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Campioni internazionali

Così Roger diventò Federer: gli anni irrequieti delle elementari

Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria: 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo. Ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli, da oggi a domenica 25 settembre

di | 20 settembre 2022

Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria che insieme a 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti complessivamente e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo, ha cambiato per sempre l’immagine del tennis, diventato popolare come mai prima grazie all’eleganza del suo stile di gioco e al suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Nei giorni dell’addio all’attività agonistica ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli, da oggi a domenica 25 settembre

Capitolo 1

“Diceva sempre: diventerò il numero uno. Nessuno gli credeva”. La storia di formazione del più forte tennista di sempre comincia sui campi degli impianti sportivi del colosso farmaceutico Ciba-Geigy, situati ad Allschwil, alle porte di Basilea. Sebbene la Player’s Guide, Guida dei giocatori dell’Atp (bibbia dell’informazione nel mondo del tennis) reciti che Roger ha iniziato a giocare a 8 anni, esiste una foto che lo vede in azione a soli tre anni su un campo in terra rossa del Ciba Club. Gioca un diritto con una racchetta di legno chiaramente troppo pesante per lui, che infatti la impugna a metà fusto.

Il riferimento a questo documento iconografico non vuol dire, si badi bene, che quello di Federer è uno dei casi di bambino prodigio con famiglia motivata sin dalla culla a costruirsi il campioncino in casa. Al contrario, è la semplice testimonianza che Robert e Lynette, i suoi genitori, amavano lo sport e lo praticavano regolarmente, serenamente come un buon sano modo di divertirsi tutti insieme, figli compresi. La racchetta era stata per loro un modo per conoscersi e passere piacevolmente il tempo.

Robert, assistente di laboratorio alla sede centrale Ciba di Basilea, a 24 anni aveva deciso di viaggiare, cogliendo l’opportunità di trasferirsi nella filiale sudafricana della multinazionale. Lì aveva conosciuto Lynette, segretaria diciottenne. L’aveva invitata a giocare a tennis e a lei era piaciuto. Nessuno dei due lo faceva con il piglio dell’agonista, ma la passione e il divertimento rimasero vivi anche quando, nel 1973, si sposarono e si trasferirono a Riehen, un sobborgo di Basilea vicino al confine con la Germania. Robert era passato al settore vendite come “sales executive” e anche Lynette mantenne il suo impiego.

Tennisticamente la signora Federer era la più dotata e competitiva tra i due e alle partitine dopolavoristiche con il marito volle aggiungere qualcosa di più competitivo iscrivendosi all’Old Boys Tennis Club, uno dei due circoli più importanti di Basilea, per provare a fare qualche torneo. Una scelta che avrebbe inciso, oltre che sul suo futuro di tennista (nel 1995 ha vinto con la squadra del circolo il campionato Young Veterans, quello che da noi è lo scudetto conteso dalle Ladies over 40), sulla formazione del suo formidabile, futuro figlioletto.

Prima di Roger però arrivò Diana, nel 1979. Una bimba tranquilla che oggi fa l’infermiera e si tiene lontano dalle luci del palcoscenico fraterno. L’8 agosto del 1981 vede la luce Roger, l’irrequieto.

E’ uno di quei bambini che non stanno mai fermi. Buono, educato in quella casa di gente tranquilla, benestante e con ben chiari i valori che contano, ma incapace di stare a lungo fermo seduto dietro un banco di scuola.

“Quando lo vedevo, aveva sempre un pallone tra i piedi - racconta la direttrice delle scuole “elementari” di Munchenstein, comune alla periferia di Basilea dove i Federer si erano trasferiti dopo la nascita di Diana - Devo ammettere che sembrava davvero bravo. Pensavo sarebbe diventato un calciatore”.

Lo stesso concetto espresso qualche anno più tardi dal primo vero maestro di Roger, Adolf “Seppli” Kacovski, l’unico che vide subito nel piccolo Federer qualcosa di eccezionale, per le straordinarie capacità di apprendimento, la rapidità in campo, la voglia incredibile di giocare. Anche dopo una lunga sessione di gioco con il maestro non era sazio. Cercava qualcuno con cui palleggiare oppure lo faceva da solo, contro il muro.  Secondo Kacovski se avesse scelto il calcio anzichè il tennis sarebbe di sicuro arrivato in Nazionale.

Roger arriva a da Kacovski nel 1989, a otto anni. Ha già frequentato diversi mini-corsi di tennis perché per lui muoversi e giocare con la palla sono un esigenza e i genitori non gliela fanno mancare. Anche perché a casa loro la pallina rimbalza continuamente dappertutto: contro la porta del garage ma anche contro le pareti dentro casa.

