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Dopo la regina di un solo Slam e la promettente picchiatrice dalla carriera spezzata dai problemi col padre, la storia di Ana operata quattro volte al gomito che risorge a Miami
di Vincenzo Martucci | 26 marzo 2021
Dopo Iva Majoli e Mirjana Lucic, Ana Konjuh: quella delle tenniste croate sembra proprio una maledizione. Considerando che pure Karolina Sprem ha visto la carriera interrompersi per motivi estranei alla sua volontà, cioé per un problema al polso.
Sicuramente clamoroso è il record della Majoli, che nel 1996 è arrivata al numero 4 del mondo e nel 1997 si è aggiudicata il Roland Garros negando a Martina Hingis il Grande Slam, ma poi non ha più toccato nemmeno un quarto turno nei Majors, rimanendo nella storia da “One Slam Wonder”, come vengono definii i giocatori-meteora che hanno raggiunto una sola volta l’eccellenza. Non le mancavano le possibilità fisiche e tecniche ma forse dopo quell’impresa le sono venute a mancare le motivazioni.
Fa ancor più scalpore la promettente carriera della Lucic, che è stata spezzata violentemente dai problemi col padre. La potente ragazza aveva battuto una serie di record di precocità, compreso il titolo di doppio agli Australian Open 1998 ad appena 15 anni, ma, dopo aver raggiunto le semifinali a Wimbledon 1999 superando Monica Seles e Nicole Tauziat (finalista uscente) e cedendo in tre set a Steffi Graf, nel 2000 aveva lasciato il circuito WTA. Vedendo naufragare un brillante futuro. Si è poi ripresentata sulla massima scena nel 2018, da signora Baroni, residente da tempo in Florida dov’era scappata, ottenendo nuovi successi e centrando la miglior classifica al numero 20, senza però raggiungere più l’eccellenza degli inizi.
In questi giorni a Miami fa poi notizia l’eclatante ritorno alle gare di Ana Konjuh. La fiera rappresentante della classe d’oro del ’97 con Jelena Ostapenko, Naomi Osaka, Belinda Bencic e Daria Kasatkina si ispira alle amiche che le sono state molto vicine nei tanti momenti bui degli ultimi anni e vuole fortissimamente recuperare il tempo perduto dopo ben quattro operazioni al gomito per raggiungere anche lei le top ten e magari anche un titolo Slam.
Nel primo turno in Florida ha recuperato due volte, da 0-3 al primo set e da 2-5 al secondo, firmando un indimenticabile successo per 7-6 7-5 contro la più quotata Katerina Siniakova - che peraltro già aveva battuto tre volte su tre da junior e due da pro - aggiudicandosi così il primo match in un tabellone principale WTA da Brisbane 2018.
L’affermazione l’ha talmente caricata che ha ulteriormente avvalorato la wild card - da ex top 20 - concessa dagli organizzatori dominando per 6-4 6-2 la numero 18 del tabellone, Madison Keys, a dispetto dell’appena numero 338 del mondo della sua ultima classifica.
Quando si è aggiudicata ad appena 15 anni gli Australian Open juniores 2013, la Konjuh, oggi 23enne, era considerata un astro nascente. Ma già l’anno successivo si era dovuta fermare per un primo intervento al gomito destro ed aveva saltato quattro mesi di gare.
Nel 2015, diciassettenne, aveva chiuso la stagione da più giovane top 200 conquistando il primo titolo, a Nottingham, più precoce sul circuito in nove anni; nel 2016 era entrata fra le prime 50 della classifica; nel 2017 aveva aperto alla grande la stagione con la seconda finale WTA, ad Auckland, ma poi aveva interrotto le gare subito dopo gli US Open per operarsi una seconda volta al gomito, per un problema cronico che si porta dietro sin dai 12 anni e che tacitava imbottendosi di antidolorifici: “Nessuno mi aveva detto che avrei potuto operarmi per risolvere i miei guai”.
Era comunque finita sotto i ferri del chirurgo per un’ernia del disco ed aveva poi accusato una grave distorsione ad una caviglia, oltre a dover fronteggiare un misterioso problema della sorella: una infiammazione al cervello che aveva tenuto a lungo in ambasce tutta la famiglia.
“Ricordo che un giorno, mentre ero in gara in Canada, nell’estate 2017, mi sono svegliata e non riuscivo più a stendere il braccio, per cui ho dovuto ripulire l’osso e l’articolazione”, ricorda oggi la croata di Dubrovnik. Che, dopo la lunga riabilitazione, nel rivivere la complicata ripresa del 2018, dice: “Ci ho messo appena un match per riavvertire il dolore, mi hanno trovato tre fratture da stress e mi sono fermata subito tre settimane. Ma la nuova operazione non ha portato granché risultati perché non bastava ripulire ancora la parte e, dopo appena quattro partite mi sono ritrovata al punto di partenza”.
Nel 2019, dopo altri sei mesi di forzato stop, Ana ha provato ogni tipo di racchetta e di incordatura che potesse alleviare i problemi al gomito: “Passavo da una delusione all’altra, mi ripetevo: 'Hai fatto di tutto per star bene ma il tuo corpo continua a dirti no, no e no'. Sono rimasta motivata per amore del tennis, perché adoro colpire la pallina gialla, altrimenti avrei mollato tanto tempo prima invece di continuare a darmi un’altra possibilità”.
E’ stata così costretta a una quarta operazione, la più drammatica: ”Si è trattato di un intervento molto serio per un tennista, in genere è un’operazione classica da giocatori di baseball. Il dottore ha detto che era la mia ultima opzione e che avrei avuto solo l’80 per cento di possibilità di recupero completo ma io ho deciso in cinque minuti che ci avrei provato. Così il giorno dopo sono stata due ore e mezzo sotto i ferri”.
La Konjuh ha subito la ricostruzione dell’articolazione e, prima di potersi ripresentare in campo, si è dovuta sottoporre a ben sette ore di fisioterapia al giorno, “solo per riuscire a lavarmi i denti”, come suggerisce lei.
Anche oggi deve fare continuamente stretching ed esercizi particolari prima di giocare insieme alla onnipresente Meri Tranfic, che è diventata molto più della sua fisioterapista: “Il gomito non tornerà più normale, devo accettarlo, devo affrontare la mia nuova realtà”.
La sua Odissea è sicuramente particolare, figlia della maledizione che sembra colpire le tenniste croate di punta.
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