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Campioni internazionali

Duckhee Lee fa 13: 'The Summer Guy' punta in alto

Nel 2019 divenne il primo tennista sordo a vincere un match in un main draw del circuito Atp. Ma il sudcoreano di 23 anni non vuole essere ricordato per la sua condizione, bensì per i suoi risultati. A Sharm El Sheikh è tornato a vincere un titolo, e vuole tornare presto vicino ai top 100, dove era già stato nel 2017

26 febbraio 2022

Dopo la sospensione del Tour nel marzo 2020, non era più riuscito a riprendere il filo. Proprio mentre quel silenzio attorno, che lo accompagna in maniera costante dalla nascita, imparavamo a conoscerlo anche tutti noi, in lockdown, immersi nei pensieri di una pandemia di cui non vedevamo la fine. 

Solo in questi giorni, il coreano Duckhee Lee – unico tennista sordo tra i professionisti – sta ritrovando la strada che porta nei primi 100 giocatori del mondo, un obiettivo che ancora non è affatto stato lasciato da parte, dal ragazzo che in più di un'occasione ha saputo stupire i colleghi per la sua clamorosa forza di volontà.

Il 23enne nativo di Seul è sceso oggi al numero 426 del ranking Atp, dove era stato 130, dunque a un passo dal sogno di una vita, il 10 aprile del 2017. Non aveva ancora compiuto 19 anni, il ragazzo asiatico che ama l'arte e i musei, eppure era già vicino al traguardo che per tutti i professionisti è un primo segnale tangibile di avercela fatta. Di aver visto ripagati i propri sacrifici. 

La scorsa domenica, Lee ha vinto l'Itf da 15 mila dollari di Sharm El Sheikh, superando in semifinale l'ungherese Mate Valkusz e in finale l'israeliano Ben Patael. È stato il suo tredicesimo centro nel circuito minore, il primo dal dicembre 2019, quando trionfò a Nonthaburi, Thailandia. Il primo successo da professionista? Era arrivato addirittura nel 2014, quando il sudcoreano aveva appena 16 anni.

Sharm non è una destinazione scelta a caso, per ripartire. Duckhee Lee ci ha programmato un certo numero di tornei, ed è in gara pure questa settimana. Nel suo Paese lo chiamano 'The Summer Guy', il ragazzo dell'estate (sull'onda di una serie tv molto popolare in Corea) perché ama il caldo e non si fa problemi davanti a match lunghi e complessi, anche sotto il profilo delle condizioni meteo. Una buona sintesi dei sacrifici che è stato disposto a fare per emergere, a dispetto della sua condizione.

“I due anni successivi allo stop per la pandemia – ha confermato il 23enne di Seul – sono stati molto difficili per me. Ho avuto parecchi problemi fisici e non mi sono potuto allenare come avrei voluto. Questa vittoria è un passo importante, significa che sono sulla buona strada per riprendere il mio cammino”.

Non è uno che si accontenta, tuttavia, il buon Lee. Del resto, per uno abituato a giocarsela alla pari con gente come Hubert Hurkacz, Miomir Kecmanovic o Vasek Pospisil, per dirne tre che proprio scarsi non sono, non può bastare un titolo in un 15 mila dollari. L'obiettivo è fissato ben più in alto, fin da quando – era l'agosto del 2019 – battendo lo svizzero Henri Laaksonen a Winston Salem divenne il primo tennista sordo a vincere un match in un main draw Atp. Un momento di storia del tennis, seppur lontano dai grandi palcoscenici e dai riflettori.

“Ho cominciato a giocare – diceva il coreano tempo fa – perché volevo provare ad assomigliare a Roger Federer, il giocatore che più di ogni altro ha influenzato la mia crescita”. Della sua condizione, non ha mai fatto un dramma, e nemmeno l'ha usata come metro per giudicare le sue prestazioni. Al contrario, secondo Lee la sordità gli consente di essere meno distratto dai rumori che provengono da fuori, concentrandosi meglio sulla palla e sull'avversario.

Non si tratta, in sintesi, di una presenza che fa colore, di quelle destinate a essere riprese ogni tanto per mostrare al mondo che tutto è possibile. La presenza di Duckhee Lee nel circuito deve essere considerata per ciò che è realmente: quella di un ragazzo ancora giovane, dalle ambizioni importanti e dal talento non comune. Uno che, dovesse arrivare tra i top 100, stupirebbe il mondo ma certamente non stupirebbe se stesso e il suo team di lavoro.

Duckhee Lee in azione (foto Sposito)


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