Robert e Lynette Federer con il figlio Roger (Foto Getty Images)

Mamma Lynette si è accorta però anche che il figlioletto è bravino e chiede alla dirigente sportiva dell’Old Boys Club se può inserirlo nel programma agonistico dei piccoli. Il circolo non è lussuoso ma ha cultura sportiva. La signora Barlocher, segretaria tuttofare, da giovane è arrivata a giocare il torneo juniores di Wimbledon. Per i ragazzini più dotati ha un programma che prevede insegnamento individuale e allenamento di gruppo sui 7 campi in terra rossa del circolo, solo due dei quali vengono coperti d’inverno con un pallone pressostatico.

Lo staff tecnico oltre a Kacovski comprende Peter Carter, un giocatore australiano di 25 anni che proviene dalla zona di Adelaide ed è stato tirato su da un maestro, Peter Smith che ha visto passare dai suoi campi altri professionisti di ottimo livello, come John Fitzgerald, Darren Cahill, Broderick Dyke e lo stesso Lleyton Hewitt, futuro n.1 del mondo . La carriera di Carter però non è radiosa. Raggiunge al massimo il n. 173 del ranking, e alla fine degli Anni 80 viene ingaggiato dall’Old Boys per giocare il campionato svizzero inter club, quello che da noi è il campionato di serie A. Una di quelle competizioni frequentate da professionisti livello medio e medio basso per consolidare il conto corrente. Carter è perseguitato dagli infortuni e non nutre più grandi ambizioni di classifica (il suo amico Cahill arriva invece fino al n.22 dell’Atp). Al circolo di Basilea si trova bene e finisce per accettare la proposta di fermarsi un anno intero ad allenare un gruppo di ragazzini. Lui e Kacovski saranno i punti di riferimento di Federer dagli 8 ai 14 anni.

Se l’esperto maestro di Praga, rifugiatosi in Svizzera dopo l’invasione dei carri armati russi del 1968, è bravo nel lavoro tecnico (Kacovski è fautore del rovescio a una mano e Roger segue l’indirizzo), Carter che si occupa di più degli allenamenti dalla squadra è fondamentale nel periodo seguente per la crescita del ragazzino terribile dentro ma anche fuori dal campo.

Non è cattivo Roger, ma il suo non è un carattere facile. In campo lui è il suo amico Chiudinelli (poi divenuto anche lui un top 100) sono dei piccoli diavoli. Le racchette volano spesso e volentieri. A Roger piace il tennis ma anche divertirsi, scherzare, far casino. Per Carter organizzare l’allenamento non è mai facile. Roger finisce spesso a fare grandi giri di corsa per punizione o addirittura viene spedito a casa prima del tempo, a meditare.

Il tecnico australiano Peter Carter con Roger Federer

Si fa la fama di un ragazzo con notevoli doti ma con un carattere difficile. Intemperante in campo, incapace di accettare le sconfitte spesso seguite da pianti disperati, grande lanciatore di urla e racchette.

Si ricorda una sfida ai campionati di Basilea Under 12 tra lui e Dani Schnyder , fratellino della top 10 Patty Schnyder, che fu un campionario di lanci di racchetta e imprecazioni al punto che vennero entrambi ammoniti dal giudice arbitro. Persino con l’amico Chiudinelli le sfide ufficiali diventava un dramma. Il buon Marco racconta ancora di quella volta in cui a otto o nove anni si affrontarono e trovandosi subito pesantemente in svantaggio si mise a piangere. Al cambio di capo Roger andò a consolarlo, vedrai che andrà meglio”. Chiudinelli rimontò e passò a condurre: fu il turno del piccolo Roger a mettersi a piangere. Dai, non prendertela lo rincuorò Marco. E Federer alla fine vinse.

Certo per un caratterino del genere l’esperienza della prima partita ufficiale non deve essere stata facile da digerire. Fu due settimane dopo il suo decimo compleanno, ai campionati regionali di Basilea. Gli under 10 erano troppo pochi per cui fu inserito nel tabellone under 12. Al primo turno fu sorteggiato contro Reto Schmidli, un quasi tredicenne bello robusto, che gli rifilò un pesantissimo 6-0 6-0, che Federer ricorda ancora oggi, perché fu il primo e l’ultimo della sua carriera. Schmidli, che oggi fa il poliziotto nella zona di Basilea, vanta dunque un record unico. (1 - continua)

Capitolo 2: calcio o tennis? Il Centro Tecnico chiama

Capitolo 3: lo junior brillante che va già in Davis

Capitolo 4: la scelta dei coach e l’incontro con Mirka

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