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Campioni internazionali

Khachanov, una scintilla per tornare leader dell’armata russa

E’ stato il primo della nuova generazione del suo Paese a vincere un Masters 1000 ed entrare in top ten, ma ora è stato scavalcato da Medvedev e Rublev: “Voglio crescere e vincere tornei, in passato ho giocato spesso bene e intendo continuare”

di | 20 ottobre 2020

E’ stato il primo della nuova generazione russa di aspiranti top player a conquistare un Masters 1000 (quello di Parigi-Bercy due anni fa, superando in finale Novak Djokovic) e poi ad entrare nella Top 10, eppure ora Karen Khachanov nelle attenzioni generali di pubblico e addetti ai lavori viene dopo Daniil Medvedev e Andrey Rublev. In effetti, dopo un superbo 2018, culminato appunto con il trionfo all’ombra della Tour Eiffel (in precedenza in quella stagione aveva alzato i trofei anche a Marsiglia e Mosca, sempre sul cemento indoor, la condizione di gioco che predilige), il tennista nato a Mosca il 21 maggio 1996 ha come smarrito la via, andando incontro a un 2019 dal rendimento altalenante, proseguito anche in questa stagione, tormentata dalla pandemia. 

Il bilancio 2020 parla fin qui di 19 match vinti a fronte di 12 sconfitte: i quarti a San Pietroburgo la settimana scorsa, dopo quelli raggiunti a febbraio a Dubai (ultimo torneo disputato prima dello stop del Tour), sono i risultati migliori, a cui si aggiungono gli ottavi al recente Roland Garros (stoppato da Djokovic) e nel “1000” di Cincinnati (giocato a Flushing Meadows), oltre alle semifinali nella prima edizione dell’ATP Cup con la Russia nell’evento che ha aperto il calendario, quando ancora il coronavirus non aveva sconvolto lo sport e la vita dell’intero pianeta. Al momento Khachanov, figlio di un ex pallavolista di origine armena, avvicinatosi al tennis già all’asilo, a soli tre anni, è al numero 17 ATP (come best ranking si è accomodato sull’ottava poltrona nel luglio 2019) ma con la situazione di classifica bloccata su base biennale per via della pandemia ha ancora in dote i punti dei quarti dello Slam parigino e di Indian Wells dello scorso anno, come pure quelli delle semifinali alla Rogers Cup e a Pechino, una cambiale piuttosto pesante quando il sistema di calcolo tornerà al regime ordinario. Tutto ciò mentre i concittadini e amici Medvedev e Rublev da almeno un anno a questa parte fanno sfracelli, meritandosi un posto nell’elite del tennis mondiale.

Il rovescio di Khachanov

E dire che se lo si guarda dal punto di vista fisico a Karen – 198 centimetri di altezza per 87 chili – non manca proprio nulla per essere uno degli interpreti d’eccellenza del “power tennis” che va per la maggiore in questi anni. Non a caso, quando era ancora uno junior, un certo Evgeniy Kafelnikov profetizzava per lui un ingresso in Top 20 entro il 2015. Non ha lasciato niente di intentato per tenere fede a questa previsione doc Khachanov, visto che sin da ragazzo si è trasferito in Serbia per farsi allenare da Vedran Martic (lo segue ancora oggi insieme allo svedese Fredrik Rosengren) e in seguito ha scommesso su se stesso scegliendo di perfezionarsi in Spagna, nell’accademia di Galo Blanco a Barcellona. Lì migliora nel posizionamento, nella ricerca di palla con i piedi, quindi capisce quando può forzare o meno, lui che come idolo d’infanzia ha Marat Safin, rispetto al quale ha comunque meno talento. I frutti arrivano, con il primo titolo ATP, nel 2016, nel neonato torneo di Chengdu.

