanda) e il 22 febbraio è già n. 129 del mondo. Può esordire nei tabelloni principali degli Slam. Perde al primo turno sia a Parigi, sia a Wimbledon ma ormai è diventato un giocatore di livello. Con i quarti di finale a Basilea, le semifinali di Vienna e la vittoria nel ricco Challenger di Brest chiude la stagione solidamente inserito tra i primi 100 giocatori del mondo, al n. 64 della classifica Atp.
Gira il Millennio e per Roger è l’annata della definitiva svolta professionistica e, al di là dei risultati, sempre in grande progressione, ci sono alcune scelte tecniche e momenti personali che trasformano completamente la vita del campione di Basilea.
In primo luogo la decisione di staccarsi dal supporto della Federazione svizzera e creare un proprio team. Federer sceglie un coach personale e un preparatore fisico privato. Il coach è Peter Lundgren, svedese ex n. 25 del mondo che ai tempi dell’agonismo erano noto come un clone di Borg, più portato però alla vita allegra. Roger lo incontra al centro tecnico di Bienne: sono i due Peter (Carter e Lundgren a seguirlo da vicino, insieme al preparatore fisico Pierre Paganini. Lasciando di stucco tutti Roger scegli di avere vicino in giro per il mondo il Peter che non t’aspetti. Carter però è poco propenso a viaggiare. Si è fidanzato in Svizzera e la sua compagna è seriamente ammalata. Il ragazzo deve scegliere e lo fa, convincendo anche Paganini, colonna del Centro federale, a dedicarsi solo a lui.
Il sodalizio con il preparatore fisico è durato tutta la carriera con eccellenti risultati considerando che Roger ha grandi doti naturali ma ama pochissimo il lavoro fisco specifico. Paganini è stato sempre bravo a costruire la sua preparazione in chiave ludica, divertente.
Per i più curiosi di questo aspetto c’è da sapere che, salvo imprevisti, la preparazione del numero uno di sempre è stata basata su tre blocchi da tre settimane, in dicembre, aprile e luglio.
Paganini, tenendo conto delle esigenze e delle caratteristiche del suo giocatore ha diviso il lavoro in cinque diversi momenti e tipologie: 1) allenamenti generali di fitness per la resistenza, la forza la velocità e l’agilità; 2) un lavoro di fitness mirato per potenziare in palestra e in campo alcuni aspetti specifici della dinamica del gioco (muscoli coinvolti nella gestualità dei colpo), 3) esercizi sul campo in cui si mescola lavoro fisico e tecnica di gioco, 4) esercizi di gioco il cui scopo è però chiaramente di miglioramento della condizione fisica, 5) esercizi e lavoro fisioterapico mirato alla prevenzione degli infortuni.
Dal punto di vista dei risultati il progresso continua nel 2000 ma ancora il successo non arriva. I punti più alti della stagione sono due finali e una semifinale. La prima occasione di lasciare il segno negli albi d’oro è la finale di Marsiglia in cui il 19enne svizzero tedesco cede al tie break del terzo set a Marc “Pippo” Rosset, suo connazionale trentenne, compagno di squadra in Coppa Davis e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992, quando Roger aveva solo 11 anni.
Sfumata di un soffio l’occasione il successivo momento caldo arriva in settembre a Sydney, per il torneo olimpico. Il giovane Federer “sente” l’impegno e arriva due volte a sfiorare la medaglia. Semifinalista si trova di fronte il tedesco Tommy Haas contro il quale cede nettamente, in due set. Haas si dovrà accontentare dell’argento, perché l’oro sarà appannaggio del russo Evgeny Kafelnikov, n.1 del mondo un anno prima.
Roger ha l’opportunità di giocarsi il podio, ossia la medaglia di bronzo, con il francese Arnaud Di Pasquale, a sua volta semifinalista. Di Pasquale era stato campione del mondo juniores l’anno prima di Federer, ma gli era tennisticamente inferiore e oltretutto in precarie condizioni fisiche. Ciononostante si impose (7-6 6-7 6-3): decisamente una grande occasione sprecata. Uno di quei momenti che facevano dubitare sulla capacità del giovane svizzero di mettere a frutto tutto il suo talento.
Quel tipo di delusione che un po’ sentirono anche gli spettatori della finale del successivo torneo di Basilea per la prima volta raggiunta da Roger, dopo aver battuto tra gli altri proprio Tommy Haas e l’eterno rivale Lleyton Hewitt, ma consegnata dopo una lotta durata cinque set al veterano svedese, allora n. 9 del mondo, Thomas Enqvist.
Un’annata da incorniciare? Non per i risultati, anche se la classifica lo vede salire fino al n.29 del mondo. Forse però decisiva per la svolta tecnica e per un altro fattore… umano. Roger ritrova nella comitiva olimpica a Sydney la graziosa Mirka, Miroslava Vavrinec, giocatrice svizzera di origine slovacca, che aveva conosciuto tempo prima al Centro tecnico di Bienne. La corteggia senza soste. Si narra che il primo bacio arrivi sotto i cinque cerchi. La loro storia comincia allora e oggi è un matrimonio felice, con 4 figli, due coppie di gemelli: Myla e Charlene (oggi hanno 13 anni), Leo e Lenny (8 anni). Mirka avrebbe giocato ancora fino al 2002, quando decise di ritirarsi dopo un serio infortunio. Nel settembre 2001 aveva raggiunto la sua migliore classifica, n. 76 del mondo.