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Nelle ultime settimane è tornata a farsi notare Taylor Townsend, enorme talento che ha dovuto lottare a lungo contro i pregiudizi sul proprio peso. Mamma da un paio d’anni, è maturata come persone e ha capito cosa merita attenzione e cosa no. Le serve in campo: è a un passo dalle prime 100 e gioca ancora un gran bene
25 maggio 2023
Di Taylor Townsend si è sempre parlato molto, forse troppo. Più del suo peso che di un talento enorme, più dell’esclusione dai progetti federali da parte della USTA che di un tennis mancino brillante come pochi altri nel circuito femminile, che da juniores le permise di vincere un Australian Open e gridare al mondo che la più forte under 18 di tutte era proprio lei, nata il 16 aprile del 1996 a Chicago, Illinois, Stati Uniti.
Da allora sono passati undici anni e il percorso non è stato esattamente in linea con quello indicato dalle premesse (o promesse), perché fra le professioniste il best ranking è fissato fuori dalle prime 60 del mondo, e negli Slam non è mai arrivato niente di meglio di un ottavo di finale, l’unico, ormai quattro anni fa allo Us Open. Ma nella vita c’è sempre modo di rimediare e Taylor sa di avere ancora tempo per riuscirci, oggi che – finalmente – più che della sua stazza ci si concentra sul suo gioco: quello che agli Internazionali BNL d’Italia ha mandato ai matti la numero 3 del mondo Jessica Pegula (miglior avversaria battuta in carriera), e la settimana dopo l’ha portata in fondo al Firenze Ladies Open, regalandole la prima finale a livello WTA.
Risultati che si pensava arrivassero prima dei vent’anni e invece sono giunti a 27 compiuti, con un figlio di due anni ad attendere mamma a casa e un passato trascorso per buona parte a lottare con i pregiudizi, di chi prima le diceva che per giocare a tennis avrebbe dovuto rispettare certi canoni, e poi che fermarsi per la maternità non era esattamente la scelta ideale se voleva ancora avere un futuro con la racchetta.
Per fortuna, Taylor ha sempre voluto fare di testa propria, stavolta così come quando anni fa la Federazione americana le intimò di perdere peso, pena il taglio delle wild card per i tornei importanti (che negli States sono tanti e preziosi, sotto tutti i punti di vista). Finì che la esclusero dai progetti federali, contribuendo a far lievitare le critiche nei suoi confronti. “Ero in sovrappeso e sono nera – ha detto – così in molti pensavano che attaccarmi fosse doveroso. Ci hanno provato, mi hanno ferito, ma non sono riusciti a farmi allontanare dal tennis”.
Hanno vinto la sua passione smisurata verso il gioco e pure il desiderio di non sprecare del tutto le doti che madre natura le ha regalato, più che sufficienti per fare strada nel circuito femminile anche con una condizione atletica – quella sì – non ideale per avere successo. Così, dopo essersi fermata dal settembre del 2022 all’aprile dello scorso anno per dare alla luce e poi cullare il suo primogenito Adyn Aubrey, mamma Taylor è tornata nel circuito e si è subito meritata l’attenzione. Prima in doppio, con una semifinale al Roland Garros e una finale allo Us Open che l’hanno portata fra le top-10, quindi in singolare.
All’Australian Open è tornata a superare un turno in uno Slam a tre anni dall’ultima volta, e grazie alle otto partite portate a casa fra Roma e Firenze ha raccolto i punti necessari per riportarsi a un soffio dalle prime 100, che le mancano dal 2021. Oggi è 108: il traguardo è a un passo.
Riecco Taylor Townsend: storia di un talento sopraffino
Cosa è cambiato rispetto a prima? Sì, come qualcuno avrà prontamente notato la statunitense ha perso qualche chilo, aspetto che per chi deve essere disposta a correre tre ore al giorno appresso a una pallina impazzita non è affatto un dettaglio, ma soprattutto Taylor è riuscita a non dare più peso ai pregiudizi e alle attenzioni indesiderate. “Oggi – ha detto – ho molta più fiducia in me stessa e nel mio gioco, ma soprattutto sono cresciuta tantissimo come persona”.
Con l’età, e le nuove responsabilità date dall’essere mamma, ha capito cosa davvero merita attenzione e a cosa è invece meglio non dare importanza. “Questo – continua – mi ha fatto maturare e mi aiuta tantissimo anche in campo”. Perché il tennis, a volte, è come la vita: durante un match bisogna imparare a concentrarsi ciò che serve per portare a casa il risultato, ignorando tutto il resto. Anche quando fa molto rumore.