Il suo tennis ha però bisogno di un ulteriore salto di qualità e quindi il russo - appassionato di scacchi e laureatosi nel 2018 in Scienze Motorie all’Università della sua città natale - si affida di nuovo a Martic con l’obiettivo di progredire in risposta e nell’avvicinarsi alla rete per sfruttare le bordate che spesso e volentieri tira da fondo. Il servizio è da sempre punto di forza per lui, il fondamentale a cui si affida di più è il diritto, utilizzando spesso anche quello anomalo, anche se ha sempre dichiarato il rovescio lungolinea come il suo colpo preferito.

Nonostante l’ottima resistenza e l’indole del lottatore, Khachanov rimane tuttavia un giocatore sensibile e dal fragile equilibrio. Il suo tennis incentrato sulla potenza, che nei momenti complicati si regge sugli scambi a tutto braccio, ovviamente una limitazione alle potenzialità, è però anche abbastanza umorale: se la fiducia scende un po’, calano rapidamente anche i risultati e il buon Karen sembra regredire. Non è un caso che, con la testa più pesante e gli avversari che ormai lo hanno studiato e lo aspettano, dallo scorso anno il moscovita ha perso il sostegno di un’arma come il servizio: nel Serve Rating dell’Atp il russo è sceso dall’11esima posizione del 2018 alla 27esima attuale. Nel quadro complessivo d’analisi è comunque doveroso ricordare che il 14 settembre 2019 è diventato papà, quando la moglie Veronika - la ragazza della sua vita: la conosce da quando aveva 8 anni e la frequenta da quando ne aveva 13, per poi sposarsi nel 2016 – ha dato alla luce il piccolo David, al quale sicuramente vanno le giuste attenzioni.

Karen Khachanov compie 24 anni

Karen Khachanov e Andrej Rublev

Alla ripresa del circuito dopo la lunga pausa Khachanov non è stato capace di esprimersi ad alti livelli, a differenza dell’amico Rublev con cui ha disputato anche diversi doppi nei tornei ATP. Non si perde comunque d’animo, aspettando che scocchi la scintilla, magari già questa settimana ad Anversa, dove è la terza testa di serie ed entrerà quindi in scena direttamente al secondo turno.

Obiettivi? Per ora continuare a giocare. Abbiamo ancora pochi tornei, dobbiamo provare a giocare nel miglior modo possibile”, sottolinea Khachanov, che ha una passione viscerale per lo sport (se non fosse stato un tennista, sarebbe diventato cestista o agente di atleti). “Vedremo come finirò l'anno e sulla base di questo inizierò ad allenarmi e a fare programmi per l’off-season, a seconda di quanto tempo avremo a disposizione faremo progetti per l'inizio del prossimo anno. Dipende anche dal tipo di tornei che ci saranno, dato che anche questo al momento non è ancora chiaro”.

Già, perché il Covid con la sua diffusione a macchia d’olio rimane un’incognita non di poco conto. “Durante la sospensione del circuito è stato facile e difficile allo stesso tempo. Non ricordo nessun altro periodo in cui è stato possibile trascorrere così tanto tempo a casa con la famiglia, a Mosca. Non è accaduto almeno negli ultimi sette o otto anni. Non c'era nemmeno bisogno di correre da nessuna parte e dunque ho avuto il tempo di prepararmi per la ripresa della stagione, anche se non ero insieme ai membri del mio team, ma abbiamo comunicato costantemente online: mi sono allenato e ho cercato di rimanere in buona forma. Anche perché voglio sempre di più, crescere e vincere tornei. Non è un segreto. Penso di aver giocato in maniera solida in molti tornei in passato – conclude Khachanov – e adesso intendo continuare allo stesso modo”.

Karen Khachanov in conferenza stampa

Dedizione e ambizione non mancano, come conferma chi lo conosce bene. Chissà se l’essere ora il meno considerato dei tre “Mosca boys” non lo aiuti a giocare libero da tensioni in questo finale di stagione, spinto magari proprio dal desiderio di emulare le imprese di Medvedev e ora Rublev, spesso e volentieri uno stimolo in più – l’Italia insegna – per tanti tennisti.

La grinta di Karen Khachanov (foto Getty Images)

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